La notizia della settimana è la mancata firma sulla mozione di sfiducia da parte delle tre “sorelle consiliari progressiste” Alessandra Ascia, Virginia Farruggia e Paola Giudice.
Una piccola doccia fredda, magari, per chi all'opposizione pensava di pervenire in pochi giorni alle 10 sottoscrizioni richieste dalla legge, ma che non deve rassicurare più di tanto il primo cittadino, perché si è solo anticipato, già in sede di sottoscrizione, ciò che poi comunque sarebbe dovuto avvenire in conseguenza dell'avvenuto raggiungimento del numero minimo di firme per il transito ufficiale della mozione al protocollo.
L'indipendente Paola Giudice, l'esponente del movimento locale Rinnova, Alessandra Ascia e la pentastellata Virginia Farruggia, dunque, hanno motivato la mancata apposizione delle loro firme sulla mozione di sfiducia, che continua a giacere sul tavolo della presidenza del consiglio comunale, a causa delle condotte ambigue e poco chiare delle forze politiche che hanno già firmato, vale a dire Fratelli d’Italia, Lega e Partito democratico.
Meloniani e salviniani vengono accusati di essere opposizione in città e di essere alleati a Palermo e Roma con quelle forze del centrodestra come Forza Italia, Dc siciliana e Movimento per l'autonomia che governano invece a Gela. Ciò mina la credibilità dei rapporti con i governi regionali e nazionali.
Indice puntato anche verso il Pd, criticato perché firma una mozione di sfiducia, con la Lega e Fratelli d’Italia, ad un sindaco che ha contribuito a fare eleggere, con cui ha governato, per poi passare all'opposizione e asserire di voler costruire un'alternativa al centrodestra con una coalizione progressista, «come la nostra - affermano» - in una visione politica alquanto offuscata.
Le tre “non firmatarie” rivendicano di essere state forza propulsiva per una possibile presentazione di una mozione di sfiducia legata alla questione del bilancio di previsione e ciò è servito ad ottenere un nuovo documento contabile che non pesi sulla cittadinanza per le scelte errate del sindaco.
Raggiunto questo obiettivo, tengono a precisare che rimarranno all'opposizione, escludendo accordi con il primo cittadino per un governo di larghe intese o, comunque, di fine mandato.
Esclusa ogni possibile intesa con l’attuale amministrazione, gli unici accordi a cui sembrano alludere, vale a dire il messaggio che emerge tra le righe, sono quelli elettorali. Ed il vero destinatario è il Pd. Insomma, prima di parlare di sfiducia e, magari, approvarla, occorre capire come andare a nuove elezioni che, in seguito proprio alla sfiducia, potrebbero anche rivelarsi vicinissime (maggio-giugno 2023).
In altri termini, esiste già un fronte progressista che si è autodeterminato, composto dal movimento Rinnova rappresentato dalla consigliere Ascia e dal movimento grillino, rappresentato dalla consigliera Farruggia, a cui si aggiunge il gruppo civico che fa capo alla consigliera Giudice, con cui i “dem”, se vogliono confrontarsi per proporre l’alternativa al centrodestra, devono farlo prima della sfiducia, non dopo.
E chissà, non è da escludere che la prima condizione a base di un dialogo per un futuro patto elettorale, possa proprio essere la candidatura a sindaco di un donna.
Nella presupposizione che il centrodestra possa trovare stavolta più agevolmente la quadra per presentarsi compatto alle prossime amministrative gelesi, considerato che a Roma e Palermo l’unità della coalizione rende più verosimile quest’ipotesi rispetto al passato, il triumvirato consiliare progressista, tutto al femminile, ammonisce il Partito democratico a non farsi trovare impreparati dopo l’eventuale sfiducia.
Dal canto suo, nel rispedire al mittente l’accusa di non voler creare un’alternativa al centrodestra, spaccando semmai giusto con la loro iniziativa il centrosinistra, evidenzia che il Pd ha comunque recepito il messaggio.
Invero la conseguenza più diretta, come anticipato inizialmente, è che la palla passa già da adesso alla maggioranza. In parole povere, se ci sono pezzi dell’alleanza pro Greco che vogliono cogliere l’occasione della sfiducia per mollare il sindaco ed andare alle urne, devono anticipare i tempi e contribuire alla sottoscrizione della mozione. E nella maggioranza, o presunta tale, il caos regna sovrano.
Forza Italia è decisamente ad un passo dalla rottura. Lo si evince chiaramente dall’ultima seduta di question-time in cui si è rinnovato il duello tra “Una buona idea” e l’assessore, Nadia Gnoffo, sulle due mozioni presentate dai civici, con puntuale ed accesa polemica a corredo.
Mentre sull’atto d’indirizzo relativo al regolamento sul trasporto ai disabili, su cui il capogruppo consiliare dei berlusconiani, Rosario Trainito, si è astenuto come la opposizione, la stessa Gnoffo ha accusato di incompatibilità l’esponente consiliare dell’Mpa, Valeria Caci, affermando che la stessa maggioranza di cui fa parte strumentalizza il tema dei disabili per fare la guerra interna ai forzisti, non agendo pertanto in buona fede.
Ciò ha costretto il presidente, Totò Sammito, da sempre vicino a “Fi”, a difendere mediaticamente l’atto d’indirizzo, in quanto prerogativa del civico consesso ed invitare l’assessore ai servizi sociali in quota a Forza Italia a moderare i toni.
In definitiva, se il deputato Michele Mancuso dovesse concedere il via libera ai due consiglieri azzurri, si raggiungerebbero le 10 firme necessarie per protocollare la mozione ed a quel punto, per il Sindaco, si avvicinerebbe bruscamente l’ora della verità.