La forma di governo locale prevede che il sindaco sia eletto dai cittadini, ma può essere sfiduciato dal consiglio comunale che, compiendo tale scelta, è come se sfiduciasse anche se stesso, perché con l'approvazione della mozione di sfiducia, “vanno tutti a casa”:
sindaco, assessori in giunta e consiglieri comunali compresi. La gestione dell'ente comunale passa nelle mani di un commissario straordinario nominato dalla Regione siciliana, fino a nuove elezioni.
Questo istituto democratico locale, pensato come contrappeso al sindaco eletto dai cittadini, giacché anche i consiglieri che lo sfiduciano sono eletti di cittadini ed ai cittadini si ritorna a dare voce alle urne con la cessazione di tutte le cariche, è disciplinato in Sicilia - in virtù della competenza legislativa esclusiva della Regione siciliana in tema di enti locali - dalla L.r. 35/1997, art. 10: «Il sindaco e la rispettiva giunta cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dal sessanta per cento dei consiglieri assegnati o, nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, dai due terzi dei consiglieri assegnati, con arrotondamento all'unità superiore.
La mozione di sfiducia nei confronti del sindaco non può essere proposta prima del termine di ventiquattro mesi dall'inizio del mandato né negli ultimi centottanta giorni del mandato medesimo.
La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati ed è posta in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione è approvata, si procede allo scioglimento del consiglio ed alla nomina di un commissario». L'ultimo comma dell'articolo successivo (art. 11), come sopra anticipato, recita: «le nuove elezioni avranno luogo alla prima tornata utile» (ricompresa, salvo rare eccezioni, nella stagione primaverile di ogni anno).
Pertanto, il sindaco può essere sfiduciato in un preciso arco temporale del suo mandato, la cui durata naturale è 5 anni. E cioè nel periodo che va dall'indomani dei primi due anni di mandato fino alla vigilia dell'ultimo semestre. Attualmente sono trascorsi quasi tre anni e mezzo dall'inizio del mandato e pertanto si è nel periodo consentito.
La mozione va presentata all'ufficio di presidenza del consiglio comunale, passando attraverso il protocollo, con la sottoscrizione di almeno 10 consiglieri (2/5 di 24, cioè 9,6 arrotondato per eccesso all'unità superiore). L'attuale opposizione consiliare, numeri alla mano, può da sola sottoscrivere e presentare la mozione, anche senza la firma del consigliere Gabriele Pellegrino che pur dichiarando di rimanere all'opposizione del sindaco Lucio Greco, ha aderito alla nuova “Dc” di Cuffaro che sostiene il primo cittadino ed ha in giunta il suo assessore di riferimento nell’avv. Giuseppe Licata.
La legge prescrive che la mozione dev'essere motivata, ma non aggiunge nulla sulla natura di tali motivazioni. Giurisprudenza consolidata ammette la natura politica oltre che amministrativa delle motivazioni, evitando di sindacare quelle politiche e che possono ridursi anche alla semplice constatazione di una variazione dello assetto di maggioranza rispetto a quello uscito dalle urne, o magari associate ad un cambio assessoriale in giunta su cui il sindaco non ha mai relazionato in aula … e via discorrendo.
Nel momento in cui arriva in presidenza, devono passare prima 10 giorni e può essere trattata entro i 20 giorni successivi. Per cui se la mozione è presentata il primo giorno di un mese qualsiasi, può essere discussa già a partire da giorno 11 e fino a giorno 30 dello stesso mese. Se l'opposizione ha i numeri per presentarla, non ha i numeri per approvarla.
Ci vogliono infatti 15 voti favorevoli (cioè il 60% di 24 consiglieri che equivale a 14,4 arrotondato all’unità superiore). La maggiorana formalmente conta 13 consiglieri. Le minoranze invece 11.