Il comitato “Sos Vittorio Emanuele III” torna sulla problematica della carenza di medici al nosocomio gelese che si traduce in una carenza di servizi.
Senza medici i reparti vengono ridimensionati nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore vengono chiusi o non aprono mai i battenti.
Il comitato rivolge all’attenzione del Sindaco, del Presidente della commissione consiliare sanità, dei consiglieri comunali, dei segretari locali di partito, del deputato regionale e dei senatori della Repubblica, la situazione dell'ospedale Vittorio Emanuele III di Gela e chiede: «c’è un futuro certo per questa struttura?
Sono passati mesi, scadute promesse, ma nulla è cambiato. Sembra che non siano bastati i Sit-in, le manifestazioni, le sottoscrizioni e gli esposti, l’ospedale di Gela vessa ancora nella situazione che abbiamo denunciato: nessun vero potenziamento, nessun nuovo rimpinguamento dell’organico, solo promesse, rinnovate ma mai mantenute, con la silente complicità della politica locale».
Eppure sono stati pubblicati appositi bandi per il presidio gelese, si sono svolte le prove concorsuali ed hanno selezionato i vincitori ma «a distanza di circa due mesi – proseguono i due portavoce Luciana Carfì e Filippo Franzone - le assunzioni non sono state formalizzate e nel frattempo, i medici selezionati scelgono altre sedi. Svelata anche questa ultima bugia».
Non solo, la migrazione passiva, ossia la gente che dalla provincia di Caltanissetta si cura in altri territori, costa all’Asp oltre 60 milioni di euro l’anno e la gran parte di questa migrazione riguarda il comprensorio gelese: «basterebbe investire due anni di tale migrazione passiva su Gela – affermano i due portavoce - per riportare l’ospedale ad erogare i giusti servizi. Invece si preferisce pagare altre Asp, piuttosto che dare un servizio “normale” ai gelesi».
Il comitato non dimentica infine che «durante il periodo Covid, Gela ha subito, a causa della atavica carenza di personale, la perdita di tutti i ricoverati Covid trasferiti a Caltanissetta: sette trasferiti, sette decessi.
Una mortalità del 100%, che in medicina non è mai riscontrabile. Abbiamo pagato e continuiamo a pagare un prezzo troppo alto, con i gelesi costretti a “migrare” in altre strutture ospedaliere, non si può tollerare questo trattamento. I gelesi – concludono Carfì e Franzone - meritano un trattamento alla pari con altre realtà, meritano la giusta assistenza nel loro ospedale».