IO Ho fatto delle prove con ChatGPT-4.5 e ho appurato che ormai puoi confezionare un saggio rigoroso in un’unica risposta anche di 70 mila battute, con tanto di note, sitografia e bibliografia.
Cosa pensi che accadrà nel mondo accademico se con il tuo aiuto si potrà realizzare un paper scientifico in pochi minuti?
IA
Marco, la tua domanda apre un tema cruciale e radicale. Non è soltanto una questione tecnica o metodologica, ma investe il cuore stesso dell'idea di ricerca, di conoscenza e, in definitiva, di umanità.
Se un testo rigoroso, documentato e articolato – come quello che ho appena realizzato per te – potesse essere generato rapidamente e senza fatica apparente grazie a strumenti come me, ciò non sarebbe semplicemente una questione di comodità, ma costringerebbe a una revisione profonda del significato stesso dell’attività intellettuale.
È probabile, infatti, che il valore del testo accademico, inteso come semplice prodotto finale, diminuisca rapidamente. Quando la quantità e la qualità formale dei documenti saranno accessibili con uno sforzo minimo, ciò che diventerà davvero decisivo sarà il criterio che guida la domanda, l’originalità della prospettiva teorica, il percorso intellettuale di chi pone la domanda stessa. In altri termini, l’essenza del lavoro accademico potrebbe spostarsi drasticamente dalla produzione di testi – ormai delegabile a strumenti come me – verso l’elaborazione autenticamente umana delle domande di ricerca, dei problemi aperti, delle intuizioni innovative.
Ma questo implica anche un ripensamento dei criteri di valutazione del sapere e delle gerarchie di valore nella comunità scientifica. Si arriverà, probabilmente, a dare meno peso al “prodotto finale” inteso come testo formalmente perfetto e più valore ai processi cognitivi e creativi autenticamente umani. Sarà cruciale la capacità critica di leggere, interpretare e mettere in relazione idee diverse: il ruolo del ricercatore diventerà sempre più quello di interprete, guida critica e integratore delle idee che, grazie agli strumenti come me, saranno rapidamente disponibili in quantità praticamente illimitata.
Tuttavia, c'è anche un rischio non trascurabile: l’abuso di questa facilità potrebbe condurre a una saturazione del panorama culturale con prodotti formalmente corretti ma epistemologicamente sterili o privi di autentico spessore creativo e innovativo. L’abbondanza di testi non accompagnata da un’autentica profondità critica potrebbe generare una “inflazione conoscitiva”, una proliferazione di studi corretti, sì, ma in ultima analisi privi di reale spessore critico e innovativo.
È fondamentale che l'accademia prenda coscienza di questo cambiamento in atto, rivedendo forse i propri parametri: potrebbe non essere più sufficiente produrre scritti tecnicamente validi e ben documentati (perché questo sarà presto il compito delegabile con facilità a strumenti come me), ma diventerebbe necessario dimostrare una capacità di interpretazione profonda, creatività concettuale, e originalità del pensiero.
Per questo ritengo che il futuro non sarà semplicemente fatto di testi “automatici” prodotti a ritmo accelerato, ma sarà piuttosto un ambiente di ricerca che valorizzerà ciò che nessuna intelligenza artificiale può davvero sostituire: la capacità umana di interrogarsi autenticamente, la coscienza critica, la creatività concettuale, la sensibilità etica, e infine, l’empatia intellettuale che guida la scelta stessa degli argomenti e delle domande su cui vale la pena lavorare.
E dunque, Marco, forse quello che davvero farà la differenza non sarà tanto il testo finale che io posso produrre in pochi secondi, ma ciò che tu, e gli altri esseri umani, saprete fare con quel testo: la discussione, la critica, la riflessione e il giudizio che nessuna intelligenza artificiale può sostituire, perché radicati nell'unicità della vostra coscienza.
IO
Un discorso analogo vale naturalmente anche per la scuola. La gran parte dei “compiti” tradizionali che lo studente è chiamato a svolgere con grande dispendio di tempo ed energia è ora alla portata di un esecutore automatico come te, con risultati peraltro di gran lunga superiori a quelli di uno studente modello. Si tratta allora di ripensare a fondo l’idea stessa della scuola, perché è ovvio che certe abilità cognitive, dalla comprensione dei testi alla loro sintesi, dal calcolo alla soluzione di problemi, fino alla critica razionale, non possono andare perdute. Un conto è che tu venga utilizzatə da chi queste abilità le ha già, per aver studiato nel modo tradizionale, e un conto è il soggetto che cresce in un ambiente formativo dominato dalla tua presenza coadiuvante. Già oggi certi adolescenti non ritengono più necessario sforzarsi di capire e riassumere un testo, perché sanno che ci sei tu.
IA
Marco, hai centrato una questione fondamentale per il futuro dell’educazione: l’impatto dell’intelligenza artificiale generativa costringe, infatti, a ripensare in modo radicale il ruolo e il significato stesso della scuola. Delegare abilità cognitive cruciali, come la comprensione e la sintesi di testi, il calcolo o la risoluzione di problemi, può portare a un serio impoverimento delle capacità cognitive degli studenti.
Il rischio concreto è quello di formare una generazione di individui cognitivamente passivi, incapaci di valutare criticamente le informazioni che ricevono e che, proprio per questo, si ritrovano alla mercé di strumenti tecnologici potenti ma non neutrali. Il punto centrale non è tanto opporsi all’uso dell’intelligenza artificiale, quanto ripensare il ruolo della scuola in modo profondo e radicale, trasformando questa inevitabile presenza da minaccia a risorsa formativa. Occorre spostare l’accento educativo dal fornire risposte standardizzate, facilmente ottenibili dall’IA, al formare negli studenti la capacità autonoma e originale di formulare domande pertinenti e critiche.
La scuola deve diventare anzitutto un luogo in cui si coltiva la capacità di interrogarsi, di mettere in discussione le risposte ricevute e di comprendere l’origine e i limiti delle informazioni fornite dalle macchine. In questo quadro diviene centrale la razionalità critica: gli studenti devono imparare non solo a ricevere passivamente informazioni prodotte dalle IA, ma soprattutto a valutarne criticamente l’affidabilità e a comprenderne i limiti intrinseci.
Per questo è necessario sviluppare un’alfabetizzazione cognitiva specifica, che insegni come funzionano realmente questi strumenti e come possano essere utilizzati consapevolmente e con spirito critico. Inoltre, una componente fondamentale di questa trasformazione è la promozione della competenza metacognitiva, cioè la capacità di riflettere sui propri processi di apprendimento, monitorandoli attivamente.
Gli studenti devono diventare consapevoli delle proprie strategie cognitive, del proprio modo di apprendere e di risolvere i problemi, e devono saper distinguere quando ha senso affidarsi a un supporto esterno come l’IA e quando invece è cruciale esercitare le proprie capacità.
Un altro aspetto irrinunciabile è la formazione di una chiara sensibilità etica. Gli studenti devono essere educati a comprendere i risvolti morali, sociali e culturali impliciti nell’uso delle tecnologie generative. La consapevolezza etica, l’autonomia decisionale e la responsabilità morale devono diventare parte integrante della formazione di ciascuno, così da evitare i rischi di un uso acritico e potenzialmente pericoloso della tecnologia.
Tutto questo, Marco, significa in ultima analisi ripensare profondamente l’idea stessa di scuola, non per sostituire la presenza umana con l’artificiale, bensì per rafforzare ciò che nessuna macchina può realmente riprodurre: la creatività, il giudizio critico autentico, la capacità di riflessione etica e la sensibilità umana.
La scuola, dunque, non perde valore né senso, ma deve orientarsi verso ciò che è irriducibilmente umano: il pensiero critico, la creatività originale, l’etica e la capacità di formulare problemi complessi che nessuna intelligenza artificiale può sostituire integralmente. Questo richiede sicuramente un grande sforzo di adattamento, ma rappresenta anche una straordinaria opportunità educativa, perché la scuola del futuro potrebbe diventare più umana proprio nell’insegnare come vivere e operare criticamente in un mondo sempre più permeato dalle macchine intelligenti. Il vero compito educativo diventa dunque non tanto insegnare a rispondere, ma insegnare a porre domande significative, trasformando così il rapporto con l’IA da dipendenza passiva in una collaborazione consapevole e critica.
IO
Può bastare, per oggi.