Le passioni che hanno contraddistinto il giovane Jean Paul Belmondo (nella foto) sono state lo sport e la recitazione.
L' attore francese, morto a Parigi all'età di 88 anni, prima di dedicarsi al teatro e al cinema, aveva iniziato da giovanissimo a fare la boxe. Alcune fonti dicono che da dilettante disputò 9 combattimenti, con 4 vittorie, 4 sconfitte e 1 pari. Altri hanno scritto che combatté solo 3 incontri, vincendoli tutti per KO. E lo stesso attore pare che avesse confermato questa versione. Poi però il cinema prese il sopravvento e Jean Paul, appesi i guantoni al chiodo, divenne quel mito che tutti abbiamo amato.
Nato a Neuilly-sur-Seine, 9 aprile 1933, alle porte di Parigi, dallo scultore Paul Raimondo, e da Sarah Reinaud-Richard, pittrice, nelle vene del futuro divo era presente sangue italiano ereditato dalla nonna paterna, di origine siciliana, e dal nonno piemontese. Non a caso, in Valle Stura abitano ancora Letizia e Armando Belmondo. cugini di Jean Paul, che in casa conservano ancora un vecchio macinacaffè che sarebbe stato loro donato dalla madre dell'attore scomparso.
A metà degli anni '50 Belmondo dopo avere conseguito il diploma al Conservatorio nazionale d'Arte drammatica esordì nel teatro con “L'avaro” di Molìere. Gli inizi nel cinema furono invece nel '56, e già nel 1960 diveniva celebre nel ruolo di un bandito grazie al film “Fino all'ultimo respiro” di Jean-Luc Godard, divenendo subito l'attore di punta de La nouvelle vague; un movimento che si ispirava al Neorealismo del Cinema Italiano. D'altronde sempre in quel magico 1960 egli, nel ruolo di Michele, fu uno dei protagonisti de “La ciociara”, il film di Vittorio De Sica che sarebbe valso l'Oscar a Sophia Loren.
Irriverente, beffardo, travolgente, dotato di una “faccia da brutto che piace”, Belmondo, chiamato affettuosamente dai suoi fan anche “Bèbel”, si distinse subito nell' ambiente del cinema grazie al suo inarrivabile talento che gli consentiva di passare dai ruoli drammatici alla commedia con estrema facilità. Conteso dai più importanti registi francesi come Chabrol, Sautet, Jean Pierre Melville, Francois Truffault, egli venne chiamato anche da registi italiani come Castellani, Bolognini e Corbucci. Nel '62 Belmondo girò “Cartouche” per la regia di Philippe De Broca. insieme a Claudia Cardinale che avrebbe poi reincontrato ne “Il clan dei marsigliesi”.
Nel 1970 fu invece protagonista insieme all'amico-rivale Alain Delon di “Borsalino” diretto da Jacques Deray, pellicola che ebbe grande fortuna anche a livello internazionale. Altro clamoroso successo lo ottenne nel 1973 nel film di De Broca “Come si distrugge la reputazione del più grande agente segreto del mondo” che aveva come sottotitolo “Le magnifique”, appellattivo che calzava perfettamente all'attore francese. Non a caso già prima di quel film e ancor più dopo, Belmondo sarebbe rimasto per sempre “Le magnifique”. E questo fascino lo portò ad avere anche una vita sentimentale piuttosto movimentata con 2 mogli e diverse amanti. Fra le sue relazioni sentimentali le cronache scandalistiche degli Anni '70 ricordano soprattutto quelle con Ursula Andress e con Laura Antonelli.
Tornando al cinema, c'è da dire fra gli 80 film girati da Belmondo è difficile ricordare un titolo che non abbia avuto successo, proprio per la versatilità dell'attore, ed anche il suo coraggio che in molti film d'avventura o polizieschi lo vide affrontare le scene più pericolose senza controfigura. Ma fu ancora grazie ad un ruolo impegnato che nel 1989 gli venne conferito il Premio César per il migliore attore nel film “Una vita non basta” di Claude Lelouch, il regista che 30 anni prima lo aveva proiettato prepotentemente nell'Olimpo della "Settima Arte". Nel 2001 "Bèbel" venne colpito da un' ischemia cerebrale che sembrava averne compromesso per sempre la carriera.
Fu quindi sorprendente il suo rientro in scena nel 2008 a teatro, e poi sul grande schermo, dove fu protagonista di "Un homme et son chien" (un uomo e il suo cane) di Francis Huster , remake di "Umberto D" di Vittorio De Sica. Quello sarebbe stato anche il suo ultimo film. Ma Belmondo, che nel 2011 venne insignito della Palma d'oro alla Carriera durante la 64ª edizione del Festival di Cannes, e che nel 2016 ricevette il Leone d'oro alla carriera alla Mostra Internazionale d'Arte cinematografica di Venezia, da quando riferiscono gli amici più stretti pure nel crepuscolo della sua esistenza ha conservato il buon umore e la simpatia che sono stati importanti componenti del suo successo. Nel 2019 all' Eliseo Belmondo aveva ricevuto pure la "Legion d'onore" dalle mani del presidente Emmanuelle Macron.
Nell'apprendere della sua scomparsa, Alain Delon non ha nascosto la sua desolazione che lo ha portato a dire fra le lacrime "Sono completamente annientato. Avremmo dovuto andarcene insieme". Ma oggi tutto il cinema francese e non solo piange "Le Magnifique".