La disperata protesta del pompiere licenziato

La disperata protesta del pompiere licenziato

Prosegue la protesta di Salvatore Comandatore (nella foto) , ex capobarca motorista della compagnia guardia ai fuochi ed antinquinamento da idrocarburi "Archimede", società a responsabilità limitata che dopo averlo licenziato circa tre anni e mezzo fa, illegittimamente secondo il giudice del lavoro, si rifiuta ancor oggi di reintegrarlo. 

Ciò, nonostante – come sopra anticipato – la sentenza n.154 del 2022 del Tribunale di Gela, pubblicata il 6 giugno dello scorso anno, ha dato ragione all'ex dipendente e non è stata mai impugnata dalla società con sede legale a Siracusa e che da anni opera a Gela. A rilevarlo è il rappresentante legale dell'operaio, avv. Giuseppe Smecca, che aggiunge: «la società non ha provveduto al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, così come espressamente disposto dal Tribunale di Gela, né al reintegro, motivo per il quale il lavoratore ha sporto infatti querela per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento reso dall’autorità giudiziaria». 

La compagnia aretusea nega che le ragioni del licenziamento siano riconducibili al rifiuto del lavoratore di sversare in mare il liquido di sentina contenente circa 2 mila litri di gasolio, perché quell'ordine non sarebbe stato mai impartito e tale circostanza non corrisponderebbe al vero. In una nota diffusa dall'avv. Smecca si legge che invece «tale circostanza risulta semplicemente acclarata e riportata alla pag. 8 della sentenza, per cui lo stesso Tribunale ha preso atto dell’episodio in quanto confermato da alcuni testimoni.

Sempre nella sentenza si evidenzia che il lavoratore si è, altresì, legittimamente rifiutato di dare esecuzione all’ordine di smaltire il liquido di sentina dal vano motore, in mancanza dei dispositivi di protezione individuali e per assenza delle condizioni di sicurezza, considerato che il liquido di sentina doveva essere raccolto con una bacinella per poi riversarlo in comuni bidoni di plastica, operazione che qualche giorno precedente, aveva provocato il malessere di un collega».

La società ha dapprima motivato il mancato reintegro asserendo che il lavoratore non si è presentato sul posto di lavoro, ma «il ritorno al lavoro per siffatta categoria di lavoratori – osserva l'avv. Smecca – passa necessariamente attraverso la Capitaneria di Porto che chiede alla società datrice di lavoro i corsi e gli attestati necessari per l’espletamento dell’attività lavorativa, costi che sono a carico dell’azienda, la quale invece non ha provveduto, inducendo la Capitaneria di Porto, come espressamente la stessa ha dichiarato, ad archiviare la pratica ritenendo che l’azienda non fosse più interessata al lavoratore».

Nelle more di un reintegro che doveva essere immediato ma che tardava e che di fatto non è mai avvenuto, successivamente è arrivata la comunicazione di un nuovo licenziamento: «non più per mancata presentazione sul posto di lavoro, bensì per mancanza dei corsi e dei titoli necessari per la mansione, adendo a tal fine la Commissione di conciliazione presso l’I.t.l. di Caltanissetta.

Ma, in occasione della seduta, il lavoratore ha prodotto gli attestati e i corsi conseguiti a sue spese, con certificazione di validità rilasciata dalla Capitaneria di Porto di Gela, convincendo la tea Commissione a proporre il reintegro». Senonché, la società ha inteso licenziare nuovamente il lavoratore, «senza alcuna valida motivazione – conclude l’avv. Smecca – e senza averlo mai reintegrato, il che costituisce forse un primato italiano di cui non possiamo andare certamente fieri». 

A Salvatore Comandatore mancano tre anni di contributi per la pensione. Non può più provvedere alla famiglia e riceve aiuto dalla Caritas. Da diversi giorni è incatenato innanzi al Palazzo di Giustizia. Il suo, nonostante la protesta continui, a tempo indeterminato, ovvero fino a che si addivenga ad una soluzione, è rimasto un caso umano praticamente isolato.

Le uniche testimonianze di solidarietà in campo sindacale e politico sono arrivate da Orazio Gauci della Filt Cgil e Marco Maniglia, presidente di “Gela prima di tutto”, associazione locale federata a “Nord chiama sud” di Cateno De Luca.