Sul caso “Rugolo” che ha imperversato in questi ultimi anni sulle cronache dei giornali conquistando anche la ribalta nazionale, lo scorso 5 marzo il Tribunale collegiale di Enna, in primo grado, ha pronunciato una sentenza di condanna per il sacerdote ennese Giuseppe Rugolo, a 4 anni e 6 mesi di reclusione per violenza sessuale aggravata sui minori.
Condanna giusta e indiscutibile al di là di quelli che saranno gli altri gradi di giudizio. Ritengo tuttavia, che a prescindere dalle conclusioni dei giudici, il caso “Rugolo” sin dall'inizio sia stato gonfiato e strumentalizzato oltre misura, assumendo le caratteristiche di un attacco “ideologico e politico” alla Chiesa e in particolare alla Diocesi di Piazza Armerina.
Di conseguenza il principale bersaglio da colpire è stato il vescovo mons. Rosario Gisana, che è divenuto il “capro espiatorio” di questo caso controverso. L'ultimo attacco alla sua persona è avvenuto qualche settimana fa durante l'inaugurazione e benedizione della nuova chiesa di santa Lucia ad Enna.
Infatti, in quell'occasione il gruppo denominato “Io non accetto prediche da chi copre un abuso” è entrato nuovamente in azione per screditare il Pastore della diocesi di cui chiedono da tempo le dimissioni. Ed è per questo che ultimamente molti fedeli disertano le celebrazioni quando la messa è presieduta dal vescovo. Cosa che, ahimè, accade pure a Gela dove sembrava esserci un laicato più maturo. E invece no, l' epidemia dei “pecoroni della domenica” ben indottrinati si espande a macchia d'olio.
Ora, in tutta questa incresciosa vicenda mons. Gisana, a parer mio, ha intrapreso forse talune iniziative che, pur condotte in assoluta buona fede, poi gli si sono ritorte contro. Ritengo ancora che mons. Gisana nella condotta della sua difesa, sincera, spontanea, forse anche ingenua sino a risultare autolesionista (mi riferisco ad alcune intercettazioni), sia stato in alcuni frangenti mal consigliato.
Ma al di là di queste considerazioni personali, opinabilissime , su una cosa mi sento di mettere la mano sul fuoco: sul fatto cioè che don Rosario Gisana è un buon sacerdote e una persona profondamente rispettosa di ogni uomo e donna che soffre. Non certo complice o indulgente verso chi compie scelleratezze e abusi. Io, in virtù del privilegio che, conoscendolo, mi è stato dato, l' ho sempre visto come un uomo di Dio, incappato – suo malgrado – in una brutta storia più grande di lui cui non era preparato, proprio perché il suo sguardo è sempre stato limpido, cristallino, più alto e illuminato rispetto alle miserie umane.
Colpisce dunque l'accanimento mediatico che è stato sistematicamente fatto nei suoi riguardi e che ancora si perpetua strumentalmente, con la determinazione di quei gruppi e movimenti che lo martirizzano e lo vorrebbero sul rogo (ma la Santa Inquisizione non era abolita?) al fine di costringerlo alle dimissioni.
Cosa che don Rosario avrebbe già fatto se non si fosse attenuto a indicazioni probabilmente venute dall'alto che gli imponevano di rimanere. D'altronde, papa Francesco – inflessibile nel combattere gli scandali della Chiesa – ha avuto invece sempre stima e profonda fiducia in mons. Gisana definendolo un uomo giusto.
Il vescovo ha poi un forte senso di responsabilità che lo contraddistingue e lo vede ancora al timone della diocesi, non per suo tornaconto, ma come un capitano che a costo del proprio personale sacrificio non vuole abbandonare la nave che affonda. Sorprende anche in questa faccenda come a fronte delle associazioni e dei movimenti che attaccano il vescovo, nessuna voce si sia levata a favore di don Rosario, neppure – salvo qualche eccezione - da parte dei sacerdoti a lui più vicini.
Diceva Martin Luther King: “Alla fine non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici”. E' anche probabile però che taluni presbiteri siano stati fermati da eventuali manifestazioni di solidarietà proprio da Gisana. E qui mi viene in mente l'episodio evangelico (Gv 18,10) di quando Gesù negli orti degli ulivi venne arrestato dopo il tradimento di Giuda. In quel frangente i suoi discepoli e soprattutto Pietro, armato di spada, avrebbero voluto difenderlo, ma proprio Cristo spense gli ardori dei suoi seguaci, e mite come agnello andò incontro al suo destino di croce.
Ma se la mancata reazione dei sacerdoti prossimi a Gisana può essere giustificata da una condotta volutamente prudente. Non sorprende invece il fatto che i giornalisti, sempre in cerca di scoop, siano stati tutti “coerentemente” schierati contro di lui. Ora io non so quanto tempo mons. Gisana rimarrà ancora nella nostra diocesi (spero a lungo!), ma una cosa è certa, dopo di lui il Vaticano invierà sicuramente come nuovo vescovo una specie di “generale in armi”, con il preciso mandato di rimettere ordine.
E certamente questi metterà ordine innanzitutto fra i membri del clero, alcuni dei quali (non tutti sia chiaro!), a prescindere dal caso Rugolo, poco hanno fatto in questi anni per conferire ai fedeli e ai loro parrocchiani una maggiore aderenza alla Chiesa, preoccupati soprattutto di amministrare i loro interessi piuttosto che curare il popolo di Dio. Ed è anche per questa sfiducia verso i preti che negli ultimi anni abbiamo visto in tutta la diocesi e soprattutto a Gela una crescita esponenziale di evangelici, pentecostali e testimoni di Geova.
Una diaspora dei cattolici, che è stato forse il vero e più grande dolore di mons. Rosario Gisana, che nel suo insediarsi aveva invece subito manifestato il desiderio di ridare slancio e nuovo vigore alla chiesa armerina. Non glielo hanno permesso, ma la sua coerenza di “pastore buono e paziente” non è venuta mai meno.
In quanto alle associazioni che lo combattono come “Italy Church Too”, “Noi siamo Chiesa”, “Cammini di speranza”, “Manifesto 4 ottobre2, “rete l'abuso”. Ed ancora “Ali d'aquila persone cristiane lgbt+”, “cristian lgbt+ Sicilia”, “progetto Cristian 3 lgbt”, ovvero le rappresentanze lesbian, gay, bisexual e trasgender; ecco questo “schieramento” così variegato e trasversale (dentro c'è tutto e il contrario di tutto) ci lascia pensare quanto davvero ideologica sia questa caccia alle streghe, probabilmente dettata anche da una regia, i cui metodi, basati su una sistematica e distruttiva lotta a chi ha altre idee e altri valori, bene ormai li conosciamo.
E il paradosso è che queste associazioni che si battono per una Chiesa pulita e incorrotta, del Vangelo sembrano non conoscere uno degli episodi più significativi, capace di destabilizzare ogni arroganza e supponenza umana, e cioè quando Gesù, nel difendere l' adultera che gli scribi e i farisei vorrebbero delapidare, interrogato sul cosa fare di quella donna dice loro: “Chi tra voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei.” (Gv 8,7). In verità la giustizia non dovrebbe mai essere giustizialismo, e una volta accertate le responsabilità di chi si è macchiato di reati, sarebbe bene poi guardare avanti, voltare pagina e rispettare chi, senza volerlo, suo malgrado, si è trovato in mezzo ad una spiacevole situazione che non ha cercato e non ha voluto.
E in questo senso penso che a Gisana, per l'enorme sofferenza che gli è stata data, e il massacro fisico e psicologico che è stato fatto nei suoi riguardi, qualcuno dovrebbe porgergli delle scuse.