Negli ultimi due anni e mezzo non ha rilasciato interviste, preferendo il silenzio.
Ed in questo lungo lasso di tempo, sono stati altri a parlare, nei corridoi. Ci riferiamo ad uno dei principali esponenti della politica locale almeno degli ultimi venti anni, il dott. Pino Federico (nella foto), nella vita professionale medico di famiglia ed odontoiatra, in quella politica già consigliere comunale, presidente del civico consesso gelese, ultimo presidente della provincia nissena e due volte deputato all’assemblea regionale siciliana. Campione di consensi fino all’ultimo, anche nelle sconfitte alle regionali ed alle politiche nel collegio uninominale. Lo abbiamo convinto ad uscire dall’anonimato, per una piccola chiacchierata.
– Allora, dott. Federico, è vero quanto si vocifera in giro, con i più maliziosi che la dipingono con le sembianze della vecchia volpe, ferita, ma che continua a muoversi dietro le quinte, a tirare le fila, in procinto o già dentro la Lega di Salvini ed in ogni caso lesto a rientrare nell’agone politico, qualora se ne presentasse l’occasione?
«Assolutamente no, questa versione – ci risponde – non corrisponde minimamente al vero. A parte la piccola parentesi delle elezioni comunali della primavera dello scorso anno, in cui mi hanno chiesto una mano d’aiuto per costruire una lista forte ed i numeri lo hanno poi testimoniato, in tutto questo tempo sono tornato a fare il medico ed a godermi la famiglia, a cui avevo sottratto tempo ed energie durante la mia attività politica. Sono tornato a curare i miei affetti ed i miei pazienti, sia quelli della mutua che quelli dell’odontoiatria. Peraltro con molto piacere, dopo averli trascurati non poco».
– Nessuna nostalgia per la politica attiva, quindi?
«A me piace la politica ed un minimo di nostalgia sopravviene a tratti anche perché, non voglio – precisa – giudicare nessuno in particolare, ma non vedo una rappresentanza politica forte in città. Manca la giusta autorevolezza nell’aggredire i problemi, manca una visione futura della città, per il bene di Gela. Questo mi fa venire un po’ di nostalgia e lo ammetto anche un filo di rabbia. Ho accettato le ultime due sconfitte, sempre sul campo, altro che dietro le quinte e, personalmente, vado avanti. Mi dispiace invece per la città, a cui manca una prospettiva per il futuro, a causa dell’incapacità che sta mostrando la politica, perché è inutile nascondersi dietro ad un dito: è alla politica che spetta questo compito, non ai cittadini».
– L’ultima sua esperienza è stata quella di parlamentare regionale: come può ripartire la Sicilia e con essa Gela?
«E’ stato un Musumeci molto impegnato ed attento nella prima fase a far quadrare i conti. Poi questa emergenza del covid-19 non ha aiutato. La Sicilia può ripartire come Gela può ripartire – asserisce – se si sbloccano i lavori per le grandi opere e le infrastrutture. Per Gela, ad esempio, c’è una circonvallazione già finanziata. Invito il M5S e Cancelleri a prodigarsi per sbloccare lo stallo. Già due anni fa era stato detto che il porticciolo sarebbe stato a breve riutilizzabile. Neanche l’escavazione che avevamo concordato, se non ricordo male, nel 2016, è stata fatta. Invito ad adoperarsi l’onorevole di Milena, il deputato Mancuso e l’assessore sempre di Forza Italia, Marco Falcone, che si era preso un impegno in tal senso venendo a Gela.
Ci sono poi le risorse che avevamo messo qualche anno fa sulle dighe, letteralmente abbandonate. Per tutto l’inverno si è sversata acqua delle dighe a mare, per poi magari rischiare di ritrovarsi in estate a non averne per usi irrigui nelle campagne. Sono stato sollecitato per le mie conoscenze ad intervenire per le riparazioni delle condotte idriche nelle campagne, come se a nessun rappresentante politico interessasse questa problematica e nessuno comunque sembra volersene occupare. Eppure l’agricoltura continua ad essere uno dei comparti più importanti, sul piano economico ed occupazionale, della città e del suo comprensorio».
– Il dopo Federico, nella provincia nissena, come in tutte gli altri enti intermedi siciliani, è un commissariamento che sta durando quasi una decade. Il suo parere, in merito?
«In realtà – afferma – bisognava solo ridisegnare le competenze di queste aree vaste, assegnando le opportune risorse. Nessun commissario, che è un burocrate, può arrogarsi la responsabilità politica, che non ha, di prendere determinate decisioni. A pagare dazio sono state le strade, mentre le scuole hanno sostanzialmente tenuto nonostante l’assenza di manutenzione per così tanto tempo.
E se la provincia nissena, a differenza di altre, ha evitato il dissesto è anche il frutto di una solidità garantita dalla precedente gestione politica in cui, d’altro canto, abbiamo impiegato diverse risorse da investire. A quelle già elencate aggiungo il museo del mare che abbiamo fatto finanziare nel 2011. Anche in questa vicenda sono stato sollecitato ad intervenire, nonostante la presenza di quattro deputati. Addirittura si è pensato di prendere soldi delle compensazioni per una soluzione provvisoria sulla nave greca a conferma di quel che sto dicendo, vale a dire una estemporaneità delle azioni che continua a prevalere su una visione programmatica della città, che continua dal canto suo a latitare».
– Qual è la sua opinione sui 33 milioni del Patto per il sud, distratti a Gela e stornati altrove?
«E’ una vergogna. Sono stati scippati 33 milioni a Gela. Non si può giustificare l’ingiustificabile. C’è stato un assalto alla diligenza – inveisce – nei confronti di Gela e quello che temo di più è che ci sia la volontà a proseguire in assenza di argini a difesa della città. Nel momento in cui si bloccano gli iter progettuali, non vengono definiti e mandati in gara, per cui i finanziamenti non partono, cresce la tentazione a dirottare i soldi altrove con la scusa di non perderli. A questo punto mi chiedo e vi chiedo: ma se la Regione necessita di 650 milioni dallo Stato per chiudere il bilancio, dove li prende i 33 milioni che ha promesso di recuperare in caso i progetti coinvolti venissero presentati? Soldi non ce ne sono nelle casse regionali. Non si prende in giro una città».
In questi anni ha cambiato idea sul protocollo Eni del 2014?
«E’ giusto raccontare tutta la storia. Con me alla presidenza della provincia e contemporaneamente Raffaele Lombardo alla presidenza della regione, strappammo all’Eni un protocollo precedente, dove erano stati previsti, ai fini di una conversione eco-industriale del sito, ben 800 milioni di investimenti. Poi ci fu quel protocollo ed ora un altro. Ero contrario perché a differenza del nostro protocollo, in quello del 2014 mancava la risposta ad una semplice domanda: qual era il piano di sviluppo per il futuro? Quali vocazioni sviluppare? L’agricoltura? Il mare? L’archeologia? Il turismo? Altro? Definito il piano, diventava più agevole investire i 32 milioni di compensazioni, perché si erano marcate le direttrici di sviluppo. In realtà, gli investimenti per Gela furono destinati a Livorno e solo a Gela è stata decretata la morte della raffinazione del petrolio senza pensare al dopo. Inoltre – continua – una riconversione non è tale senza bonifiche.
Oggi con un milioncino di intervento si riempiono la bocca, ma l’unico intervento serio di bonifica registrato in questo territorio, da me sollecitato, sono stati i 110 milioni per la discarica Fosfogessi nell’area ex Isaf. Se vogliamo fare turismo, dobbiamo terminare di riqualificare il lungomare, le strade e con esse i servizi, approvare il Pum, il piano delle spiagge. Va riqualificata Manfria, partendo dall’acqua e dalla fogna. Alle parole devono seguire i fatti. Invece, da anni non è così e la città è in forte difficoltà, anche sul piano sanitario. Avevamo portato qualcosa all’ospedale, con nuovi reparti aperti come, la radioterapia, l’Hospice, quello di malattie infettive era aperto, furono costituite due Rsa e due Cta. Si tratta di servizi resi alla città. I passi indietro fatti ultimamente, per contro, sono palesi».
– Insomma, un ritorno alla “politica del fare”, se non abbiamo capito male?
«E’ troppo bello e facile – dichiara - essere ogni giorno sui media o sui social a denunciare, criticare. Ma di fare non se ne parla. Non solo, ma quel po’ che avevamo costruito, lo stanno demolendo. Abbiamo portato decine e decine di milioni di investimenti a Gela e, soprattutto, una lira, poi diventata euro, a Gela non veniva tolta. La verità è che da due anni, osservando la politica dall’esterno nelle vesti di comune cittadino, aspetto di poter applaudire e dire “bravo” – conclude – a chi porterà un risultato in questa città. Almeno uno, perché manco di quello se ne intravede l’ombra, purtroppo».