Nessuna sorpresa per la deputata ragionale del movimento 5 stelle, la gelese Ketty Damante (nella foto) , semmai a suo dire è la conferma ciò che da tempo denuncia:
«vige – dichiara l’on. Damante – un sostanziale accordo politico del centro destra che governa la Regione ed a cui si riferiscono sia il parlamentare nazionale Pagano che il parlamentare regionale Mancuso, rivolto ad un progressivo depotenziamento dell’ospedale di Gela a favore di quello di Caltanissetta, per quanto riguarda reparti e personale, nonché a favore delle strutture ospedaliere più specializzate di Catania per i gelesi che sono costretti a spostarsi per motivi di salute. In questo c’è un innegabile concorso di intenti tra politica regionale, provinciale e soprattutto locale».
Per la parlamentare regionale grillina c’è un gioco politico della regione con la complicità della deputazione nazionale e regionale di centrodestra. Insomma, Un disegno ben preciso al cui servizio opera una sorta di «direzione strategica» che esegue ordini, fra i quali il depotenziamento ospedaliero di Gela, sesta città siciliana dove peraltro, quando si decide di investire, puntualmente non si coinvolge il territorio.
«L’impegno di Eni sull’ospedale di Gela, 10 posti letto in terapia intensiva, è solo un tentativo – prosegue la deputata regionale pentastellata – di confondere chi non analizza i dati, o lo fa superficialmente. Di quanto sono stati effettivamente incrementati i servizi a Gela con i soldi messi a disposizione da Eni e quanti servizi invece vengono incrementati a Caltanissetta?
Le risposte a queste domande rendono lecito pensare che la decisione del governo regionale di individuare solo il Sant’Elia come reparto covid, proprio a scapito del Vittorio Emanuele di Gela, con un bacino di utenti più ampio ma posto ormai su un binario morto, abbia avuto proprio lo scopo di stornare le somme che Eni deve invece al nostro territorio devastato nell’ambiente, nella salute delle persone e nelle condizioni economiche, questo malgrado i cospicui finanziamenti che già sono resi disponibili dal governo nazionale e regionale. Ma ancora di più, con questo si vorrà giustificare l’incremento di personale medico a Caltanissetta».
Una storia vecchia ed un film già visto: «questa gestione dei finanziamenti Eni – spiega l’esponente grillina - mi fa tornare in mente la questione Utin, reparto finanziato e ancora non attivato, per cui mi attendo prima o poi lo spostamento a Caltanissetta. Un’area Sin avrebbe ben altre necessità e una classe politica più dignitosa a cui affidarsi, che si ricordi di come è stato ridotto l’ospedale cittadino, avocando a sé risorse che l’Eni deve al territorio gelese, non certo a Caltanissetta visto che già ha il monopolio delle risorse regionali.
Per quanto sopra, se l’Eni e la politica regionale vogliono smentirmi, è sufficiente che potenzino il nostro ospedale con investimenti veri, con il ripianamento degli organici, con l’attivazione dei reparti finanziati e non aperti, che riaprano i reparti chiusi e soprattutto – conclude Ketty Damante – avviino la diagnostica ad oggi del tutto assente».
Di battaglie per i servizi ospedalieri ne ha fatte ed è sempre pronto a farle il coordinatore del Comitato per lo sviluppo dell’area gelese, noto con l’acronimo Csag, Filippo Franzone (nella foto). «Siamo di fronte – ci risponde Franzone – ad una situazione a dir poco paradossale, fatta di favori e cortesie tra politici, con Gela, sesta città della Sicilia e prima città nell’ex provincia di Caltanissetta, a farne le spese, specie con un ospedale sempre più sottodimensionato in modo da farlo sembrare oramai un ambulatorio».
Anche per questo i gelesi vorrebbero andarsene da Caltanissetta, come hanno esplicitamente richiesto attraverso un partecipato referendum: «come ben sapete – ricorda il coordinatore del comitato promotore del passaggio alla città metropolitana di Catania - è in corso un processo per la migrazione di Gela nella Città Metropolitana di Catania, osteggiato dalla politica regionale ma che vede i cittadini impegnati presso il Tar di Palermo per concludere positivamente la vicenda».
Intanto la città paga lo scotto di essere il più grande comune della provincia di Caltanissetta, senza esserne capoluogo e quindi, fra le varie sedi principali, anche quella dell’Asp. Ne deriva l’essere marginalizzata nei servizi ospedalieri, nonostante l’alto numero di abitanti, l’alto numero di malati di tumore, malformazioni, talassemie: «per quanto concerne i servizi ospedalieri – osserva Franzone – la città risente molto il fatto di non essere un capoluogo di provincia, scontando un gap elevato, persino con il più piccolo capoluogo di provincia siciliano, cioè Enna, che ha solo 27.004 abitanti.
Dall’Ortopedia che per svariate settimane non ha svolto interventi nelle sale operatorie per mancanza di medici, al numero ridotto della dotazione di posti letto e di conseguenza di organico; dalla mancata istituzione o potenziamento di strutture importanti come l’Utin o la Breast Unit, alla mancanza di apparecchiature e reparti salvavita come ad esempio l’Emodinamica. Gela è condannata dalla politica regionale, molto ostile con questo territorio da sempre, con un accanimento maggiore in quest’ultima legislatura e la presidenza della regione retta da Nello Musumeci».
Prendiamo il caso dei posti letto. «E’ un caso disarmante – afferma Franzone – a tutti gli effetti. L’ospedale di Gela ha nel 2019 una dotazione di 242 posti letto, ma in realtà ne funzionano appena 158! Mancano all’appello 84 posti letto. È il dato con maggior differenza tra i 52 comuni siciliani sede di ospedale. Invero, solo Mazara del Vallo ha una differenza maggiore, ossia 103, ma il nosocomio mazarese è stato chiuso per manutenzione fino all’estate del 2017. Più in generale, la distribuzione dei posti letto avviene in modo difforme e disomogeneo rispetto alle necessità e alla dislocazione della popolazione siciliana.
È spaventoso pensare che Enna con appena 27.243 abitanti, secondo i dati Istat del 2018, detenga la nona posizione in Sicilia per numero di posti letto, trovandosi invece per popolazione residente al 40° posto. Una vera assurdità. A questo va aggiunto che a soli 15 km di distanza c’è l’ospedale di Caltanissetta con altri 324 posti letto in dotazione. Risulta quindi incomprensibile l’enorme concentrazione di posti letto tra Enna e Caltanissetta, che da sole sommano 620 posti letto, superando addirittura alcune Aziende Ospedaliere e Policlinici di Palermo, Catania e Messina che, sono centri di rilievo regionale per la sanità ospedaliera».
Parlare di gravi anomalie diventa quasi un eufemismo. A maggior ragione se consideriamo il discusso tema della mobilità passiva ed attiva: «a pagina 11 e 12 della Gurs n.15/2017, sono stati pubblicati i dati inerenti la mobilità passiva, cioè i ricoveri effettuati fuori provincia. I primi due posti per mobilità passiva sono le ex province di Enna e Caltanissetta, le stesse che concentrano 620 posti letto nei capoluoghi, lasciando sguarnito il resto del territorio, che migra in altri luoghi per le cure, snobbando gli ospedali dei due capoluoghi.
Eppure è citato nel D.A. del 31 marzo 2017 si dispone che “nella nuova rete regionale dei posti letto si punta a razionalizzare l’offerta, mirando ad un contenimento della mobilità passiva oltre che a fronteggiare eventuali emergenze in considerazione che la Sicilia è un territorio a rischio ambientale (aree di Priolo, Augusta, Gela, etc)”. Per cui, a parole si vuole puntare a fermare la migrazione passiva e fronteggiare anche le aree ad alto rischio ambientale, nei fatti si continua a penalizzare Gela, investendo e rilanciando su Caltanissetta per limitare la mobilità passiva, nel contempo costringendo i gelesi a recarsi a Caltanissetta per riempire i posti che altrimenti rimarrebbero vuoti.
Quella gelese verso Caltanissetta non è mobilità passiva, ma mobilità che riguarda la sola Gela, che vede i propri cittadini considerati come merce, per poter giustificare investimenti e potenziamenti sbagliati fatti a Caltanissetta ed Enna. Si può affermare che la riforma ospedaliera in Sicilia sia stata fatta proprio sui bisogni politici, piuttosto che sui bisogni reali dei cittadini siciliani».
Il discorso non cambia prendendo come altro esempio l’emodinamica, anzi. «Una vergogna assoluta, inaudita – esclama Franzone – con un ospedale “Dea di I livello”, sprovvisto di Emodinamica, ovvero quella specialistica che, in caso di infarto, salva la vita al paziente se si interviene subito. In Sicilia esistono 20 unità di Emodinamica, Gela che è la sesta città siciliana per abitanti ne è sprovvista. La più vicina è a Caltagirone. Il tempo di percorrenza medio tra gli ospedali di Gela e Caltagirone è di 50 minuti. Il centro di riferimento di Emodinamica per Gela, poi, è l’ospedale di Caltanissetta.
Il tempo di percorrenza medio tra gli ospedali di Gela e Caltanissetta è di 65 minuti. Nell’uno o nell’altro caso, i pazienti gelesi rischiano tanto, troppo, per il solo fattore di non avere l’Emodinamica presso l’ospedale di Gela ed è presente invece in presidi ospedalieri di comuni come Patti, Taormina e Cefalù che non superano i 15 mila abitanti, ovvero Sciacca e Caltagirone che sono comunque sotto i 40 mila. Altra beffa quella dello scorso anno, durante il quale è stata istituita l’emodinamica ad Enna con i suoi circa 27 mila abitanti e Nicosia di poco oltre i 13 mila abitanti. Entrambi nella stessa provincia, quella ennese che è di gran lunga la meno popolata della Sicilia. Uno scandalo».
A questo punto ci fermiamo e non andiamo oltre. Non ci piace farci del male. La musica non cambierebbe e «per elencare – denota Franzone – le mortificazioni subite da Gela in termini sanitari, non basterebbe l’intero giornale. Di certo, ed è sotto gli occhi di tutti, l'ospedale di Gela è sottodimensionato di molto rispetto a quello di Caltanissetta, grazie a quelle che ci limitiamo a definire “discutibili” politiche regionali e dell'Asp nissena.
Anche Eni, secondo il coordinatore del Csag, commette un clamoroso errore, poiché nell’estrarre petrolio e bioraffinare a Gela, dimostra quantomeno poca sensibilità nel lasciare che i propri soldi vadano a quella realtà dalla cui morsa Gela vuole storicamente liberarsi, ma è proprio difficile, arduo, per non dire improponibile, dare torto a Franzone quando rammenda che Gela, «una delle città più produttive della Sicilia, subisce continue mortificazioni e il tutto – conclude amaramente – mentre parlamentari regionali e nazionali gelesi, sindaco, giunta e consiglieri, sono come anestetizzati».