Innanzi ad un'emergenza pandemica come quella che stiamo attraversando a livello globale, uno Stato democratico si vede costretto a prendere delle decisioni, col rischio che possano risultare anche fortemente impopolari, ma nella consapevolezza che non tutti possono essere accontentati.
Anzi, in uno Stato democratico di tipo rappresentativo, a differenza dello stato monarchico che ha soppiantato, la classe politica che governa è chiamata a prendere le decisioni, in via ordinaria cioè e non straordinaria. Non è affatto un caso, allora, che la classe politica che alberga nelle istituzioni di governo italiane, di quella che è storicamente conosciuta come la Repubblica delle "non decisioni", stia dando il peggio di se stessa nel momento in cui l'epidemia covid-19 l'ha messa, nuda, con le spalle al muro. Il che è osservabile non solo vistosamente, ma anche uniformemente, ossia ad ogni livello di governo, da quello centrale "romano" a quello – per quel che ci riguarda più da vicino - locale gelese, passando attraverso quello regionale palermitano. A cambiare, sostanzialmente, sono le singole motivazioni. E non parliamo solo delle motivazioni di facciata, ma anche e soprattutto di quelle politiche che agiscono dietro le quinte.
Partiamo dal caso locale. Enorme sorpresa, per non dire sgomento, ha destato presso l'opinione pubblica gelese, la scelta del sindaco Lucio Greco di sospendere le attività di presenza nella scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, ordinando la didattica a distanza dal 6 novembre allo scorso 2 dicembre. Onde evitare assembramenti, sono stati sospesi anche il mercato settimanale del martedì e quello rionale, mentre sono state interdette alcune vie e piazze, durante la sera nei giorni di venerdì e sabato, nonché per l'intera giornata di domenica.
In pochi (forse nessuno) hanno rilevato che sospendere la scuola primaria e quella secondaria di primo grado è interruzione di pubblico servizio essenziale, costituzionalmente garantito: trattasi infatti di scuola dell'obbligo scolastico, vale a dire di un principio riconosciuto dalla carta fondamentale. Il covid-19 è sicuramente una causa straordinaria, ma le motivazioni devono essere adeguatamente congrue e conseguenziali: «abbiamo emanato una ordinanza di chiusura di concerto con Asp, dirigenti scolastici e prefettura, per ridurre – dichiarò in quell'occasione il sindaco – al minimo gli spostamenti, chiedere la sanificazione delle scuole, fare in modo che l’Asp completi lo screening, allinei i dati di contagi e classi in quarantena.
Tutte le circolari diramate dalla Regione – ha proseguito Greco – evidenziano come la decisione della chiusura non spetti ai Sindaci, ma debba essere ampiamente concertata. Io, però, come detto più volte, ho il dovere di partire dai numeri inerenti la curva dei contagi, e poiché sono nettamente in salita ritengo sia il momento di fermarsi per qualche giorno, optando per la Dad ove possibile».
I fatti però ci dicono che si rientra a scuola con più contagiati rispetto a quando si decise di sospenderla. Il che conferma da un lato la tesi secondo cui la frequenza scolastica non incide sulla curva dei contagi e dall'altra svela che le reali motivazioni di tale sospensione furono altre, in parte indicate dallo stesso sindaco, laddove affermava che la sospensione consentiva a "fare in modo che l’Asp completi lo screening, allinei i dati di contagi e classi in quarantena". Per dirla tutta, rispetto ad altri paesi del nisseno, a Gela non si chiudeva la scuola dell’obbligo, perché la città con più contagiati in provincia, ma perché l'Asp aveva perso il filo nei tracciamenti relativi alle scuole ed aveva bisogno di una decina di giorni per sistemare tutto sul piano organizzativo.
A suonare l'allarme, infatti, fu il balzo notevole da 9 a 24 classi in quarantena, nel giro di sole 24 ore. Insomma, mentre lo dice a denti stretti, quasi sussurrando per non farsi sentire, Greco evita di puntare il dito verso l'asp nissena, su cui ha messo il cappello in tutta la provincia il deputato regionale del collegio, responsabile provinciale di un partito che a Gela, per l'appunto, è alleato di governo. E proprio su quella delega alla sanità, che si basa il patto elettorale tra l'onorevole ed il sindaco.
Del resto, pur cambiando il contesto e le motivazioni, la matrice che condiziona le scelte rimane la stessa, vale a dire la natura politica. Balzando a Roma, infatti, tra le misure che saranno ufficializzate dal presidente del consiglio Conte, ci sarebbe anche quella del ritorno alla didattica in presenza anche per la scuola secondaria di secondo grado.
Un ritorno per soli 7 giorni perché poi ci sono le vacanze natalizie. Senza girarci troppo intorno, si tratta di accontentare il ministro Azzolina, fortemente contrariata sulla chiusura delle scuola secondaria di secondo grado, molto delusa e per questo datasi alla latitanza da allora, con un pezzo numeroso di parlamentari che la sostengono a spada tratta. In definitiva le scuole non andavano chiuse, ma se questo proprio non poteva essere evitato, rientrare a ridosso delle vacanze natalizie rasenta la schizofrenia. Ma si sa. La politica è una cosa, il buon senso un’altra cosa.