Ospedale in emergenza, ad un passo dal baratro, posti letto in deficit

Ospedale in emergenza, ad un passo dal baratro, posti letto in deficit

Dove sono finiti i 3 milioni di euro previsti nel decreto Razza per i 12 posti in terapia intensiva.

I 10 posti di Eni? A cosa è servita la visita dei locali al Vittorio Emanuele III di amministrazione, Asp ed Eni, se non a fare la solita passerella? «Sono domande che esigono risposte e senza le quali ritorneremo a farci sentire, così come su altri argomenti che abbiamo ancora in serbo». A chiederlo sono Luciana Carfì, Filippo Franzone e Franco Tilaro, membri del Coordinamento del neonato Comitato spontaneo “S.O.S. Vittorio Emanuele III”.

«A marzo di quest’anno Eni, attraverso Rage, ha promesso di donare al Vittorio Emauele III, 10 posti letto – scrive il Coordinamento in una nota inviata ai media - per la terapia intensiva. A luglio di quest’anno il decreto Razza ne ha previsti 12, ossia altri 8 (nuovi) in aggiunta ai 4 attivi, per un importo di circa 3 milioni di euro. Di questi soldi ad oggi non c’è nessuna traccia, così come di quelli del cane 6 zampe». In effetti, giusto sulla promessa Eni di donare, chiavi in mano, 10 posti (ed attrezzature relative) di terapia intensiva, nulla è più trapelato dalla major energetica, mentre dall’Asp fanno sapere che il progetto non è ancora esecutivo e che per i tempi si può ipotizzare la primavera dell’anno prossimo. Quando dovremmo avere già il vaccino, insomma. 

La cosa ci sorprende ed alimenta in noi qualche sospetto. Invero, va ricordato che in piena pandemia covid, a marzo di quest’anno, Eni promise altrettanti 10 posti letto anche all’ospedale “Fogliani” di Milazzo. Ed anche in quel nosocomio, di questi posti non v’è alcuna traccia. Il motivo del rallentamento dell’iter fu poi chiarito: come è ovvio che sia, Eni può acquistare le attrezzature solo sulla base delle indicazioni che arrivano dall’Asp, senza le quali, Eni non può che attendere e rimanere al palo. Ma attendere cosa? Laddove l’intento di Eni (che ha una joint-venture al 50% con Q8 nella Raffineria di Milazzo) era espressamente quello di potenziare la dotazione dei posti letto e delle attrezzature per la terapia intensiva al presidio ospedaliero mamertino, per l’Asp la priorità era il “Cutroni Zodda” di Barcellona Pozzo di Gotto, in quanto ospedale Covid dove venivano ricoverati i contagiati da coronavirus.

Ora, non vorremmo che fosse successa la stessa cosa dalle nostre parti, con l’Asp nissena che ha valutato più opportuno concedere priorità al sant’Elia di Caltanissetta, tardando nel trasmettere le indicazioni sulla scorta delle quali l’Eni doveva avviare l’iter per la terapia intensiva a Gela. Vorremo sbagliarci, ma questo sì che non ci sorprenderebbe, come non ci sorprende che in piena emergenza covid sia bastato un sopralluogo al Direttore generale dell’Asp utile a constatare “il distacco di intonaco” dal cornicione perimetrale “l’ala nuova” dell’ospedale di Mussomeli, per bandire immediatamente una gara a base d’asta di quasi 150 mila euro, assegnati alla ditta aggiudicatrice, ma subito dopo diventati quasi 200 mila euro, grazie all’aggiunta di circa 50 mila a disposizione dell’Asp e non soggette a base d’asta, per approfittarne ed oltre alla sistemazione dei cornicioni, si è provveduto pure (già che c’erano, come si suol dire) alla realizzazione di una camera calda per il pronto soccorso; la sostituzione della porta ad apertura automatica di accesso al presidio ospedaliero; la realizzazione di un manufatto da adibire a stoccaggio dei rifiuti ed il rifacimento del pavimento della sala di Dialisi che si presentava dislivellato e sconnesso.

Ma il vero problema è che «alla fine della fiera – proseguono Carfì, Franzone e Tilaro dal comitato – parlare di posti letto ed attrezzature, senza personale medico ed infermieristico dedicato, è come parlare al vento. E’ un film che abbiamo visto con l’Utin, ad esempio. Abbiamo saputo che dei 4 posti covid attivi in rianimazione, 2 sono occupati. Occupati anche i 6 posti di subintensiva. Idem i 30 in medicina generale. Dei 40 posti attivi, 38 sono già occupati. Ne restano disponibili solo 2. A fronte di ciò – ci fanno saper dal comitato -  i rianimatori sono rimasti gli 8 del pre-covid, non è arrivato nessun rinforzo.

Anzi, in realtà, attualmente sono 7 quelli operativi perché 1 di loro è stato contagiato. Va precisato che se di questi 7, ad esempio 2 fossero al momento destinati al covid, possono fare solo questo.  I restanti 5 dovrebbero poi dividersi anche tra 118 e le normalissime funzioni di un ospedale “Spoke”. A questi si aggiungono 14 infermieri, zero Oss (operatori sociosanitari) e 3 Ass (assistenti socio-sanitari). 

In medicina generale, di notte in turno – conclude il coordinamento – è capitato che ci fossero solo 3 infermieri in ragione di 30 ricoverati (1 per ogni 10).  Numeri terribili. Numeri da collasso».

Un deficit in termini di personale davvero pesante. Da piena emergenza. E’ opportuno, altresì, ricordare che il nuovo Piano covid di novembre prevede, entro la fine del mese, la dotazione di ben 8 posti in intensiva (solo covid), oltre ai 50 posti letto in subintensiva/malattie infettive. Innanzi a tale previsione, l’ospedale gelese ha richiesto all’Asp l’ulteriore potenziamento di 2 rianimatori/anestesisti, oltre a 24 infermieri, 10 operatori socio-sanotari e 6 assistenti. Anche di questo reclutamento non c’è ancora traccia.

Circostanza che ha indotto la deputata regionale pentastellata, Ketty Damante, ad inoltrare l’ennesima nota al direttore generale Caltagirone, con la quale si chiede di provvedere all’assunzione del personale medico specializzato, attraverso la “delibera San Marco” di cui si sono avvalse già l’Asp di Siracusa per l’ospedale di Modica e l’Asp di Ragusa per l’ospedale di Vittoria. Altra richiesta è quella inoltrata dal sindacalista Giuseppe Provinzano (NurSind) che arriva ad invocare persino la “chiamata diretta” per l’assunzione del personale infermieristico, sanitario ed assistenziale.