Un rientro annunciato che non sorprende, ma destinato ad aprire infinite polemiche: scelta politicamente disperata o frutto di un azzardo ragionato? Lo scopriremo nei mesi a seguire.
L’avv. Lucio Greco(nella foto) ha ritirato le dimissioni che il 12 giugno scorso, aveva presentato con tanto di lettera in aula, su invito di sei consiglieri d’opposizione i quali, ottenuto quanto chiedevano, decisero di abbandonare gli scranni al momento della votazione della mozione di sfiducia, facendo cadere il quorum minimo richiesto, vale a dire il voto favorevole di almeno 15 consiglieri, per sfiduciare il sindaco e far decadere tutti, ponendo definitivamente termine a questa esperienza amministrativa.
Sicché, il sindaco di Gela riassume le sue funzioni al vertice dell’ente comunale, a capo di una giunta ed una schiera di consiglieri che, rinnovandogli il sostegno, gli hanno chiesto un atto di coraggio nel ritornare al timone della nave, «perché noi – ha dichiarato il primo cittadino – non siamo gli Schettino di turno». Come già ampiamente trapelato nei giorni scorsi, Greco torna sulla scorta della relazione del collegio dei revisori dei conti sul rendiconto consuntivo che ora può essere finalmente trasmesso al consiglio comunale. Non aspettava altro.
A nostra precisa domanda, nel corso della conferenza stampa indetta per ufficializzare il suo rientro, il sindaco ha confermato che presentare le dimissioni al fine di evitare una «sfiducia non politica ma brigata da alcuni consiglieri per vendetta personale» è stato il frutto di una linea «concordata» durante il dibattito sulla mozione di sfiducia e che il suo rientro, dopo la relazione dei revisori, significa portare a termine quella «operazione verità» (sui conti finanziari e non solo) che si è prefissato in questi mesi: «a chiedermelo – ha sottolineato – è stata la città».
Da noi incalzato, il primo cittadino ha confermato di essere consapevole che ad oggi i rapporti di forza nel civico consesso formalmente non sono cambiati, con solo otto consiglieri (compreso il presidente del consiglio) a suo supporto.
Ma se ha revocato le dimissioni è anche perché, avendo ricevuto precise disponibilità in merito, può contare su una maggioranza che allo stato dell’arte non è ancora politica, ma che si configurerà trasversalmente in aula consiliare sui prossimi atti finanziari e non, che sono di vitale importanza per la città, sulla scia di quanto avvenuto dal “Pef rifiuti” in poi.
Tradotto significa che esiste, cioè, una maggioranza trasversale “responsabile”, che con senso del dovere istituzionale, non farà mancare il suo apporto. Il richiamo è ai 6 consiglieri “responsabili” che hanno affossato la sfiducia e che lo stesso Greco è tornato a «ringraziare».
A quel punto gli abbiamo chiesto se ci sarà a breve “una rimodulazione della giunta” o dovesse rendersi necessario financo “l’azzeramento”: «Non posso escludere – ci ha risposto – né l’una, né l’altra ipotesi. Non escludo nulla».
Il motivo della nostra insistenza è presto spiegato. Dimettersi solo al fine di evitare la sfiducia, per poi rientrare solo alcuni giorni dopo, è un passaggio che fa clamore presso l’opinione pubblica e che non è agevole spiegare alla collettività. Il sindaco dovrà dimostrare di averlo fatto solo per «salvare il Comune dal dissesto», altrimenti in caso di dichiarazione di dissesto «si sarebbe irrevocabilmente dimesso», lasciando più correttamente il campo al commissario straordinario.
D’altra parte, per i consiglieri “d’opposizione ma responsabili” sopra citati, non avrebbe davvero alcun senso, né sul piano politico più in generale, né sul piano più strettamente elettorale in vista delle prossime consultazioni primaverili, continuare a fare da stampella per i restanti 10 mesi, senza entrare nella maggioranza politica (e dunque in giunta), perché significherebbe tenere in vita l’amministrazione solo per conservare miserabilmente la poltroncina di consigliere per i restanti 10 mesi.
Altrettanto miserabile, a questo punto del mandato, sarebbe il ragionamento che vedrebbe approvati gli strumenti finanziari solo per evitare lo scioglimento del consiglio e non rinunciare “al gettone” per i pochi mesi che restano. Inevitabilmente, pur in buona fede che siamo sempre pronti a riconoscere agli stessi, è quella l’unica idea che se ne ricava.
Pertanto, delle due, l’una: o si ricompone una maggioranza politica che si traduce in una maggioranza numerica precostituita in consiglio comunale, allo scopo di chiudere il mandato evitando la dichiarazione di dissesto; ovvero i 6 consiglieri menzionati tornano a prendere le distanze dall’amministrazione fino a correre il rischio di far sciogliere il consiglio, lasciando in carica sindaco e giunta.
Una prospettiva quest’ultima, che non può comunque piacere ad un Greco che vorrebbe ricandidarsi, perché perderebbe ogni contatto con consiglieri e le forze politiche da questi rappresentate. Del resto, nel corso della conferenza stampa è emerso con nettezza il recinto dove il sindaco vorrebbe muoversi, con dentro gli 8 “lealisti” ed i 6 “responsabili”. Al contrario, il solco con il centrodestra rappresentato in consiglio è palesemente segnato. Presi di mira soprattutto “Fratelli d’Italia” e “Forza Italia”, con i rispettivi consiglieri, ex assessori e deputati in carica.
In ordine alla crisi in atto, il primo cittadino ha confermato l’indebitamento di 118 milioni di euro, a fronte di un avanzo di cassa pari a 38 milioni. Ben 42 milioni sono rappresentati da «tre macro debiti maturati – torna a rimarcare Greco – prima dell’insediamento dell’amministrazione in carica».
Si tratta del debito contratto con l’Ato rifiuti Cl2 in liquidazione, il pacco dei contenziosi scaturiti con il fallimento del “progetto ciliegino” (Agro-fotovoltaico) ed i debiti fuori bilancio per i “servizi aggiuntivi” nella raccolta dei rifiuti e pulizia della città. Il resto dell’indebitamento è emerso a causa di scelte dirigenziali e burocratico-gestionali errate, compreso l’uso non perfettamente aderente alla normativa delle royalties petrolifere.