Il Pd rompe gli indugi ed esce dalla giunta con le dimissioni dell'oramai ex assessore all'ambiente, Grazia Robilatte.
Le motivazioni ufficiali le ha più volte anticipate il segretario cittadino Di Cristina, in procinto di essere d'altronde investito del nuovo ruolo di Segretario provinciale del partito, questo week-end. Insomma, nessuna risposta ricevuta dal sindaco sulle richieste avanzate dai dem per il rilancio dell'azione amministrativa e quindi l'uscita dalla giunta con le deleghe, stavolta consegnate nelle mani del sindaco, dalla Robilatte. Ma c'è sicuramente di più.
Innanzitutto, dai piccoli malumori iniziali su alcune nomine e scelte importanti operate dal sindaco, senza coinvolgere gli alleati, lasciati ignari innanzi ai media ed agli stessi cittadini, si è entrati in rotta di collisione con l'allargamento della giunta che ha visto anziché assegnare un secondo assessorato gradito ad una componente storica del partito democratico locale rappresentata in consiglio dal dott. Orlando, vicino all'on. Arancio, destinarlo invece all'ex piddino Giuseppe Licata, già assessore della giunta Messinese sfiduciata, peraltro con delega al decoro urbano, sovente sconfinante con quella all'ambiente detenuta dalla Robilatte. Mai digerito, soprattutto, l'allargamento nell'alleanza, con assessorato in giunta, all'Udc che aveva sostenuto l'avversario Spata.
Dopo aver salvato il salvabile a livello elettorale, evitando quella debacle che in tanti pronosticavano, con la riconferma all'Ars dell'uscente Arancio, in occasione delle elezioni regionali e la partecipazione senza simbolo nella coalizione vincente alle elezioni amministrative, scongiurando il rischio dell'isolamento a sinistra e quindi di rimanere clamorosamente a secco nel civico consesso, per Di Cristina a questo punto si è trattato di lasciare la carica cittadina con una scelta importante: o rinnovare l'esperimento arcobaleno, consolidando la presenza ed il contributo dem nell'alleanza con una serie di richieste ben precise, tra quelle ufficialmente dichiarate e quelle magari indirettamente lasciate intuire, che dovevano essere in tutto o in larga parte soddisfatte; oppure abbandonare il progetto ed uscire fuori dall'alleanza.
Eventualità, quest'ultima che fa contenti i tanti nel Pd apertamente critici nei confronti di una giunta considerata debole, anonima e sospettata di essere suscettibile di un ulteriore allargamento anche ad Italia Viva di Renzi, qualora i due ex Sicilia futura, l'assessore Malluzzo ed il consigliere Giuseppe Morselli, dovessero ufficializzare l'adesione dopo l'estate, sulla base di alcune insistenti voci di corridoio.
Gli effetti del divorzio tra Greco ed il Pd, d’altro canto, non si limiteranno a quelli di un semplice matrimonio finito, che ha anticipato di un anno una crisi che sarebbe comunque intervenuta con l’avvicinarsi delle elezioni regionali che avrebbe creato forte imbarazzo a Pd e Fi, avversarie sul campo di battaglia elettorale, ma alleate in municipio. Innanzitutto cambiano i rapporti di forza con le minoranze. E’ vero, il Pd ha solo due consiglieri, ma toglili alla maggioranza ed aggiungili alle opposizioni ed ecco che il gap tra i due schieramenti si riduce di ben quattro unità. E non è poco dopo il restringimento del consiglio comunale a ventiquattro consiglieri.
Inoltre l’intero progetto perde il significato originario. In primis, l’esperimento arcobaleno non è mai decollato per l’incapacità dei civici di fare un fronte comune, il più numeroso nella maggioranza, anche solo nella forma di un intergruppo consiliare. Un fronte comune, cioè, che avrebbe dovuto continuare a “caratterizzare” la valenza civica della sindacatura di Greco. In secondo luogo, l’esperimento nel laboratorio politico gelese, già messo seriamente in discussione con l’ingresso dell’Udc, sfuma ineluttabilmente con l’abbandono del Pd. Un esperimento politico durato un anno e di cui è rimasto solo quello che fu: un patto elettorale. Oggi, con i civici frastagliati e senza il Pd, l’alleanza assume, con la presenza di due partiti come Fi e Udc, una chiara connotazione di centro-destra, a prescindere da quanto avverrà nei prossimi giorni. E’ una constatazione di fatto e se qualcuno dovesse storcere il naso, ce ne faremo una ragione.
In attesa del verdetto del Cga, il sindaco aveva aperto una serie di interlocuzioni con le forze di maggioranza. Una serie di momenti di confronto, a cui non parteciperà più il Pd, evidentemente, che troveranno la loro naturale sintesi nella riunione di tutta la maggioranza, convocata per il prossimo martedì: «quello sarà il momento finale – aveva fatto sapere il sindaco Lucio Greco - in cui faremo fruttare tutte le informazioni, le indicazioni e gli spunti forniti dalle varie delegazioni in questa fase intermedia. Arriveremo ad una decisione solo quando avremo in mano tutti gli elementi necessari. Quelle in corso sono riunioni dal profondo significato politico, sono momenti di riflessione, di analisi e di ascolto dei singoli problemi della città. Un lavoro preparatorio, propedeutico, che trova la sua utilità – aveva aggiunto il primo cittadino - in prospettiva, nell'incontro conclusivo della prossima settimana».
Con il “no mas” del Pd, le carte sul tavolo vengono nuovamente rimescolate. C’è un posto da occupare in giunta, la ghelas in scadenza ed una serie di posizioni di sottogoverno e incarichi da assegnare. Per Greco è arrivato il momento di esibire le sue doti politiche, dopo l’assaggio di quelle amministrative.