In un’autentica farsa inscenata lo scorso lunedì sera, il sindaco Lucio Greco(nella foto) si è dimesso col solo intento di evitare l’affronto della sfiducia, in una seduta peraltro illegittima perché la relativa mozione è stata discussa oltre 70 giorni dopo la sua presentazione e, quindi, ben oltre il termine di 30 giorni, espressamente previsto dalla disposizione che regola la materia, vale a dire l’art.10 della L.r. 35/1997.
Il tutto, preceduto da dichiarazioni stampa al fulmicotone, poi puntualmente sconfessate durante la seduta dagli stessi propugnatori, senza pudore alcuno, nella più classica delle messinscene, sebbene costruita in corso d’opera e frutto dell’improvvisazione di chi si è presentato all’appuntamento senza un accordo da poter esporre alla luce del sole.
E questo soprattutto perché, dopo aver promesso di dimettersi, in assenza di rendiconto e correttivi, il sindaco non voleva farlo ed è stato riluttante e dubbioso fino all’ultimo. Allorquando si è deciso, lo ha fatto in poche righe, senza presentarsi in aula, oltraggiando il consiglio comunale. Un vero e proprio schiaffo istituzionale, a prescindere se consapevole o meno.
Le motivazioni le ha spiegate in una nota stampa, il giorno dopo: «allo stato ciò che conta – ha dichiarato Greco - non è il mio futuro, ma il risanamento economico – finanziario dell’ente. Il tentativo di sfasciare tutto da parte di alcuni non è riuscito. Mi rammarica, però, il fatto che delle forze politiche di livello nazionale, presenti anche nel governo regionale, siano andati dietro il carro di certi personaggi che mi odiano sul piano personale in quanto mi ritengono responsabile di aver bloccato certe operazioni affaristiche in cui erano pienamente coinvolti e di cui devono rispondere alla magistratura.
Mi aspetto, per questo, delle prese di posizioni da parte dei vertici regionali di tutti i partiti coinvolti in questa brutta storia, perché ieri è stata scritta una delle pagine più nere della politica di Gela che alcuni, per un misto di incoscienza e spirito di vendetta, volevano sfregiare e farla precipitare in un profondo baratro. Se le mie dimissioni hanno permesso di evitare questo pericoloso disegno, posso concludere di avere agito correttamente nell’interesse della città».
Immediata la risposta congiunta dei segretari/coordinatori locali del centrodestra, Totò Scuvera (Fdi), Vincenzo epe (Fi), Raffaele Carfì (Lega) e Natino Giannone (Dc) che hanno definito Greco come «un sindaco dalla identità politica confusa, divenuto ostaggio del Pd, progressisti e civici.
Non ci si può spingere – aggiungono - sino al punto da inscenare delle dimissioni per difendere un potere politico fine a se stesso (o a se stessi), che entra in rotta di collisione con gli interessi dei cittadini e della res publica, mandando in scena l’ennesimo grande bluff: le dimissioni del Sindaco, prima, la revoca delle volontà sfiducianti, dopo».
Ai quattro esponenti del centrodestra, altresì, non è andata giù l’aver chiamato in causa «i vertici regionali e nazionali dei partiti che– hanno sottolineato - ci onoriamo di rappresentare e di essere portavoce.
L’aplomb istituzionale non è mai stato il suo forte ed ancora una volta ha sgualcito la dialettica politica da immeritevole professore della questione morale. Del resto, è un sindaco dimissionario, costituisce già il passato, noi stiamo lavorando per il futuro, a prescindere da una eventuale possibile reviviscenza che dovrebbe ben giustificare, del resto se dice di essersi dimesso per il bene della città non si riesce ad immaginare perché dovrebbe voler tornare».
Ribadita, infine, la presa di distanza con il primo cittadino: «le sue opportunistiche prese di posizione politica – hanno concluso - esprimono solo suoi personali auspici di comodo, che non trovano riscontro né nel centrodestra locale né in quello regionale. Noi abbiamo vinto la nostra battaglia, lui farà quello che ha sempre fatto in questi quattro anni, ovvero tirerà a campare».
Chi ha fatto da stampella a Greco in questo ultimo mese, non ha mai avuto la vera intenzione di sfiduciarlo, nonostante avesse dichiarato più volte il contrario. Tanto da doverlo “svelare” pubblicamente, nel momento in cui i nodi sono venuti al pettine.
Negli interventi in aula i consiglieri “responsabili” di “Pd”, “Unità progressista” ed “Una buona idea”, hanno garantito al sindaco che non lo avrebbero sfiduciato, rimangiandosi la parola, se lo stesso si fosse dimesso. Così è stato. Perché questi consiglieri non sono pronti ad interrompere il loro mandato in quanto allo stato dell’arte di quella proposta elettorale “alternativa” al centrodestra, non c’è ancora nulla di concreto.
Pertanto, non c’è nessuna cambiale che il sindaco dovrà scambiare, anzi semmai queste forze politiche si sono nuovamente consegnate al primo cittadino se il centrodestra saprà fare coerentemente la sua parte.
A fare la peggiore figura sono i civici da “Una buona idea”, ma anche nuovi movimenti come “Rinnova” e quel che un tempo era il “M5s”, con accordi sottobanco che sanno tanto di partitocrazia da prima repubblica. Se i 10 consiglieri del centrodestra ricambieranno con la stessa moneta, uscendo dall’aula quando ci sarà da votare rendiconto consuntivo e piano di adesione al predissesto, se non addirittura la dichiarazione di dissesto, i 6 “responsabili” dovranno votare questi atti, altrimenti il consiglio verrà sciolto lasciando (se come lo stesso Greco ha lasciato chiaramente intendere avrà nel frattempo revocato le dimissioni) il sindaco e la sua giunta di assessori in carica. Se questo non è scavarsi la fossa, allora cosa sarebbe?