La Regione, stavolta, si muove. Al terzo invio della stessa lettera da parte del prof. Nuccio Mulè, storico e cultore di storia patria, si è fatto vivo l’assessore ai Beni culturali e dell’Identità siciliana Francesco Paolo Scarpinato.
Il quale, di fronte alla reiterata e circostanziata denuncia di Mulè, non ha potuto fare orecchie da mercante come i suoi predecessori, ha preso carta e penna ed ha investito della complessa tematica il Dipartimento del suo Assessorato, con la lettera che pubblichiamo in questa stessa pagina.
Mulè aveva denunciato l’abbandono della città da parte delle Istituzioni pubbliche, non solo nel settore dei servizi e delle strutture, come viabilità, igiene e sanità, ma anche e soprattutto in quello dei Beni culturali. Stato di abbandono che il prof. Nuccio Mulè definisce come la “Caporetto” dell’archeologia mediterranea.
«Questa terza lettera aperta, dopo quella di settembre, non ha altro scopo se non quello di far ricordare alle istituzioni l’esistenza di 75.000 cittadini del Comune di Gela in provincia di Caltanissetta, in Sicilia, con il problema riportato in oggetto. E per evitare di riempire decine e decine di pagine, ci si limita solamente a scrivere sui problemi dei beni culturali, tralasciando per ora quelli dell’acqua, della pulizia della città, dell’economia, del welfare, degli effetti dell’inquinamento sulla salute, dell’agricoltura, della pesca, delle infrastrutture, delle strade, dei quartieri, ecc.
Pur comprendendo le difficoltà che esistono per la salvaguardia dei beni culturali nella nostra Isola, si rimane perplessi per la posizione incomprensibile delle istituzioni in merito alla salvaguardia di quelli di Gela i quali sono stati abbandonati a se stessi nel più totale degrado. Mi si permetta, con la presente, di denunziare alle SS.VV. lo stato di abbandono in cui le istituzioni a tutti i livelli hanno relegato il nostro Comune.
Purtroppo a Gela negli ultimi decenni è prevalso un andazzo scellerato che ha visto l’istituzione competente sottovalutare e disconoscere monumenti e aree archeologiche (vedi allegato), che oggi, con la crisi occupazionale ed economica del territorio, avrebbero potuto rappresentare una risorsa importante per tentare di far ritornare Gela e il suo territorio negli itinerari turistici isolani dopo la sua netta esclusione risalente a quasi mezzo secolo fa.
Comune di Gela che nella posizione geografica in cui si trova potrebbe rappresentare il baricentro del turismo archeologico organizzato della Sicilia tra la parte sud-occidentale e quella sud-orientale, da Agrigento fino a Siracusa, toccando pure Piazza Armerina e Caltagirone. Ma non solo l’ambito culturale. Ad esempio anche quello economico ha lasciato e tuttora lascia a desiderare, un solo esempio: la drammatica farsa del porto rifugio di Gela dove da sessant’anni se ne draga il fondale con lo sperpero di un mare di soldi pubblici invece di provvedere adeguatamente per evitarne il continuo insabbiamento.
Si è assistito nella più totale impassibilità, quella soprattutto dei politici, alla cancellazione di Gela dagli itinerari turistici isolani; non solo, gli stessi beni culturali spesso sono diventati oggetto di incuria tale che addirittura il loro numero nei decenni passati si è ridotto della metà con un danno irreparabile al patrimonio storico e culturale di Gela.
E che dire dell’archeologia, punta di diamante per il rilancio del turismo, che è stata oggetto negli ultimi due decenni di un completo disinteresse da parte delle istituzioni, Soprintendenza e Regione in primis, peraltro senza che mai il nostro Comune prendesse seriamente un’iniziativa di valorizzazione. Così lo sfascio archeologico e monumentale di Gela, una “Caporetto” vera e propria, è arrivato oggi alla completezza anche per la recente scelta delle istituzioni, Regione e Soprintendenza di Caltanissetta in testa, di ricoprire la necropoli di via Genova e quelle aree archeologiche di altri siti.
Vorrei ricordare che Gela possiede uno dei più vasti e più importanti giacimenti culturali del Mediterraneo, giacimenti il cui sfruttamento può diventare lo strumento di riscatto sociale, economico, culturale e civile dei gelesi e non solo dei gelesi. I beni culturali nostrani spaziano in un intervallo abbondante di tempo che va da diversi millenni prima della nascita di Cristo fino a questo secolo.
Necropoli e villaggi preistorici, insediamenti greci fin dal periodo arcaico, vestigia medievali, e così via. Per non parlare poi dei reperti che si trovano nel nostro museo dove esiste, tra l’altro, uno dei più belli e cospicui patrimoni di ceramica attica, tra essi i 600 e più pezzi della collezione Navarra. Per non scrivere delle migliaia e migliaia di reperti archeologici sottratti nei tempi trascorsi al patrimonio locale, isolano e nazionale per finire esposti nei musei più prestigiosi del mondo. Così come, per fare un semplice riferimento, l’inspiegabile sottrazione al Museo di Gela, tra il maggio del 1999 e il novembre del 2001, di ben 936 cassette piene di reperti archeologici per essere trasferiti al Museo di Caltanissetta.
E ancora la rarissima collezione di più di mille monete antiche e i recenti ritrovamenti sui fondali del mare gelese di Bulala di cui i preziosi e rarissimi oricalchi rappresentano un esempio unico al mondo. Per non scrivere poi dei tre relitti di navi greche ritrovati nei fondali del mare di Gela, in particolare quello arcaico del 6°-5° sec. a.C., unico ritrovamento di tale epoca al mondo, la cui fruizione potrebbe diventare da sola un fattore strategico per il rilancio del turismo archeologico.
E’ incredibile come ancora si possa accettare il fatto di vedere i legni del relitto, recuperato e restaurato con enormi risorse economiche, da ben cinque anni ancora rinchiusi nelle casse nella speranza di trovare una sede adeguata per la fruizione; sede già programmata da una ventina di anni con due adeguati finanziamenti per la sua edificazione, ma stornati per ben due volte dalla Regione. Infine, si dovrebbe scrivere anche di una potenziale archeologia industriale dopo la dismissione del petrolchimico dell’ENI a Gela, ma si lascia l’idea ad altri momenti più favorevoli.
Sono stato sempre dell’idea che i beni culturali rappresentano lo strumento per l’elevazione sociale e culturale di una popolazione che attraverso essi si ricollega al retaggio delle precedenti generazioni, ai loro valori alle loro esperienze plurisecolari per poi trasmetterle alle future generazioni. Ma queste sono solo parole che si dissolvono nell’indifferenza degli uomini delle istituzioni.
E’ mia convinzione, infine, che il nuovo sistema di governo che da poco tempo regge le sorti della città, possa veramente cambiare le regole del gioco e recuperare un ruolo importante per il rilancio dell’economia e dell’occupazione con il recupero di antichi e immutabili valori. Spero veramente che il nuovo sindaco, eletto a suffragio popolare, e la sua Giunta possano inquadrare nella giusta risoluzione tutta la tematica dei beni culturali di Gela e “volare più in alto” per il loro rilancio nel territorio.
Mi si permetta adesso, anche a futura memoria, di allegare alla presente un elenco, certamente non esaustivo, a dimostrazione di come il bene culturale di Gela da quasi mezzo secolo è stato considerato come un “vuoto a perdere”. Gela, definita la “Caporetto” dell’archeologia mediterranea per usare una metafora di quella tragica Grande Guerra»