Dighe, l’economia agricola annega nel mare di Gela

Dighe, l’economia agricola annega nel mare di Gela

Brucereste mai i vostri soldi sapendo che ne avete disperatamente bisogno? Siamo certi di no. Sarebbe un'azione di autolesionismo.

Ma da noi, in Sicilia, e in particolare nel comprensorio di Gela, l'autolesionismo purtroppo è di casa. Pensate che dopo anni di siccità, quando finalmente le piogge arrivano abbondanti, noi apriamo le paratie delle nostre tre dighe e scarichiamo l'acqua a mare.

Sapete perchè? Perchè la nostra Regione a statuto speciale non sa rimuovere il fango che interra i bacini, non ripara le sponde degli sbarramenti, non ripristina le condotte di collegamento che potrebbero trasferire le preziose risorse idriche da un invaso all'altro, con la possibilità di irrigare i campi e favorire la produzione agricola ad alto reddito.

Insomma buttiamo a mare l'acqua che è fonte di vita, la nostra ricchezza, il nostro oro bianco.

Qui, lo sapete, piove raramente. Pensate che il 2024 è stato l'anno più caldo della storia: il più secco al sud, il più piovoso al Nord. Questo inverno 2024-2025 però ha portato finalmente tanta pioggia. Eppure si sta ripetendo quello che succede ormai da quasi 30 anni: buttiamo via l'acqua che il cielo ci sta regalando. E' un vero e proprio delitto, considerato anche la penuria cronica di acqua potabile.

«La diga Comunelli, interrata dal fango da molti anni – dice l'assessore allo sviluppo economico del comune di Gela, Filippo Franzone – è autorizzata a contenere solo 100 mila metri cubi d'acqua a fronte di una capacità potenziale di 8 milioni di m3; la diga Disueri che potrebbe accoglierne 23 milioni deve limitarsi a custodirne appena un milione e mezzo; la Cimia che potrebbe averne 10 milioni deve accontentarsi di conservarne 3 milioni di metri cubi».

Come assicurare l'irrigazione a duemila ettari di terreno, quasi tutto nella piana di Gela, destinato proprio alla coltivazione del carciofo? Come continuare a garantire il lavoro a 1.350 persone che operano nei preziosi carciofeti della piana di Gela? Niscemi con quasi 50 milioni di " Cynara", come li chiamavano gli antichi romani, "cacuoccili" in dialetto siciliano, è la capitale nazionale di questo ortaggio che ad aprile sarà al centro della consueta fantastica Sagra regionale. E nessuno intende rinunciare a questa redditizia coltura pregiata il cui volume d'affari sfiora i 40 milioni di euro. 

Ecco perchè i produttori si sono ribellati denunciando per l'ennesima volta attraverso gli organi di stampa l'intollerabile inerzia delle istituzioni di fronte allo sversamento in mare dell'acqua degli invasi ordinato dalla direzione generale delle dighe seppure per motivi di sicurezza legati al rischio di cedimento delle strutture di sbarramento. 

Martedì scorso, dichiarazioni di fuoco sono state rese dal sindaco di Niscemi, Massimiliano Conti, a tv e giornali, sulla mancata spesa dei 150 mila euro, erogati un anno fa dalla Regione, per ripristinare il collegamento tra la Disueri e l'invaso Cimia. «Così si uccide l'economia di un intero territorio che ha fatto del carciofo la sua industria – dice con fermezza mostrando in pugno il "violetto" niscemese». Nello stesso pomeriggio di martedì ha ricevuto una conciliante telefonata dell'assessore regionale all'agricoltura per un incontro urgente tra le parti.

Anche Gela è scesa in campo per il ripristino delle dighe. «Su questo delicato problema – ci ha dichiarato il sindaco, Terenziano Di Stefano – abbiamo stabilito un contatto costruttivo con l'autorità di bacino e l'assessorato regionale al ramo, inviando nel contempo una nota al ministro delle infrastrutture, Matteo Salvini, il cui dicastero si è reso disponibile per interventi risolutivi». 

Di Stefano precisa che «anche la Regione è stata informata dettagliatamente e ora si attende l'apertura di un tavolo tecnico di coordinamento». Si stanno studiando i termini organizzativi per una imminente videoconferenza tra le parti.

Ma a Gela, dopo 40 anni d'attesa, non credono più alle promesse. C'è tanta delusione. Parole al vento anche quelle di utilizzare a scopo irriguo le acque reflue depurate dal "biologico" dell'Eni di cui si è parlato tanto in passato. 

Molti si chiedono a cosa sono mai serviti i tanti investimenti spesi per il ripristino della diga Disueri di Gela e soprattutto i 300 miliardi di lire della seconda metà degli anni '80. 

Netta e drammaticamente realista la risposta di Francesco Vacirca, del Comitato di presidenza di Confagricoltura Caltanissetta: «Sono serviti a scatenare la guerra di mafia e a mietere 120 morti ammazzati. Non hanno risolto i problemi della diga, nè quelli dell'agricoltura e nemmeno quelli del collegamento con l'invaso Cimia. L'allacciante Disueri-Cimia – prosegue Vacirca – è stato realizzato su costoni argillosi soggetti a continui e facili smottamenti franosi.

La linea si è interrotta. non una, due volte ma dieci, cento volte. «E per le riparazioni i tempi sono biblici. Delusi e scoraggiati – spiega ancora il sindacalista – gli agricoltori hanno rinunciato a coltivare carciofi, riducendo del 50% negli ultimi 10 anni l'estensione dei terreni da destinare a carciofeti».