Il Tribunale amministrativo regionale siciliano con sede a Palermo ha bocciato il ricorso presentato da Giuseppe Spata (in qualità di candidato a sindaco), Ennio Di Pietro e Tiziana Pizzardi (in qualità di elettori) che metteva in discussione non solo l'elezione a primo cittadino di Lucio Greco, ma anche l'elezione di 13 consiglieri comunali tra i candidati di quattro liste a sostegno della candidatura di Greco e di cui i ricorrenti chiedevano l'esclusione dalla competizione elettorale.
Di bocciatura vera e propria si è trattato, perché il giudice amministrativo di primo grado ha rigettato alla base il ricorso, facendo venir meno uno dei due pilastri normativi sui quali poggiava l'intero impianto dei ricorrenti, crollato come un castello di carte che non ha tenuto al minimo soffio della magistratura amministrativa.
Il ricorso poggiava sull'assunto che accanto la normativa regionale dovesse essere applicata anche la normativa nazionale, dettata in materia dall'art. 28 Dpr 570/1960, laddove la parte resistente sosteneva che andasse applicata solo la normativa regionale ed il Tar ha dato pienamente ragione a quest'ultima.
Secondo quanto si legge nel dispositivo «l’esclusività della competenza del legislatore regionale in materia elettorale, non consente di ritenere direttamente applicabili le previsioni del mentovato art. 28 Dpr 570/1960 alla fattispecie in esame. Il Tar Catania, con sentenza n. 1234/2015, non appellata, richiamando la pregressa giurisprudenza (cfr. le sentenze del Tar di Catania, Sez. IV, n.656/2009, Sez. IV, n. 1946 /2008, e Sez. I, n. 1357/2006; nonché la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, n. 652/2008), ha puntualizzato come le disposizioni regionali in ordine al contenuto dei moduli sui quali apporre le firme dei sottoscrittori differiscano significativamente dalle corrispondenti norme nazionali.
Secondo il giudice etneo, l’art. 7 legge regionale n. 7/1992, nel testo sostituito dall’art. 1 legge regionale n. 35/1997, al comma 4 prescrive testualmente: “Oltre a quanto previsto dagli articoli 17 e 20 del Testo Unico della legge per l’elezione dei consigli comunali nella Regione siciliana approvato con decreto legislativo del presidente della Regione 20 agosto 1960, n. 3, con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il candidato alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio”.
A sua volta, l’art. 17 del T.U. n. 3/1960, come sostituito dall’art. 27, primo comma, legge regionale n.26/1993, ai commi 2 e 3, così dispone: “I presentatori debbono essere elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni e la loro firma è apposta su un modulo recante il contrassegno della lista nonché il nome, il cognome, la data e il luogo di nascita dei sottoscrittori medesimi … L’attestazione della iscrizione dei presentatori o dei candidati nelle liste elettorali può essere fatta cumulativamente e risultare da un unico atto. Può essere fatta, altresì, cumulativamente in un unico atto l’autenticazione delle firme prescritte dal comma precedente”.
Infine, l’assessorato Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e delle Autonomie Locali nella Pubblicazione n. 3, relativa alle elezioni comunali dell’anno 2008, a pag. 18, ha fornito le seguenti istruzioni: “ … la firma dei presentatori, che devono essere iscritti nelle liste elettorali dei comuni, è apposta su moduli riportanti il contrassegno di lista nonché il nome e cognome, luogo e data di nascita dei sottoscrittori”. In entrambi i casi, con il termine “modulo” si fa riferimento ai fogli intercalari preconfezionati, da collocare dopo la dichiarazione di presentazione delle liste dei candidati e delle collegate candidature alla carica di sindaco, fogli nei quali vanno raccolte le firme dei sottoscrittori.
La vigente normativa regionale pertanto, si differenzia, sul punto, dalla normativa nazionale di cui all’art. 28 del T.U. 16 maggio 1960, n. 570, in quanto non richiede che i “moduli” sui quali vengono apposte le firme dei sottoscrittori, oltre al contrassegno della lista ed al nome, cognome, data e luogo di nascita dei sottoscrittori stessi, contengano anche “il nome, cognome, data e luogo di nascita di tutti i candidati”. In sostanza, in base al combinato disposto delle norme regionali richiamate, nei “moduli” in questione è richiesta unicamente l’apposizione del contrassegno di lista, senza necessità di ulteriori indicazioni».
Va da sé che, venendo meno uno dei due presupposti normativi del ricorso, che risulta così “infondato”, il Collegio giudicante ha ritenuto di «poter prescindere dalle ulteriori e innumerevoli eccezioni in rito sollevate dalle controparti», procedendo alla definizione del giudizio nel merito, «indipendentemente dalla proposizione della querela di falso ex art. 221 c.p.c.», da parte dei ricorrenti, attestandone l’irrilevanza ai fini dell’esame del ricorso.
Chissà se Spata, parlandone con la coalizione, deciderà di ricorrere in appello al Cga anche se l’indirizzo del giudice amministrativo di secondo grado è giusto quello richiamato dal Tar in questa decisione. Vi sono poi l’esposto in procura e la querela di falso, presentati entrambi da Spata e che sposteranno la vicenda su altri piani processuali, rispettivamente quello penale e quello civile, con il primo che dipenderà da cosa valuterà la magistratura inquirente, vale a dire procedere solo in presenza di una notizia di reato (per la quale scatta l’obbligatorietà dell’azione penale).