Addio alla filosofia. Perché la scienza e la letteratura sono in grado di fare tutto il lavoro che serve per dare senso alle nostre vite, il nuovo saggio dell’italo-austriaco Michel Städter, rappresenta un punto di svolta nella carriera di un pensatore a lungo venerato nei circoli accademici per il suo acume filosofico.
Edito da Diagora Edizioni, questo pamphlet, il cui titolo riecheggia quelli analoghi di Paul Feyerabend (Addio alla ragione, 1987) e Gianni Vattimo (Addio alla verità, 2009), sfida le convenzioni del pensiero filosofico novecentesco proponendo una caustica demolizione di ciò che l'autore percepisce come fumosità concettuali ormai intollerabili.
Nella prefazione, Städter delinea il contesto personale e intellettuale che lo ha portato a scrivere il libro, ed esprime un senso di frustrazione per quello che considera un labirinto di astrazioni prive di fondamento pratico: "Ho dedicato anni alla filosofia, solo per scoprire che molte delle sue promesse di verità sono illusorie" (p. xii). Con tono riflessivo ma deciso, l’autore introduce il lettore alla sua decisione di abbandonare la filosofia a favore di campi che considera più produttivi: la letteratura e le scienze.
L'introduzione serve come manifesto del libro, dove Städter espone le sue principali critiche contro grandi figure filosofiche del Novecento come Husserl, Heidegger, Deleuze, Derrida, Severino, Agamben e Cacciari. Argomenta che questi troppo venerati maestri hanno contribuito poco o nulla alla comprensione reale del mondo e della condizione umana.
"Questi filosofi hanno tessuto una tela di concetti come Epochè, Essere, Nulla, Differenza, Differanza, Eternità degli essenti, Gloria, Homo sacer, Vita nuda, Inizio, Cosa ultima, ecc. che, per quanto seducenti nella loro complessità, alla fine distolgono dall'impegno con la realtà viva" (p. 3). Städter dichiara che il suo obiettivo è ridirigere l'attenzione verso forme di sapere che effettivamente arricchiscano l'esistenza umana.
Il suo approccio non è solo una critica, ma anche un invito a riconsiderare cosa significhi realmente cercare la verità. Attraverso Addio alla filosofia, Städter intende non solo denunciare le mancanze della filosofia ma anche celebrare le potenzialità della letteratura e della scienza come veicoli più efficaci per la scoperta e la divulgazione della conoscenza.
Nel primo capitolo, "Critica della filosofia novecentesca", Städter si immerge in una critica serrata delle idee principali delle figure suddette, sostenendo che, nonostante la loro complessità e profondità apparente, esse si stemperano in un labirinto di astrazioni che raramente toccano la realtà concreta, a qualsiasi livello.
Ma l'accusa più grave che egli rivolge a tali pensatori (non a tutti, per la verità) riguarda il loro contributo più o meno diretto al mantenimento dell'incantesimo religioso, che spesso si traduce in un sodalizio intellettuale con le teologie più retrive, delle quali al massimo aggiornano il lessico dottrinario spostandolo sul registro di un oscuro razionalismo.
Questo capitolo si conclude con una riflessione sulla necessità di una filosofia più radicata nelle cognizioni naturalistiche e meno dedita a costruire sistemi chiusi, autoreferenziali e di dubbia rilevanza informativa. Tale disamina severa ma appassionata del panorama filosofico contemporaneo serve come preludio al resto del pamphlet, dove Städter svilupperà ulteriormente il suo discorso e illustrerà la sua visione alternativa.
Nel secondo capitolo, "Verso una filosofia della contingenza", Städter approfondisce la sua proposta per un rinnovamento della filosofia, spostando l'attenzione dalle astrazioni metafisiche a un'indagine della contingenza, radicata nell'esperienza quotidiana delle persone e messa a tema dalla letteratura. Städter inizia il capitolo discutendo il potenziale della letteratura di rivelare verità profonde sulla condizione umana, argomentando che, a differenza della filosofia tradizionale, la narrazione letteraria ha la capacità di esplorare e comunicare le sfumature complesse dell'esistenza in modi accessibili ed emotivamente risonanti.
Citando grandi scrittori come Tolstoj e Dostoevskij, ma anche i testi narrativi di autori come Sartre e Camus (liquidati forse con eccessiva severità, e per giunta tra parentesi, come teoreticamente irrilevanti), Städter sostiene che "gli scrittori, con le loro storie, riescono a catturare l'essenza della vita molto più efficacemente di quanto non facciano molte teorie filosofiche" (p. 62).
Il capitolo prosegue con una serie di analisi di opere letterarie che, secondo Städter, dimostrano come la letteratura possa trattare questioni esistenziali con una profondità e una pertinenza che spesso mancano nel discorso filosofico odierno. Per fare solo un esempio, Städter considera le pagine satiriche di Samuel Butler sul "crimine" di venire al mondo e sulla mitologia e la politica della natalità presso gli Erewhoniani superiori – con la loro retorica autenticamente persuasiva – a tutte le ciance dei filosofi e dei teologi sul presunto valore e sul cosiddetto mistero della vita, al punto da rendere superflue le speculazioni antinataliste contemporanee di pensatori come David Benatar e Thomas Ligotti.
Egli esplora così temi come l'amore, la perdita, il conflitto, la moralità e la morte, mostrando come questi temi siano trattati con una ricchezza di dettagli e una sensibilità emotiva che rendono la letteratura uno strumento unico di conoscenza. Da qui la battuta lapidaria ripresa dal XXVII capitolo di Erewhon (1872) e usata come epigrafe generale per tutto il libro: "Cosi, dopo aver molto errato nelle selve della filosofia, il paese giunse alle conclusioni a cui il buon senso era giunto da un bel pezzo".
Nel terzo capitolo, "La scienza come unica custode della verità", Städter presenta un argomento convincente per la superiorità della scienza come mezzo per accedere alla controllabilità e alla verità provvisoria, contrastando il modello filosofico che ha dominato per secoli. Städter inizia sottolineando l'importanza del metodo sperimentale nella scienza, che permette un approccio obbiettivo alla scoperta della verità. Egli afferma che, a differenza della filosofia, la scienza si basa su prove concrete e risultati replicabili che possono essere da chiunque testati. "Nel regno della scienza, le teorie devono resistere alla prova del mondo reale; non possono sopravvivere semplicemente sulle pagine di un trattato filosofico" (p. 92).
La scienza, in tale ottica, attraverso la sua dipendenza dai dati empirici e l'uso della speculazione controllata, offre una comprensione più affidabile del mondo. Attraverso esempi che vanno dalla fisica alla biologia, egli illustra come le scoperte scientifiche abbiano trasformato radicalmente la nostra comprensione di concetti fondamentali come il tempo, la vita e l'universo, portando a miglioramenti tangibili nella qualità della vita umana. Städter è critico soprattutto nei confronti della tendenza della filosofia a indulgere in speculazioni non verificabili che spesso non portano a conclusioni concrete o utili.
Egli mette in discussione la rilevanza di tali speculazioni in un'era che richiede risposte a questioni urgenti di etica, tecnologia e ambiente. "Quando la filosofia si perde in astrazioni che non si connettono con la realtà esperienziale, perde anche la sua capacità di contribuire significativamente alla società", scrive (p. 104).
Il pamphlet si conclude con un appello alla creazione di un nuovo paradigma per la ricerca della verità che integri il rigore scientifico con la sensibilità umanistica della letteratura. Städter invita a un approccio interdisciplinare che valorizzi sia la precisione empirica della scienza sia la profondità emotiva e narrativa della letteratura; in tal modo egli consolida la propria visione sui limiti epistemologici della filosofia odierna e propone una visione rinnovata di come la conoscenza dovrebbe essere perseguita oggi, facendo della scienza la custode principale della verità (o almeno della sua ricerca), affiancata dalla letteratura come strumento per esplorare e comprendere la condizione umana.
Inutile aggiungere che le tesi esposte in questo libro prestano il fianco a numerose critiche. Städter, in fondo, usa un’accezione ad hoc della filosofia, rischiando così di cadere nella fallacia dell’argomento fantoccio (straw-man). Egli avanza una critica radicale alla filosofia di oggi, accusandola di essere diventata, dopo il trionfo della scienza come dispositivo di discorso per la ricerca, la scoperta e la manutenzione della verità, un campo sterile di astrazioni inaccessibili ai più.
Tuttavia, questa valutazione semplifica troppo la ricchezza e la diversità del pensiero filosofico contemporaneo. Städter sembra ignorare il fatto che molti filosofi hanno affrontato e continuano a trattare questioni pratiche e urgenti, come la giustizia sociale, l'etica ambientale e le implicazioni morali delle nuove tecnologie.
La sua critica potrebbe quindi essere vista come una generalizzazione eccessiva che non tiene conto delle correnti filosofiche che si sforzano di connettersi con la realtà sociale, politica e individuale, per non parlare di quelle che dialogano con le varie scienze. Ma di questo si dovrà parlare in altra sede.