L'appuntamento del 30 gennaio a Palermo innanzi al Tar Sicilia ha influenzato obtorto collo anche l'azione della minoranza consiliare e che ha, di fatto, ingessato la condotta di un sindaco il quale, con una sensibilità di chi nella vita privata frequenta i tribunali nella veste di avvocato, ha particolarmente subito questa condizione di "provvisorietà e precarietà", tanto da ritenerlo un oltraggio che ha non a caso minato la suscettibilità di un primo cittadino mostratosi decisamente permaloso nei rapporti con le opposizioni.
E se proprio vogliamo dirla tutta, il ricorso che mette in dubbio l'esito elettorale delle consultazioni amministrative della scorsa primavera, è stato visto non solo dal sindaco, ma anche dall'intera maggioranza, come un attacco dal sapore "bellico" sul piano politico, innescando un clima da guerra, benché sotterraneo, che tutti negano ma da cui è scaturito un "muro contro muro" a cui abbiamo sovente assistito nelle vicende interne a Palazzo di Città, puntualmente registrate dalla cronaca politica.
Ma se è vero che un po' tutti oramai in città sono venuti a conoscenza dell'esistenza e della pendenza di tale ricorso, non altrettanto può dirsi circa proponenti, causa, relative argomentazioni ed intenti. Insomma, chi ha ricorso? Perché? E cosa si chiede alla giustizia amministrativa? Altresì, come hanno impostato la difesa il sindaco e le liste di maggioranza coinvolte? In definitiva, quali sono le tesi a confronto? E quali i possibili risvolti? Proveremo di seguito a rispondere a tutti i quesiti.
A proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale (giudice di primo grado nella giustizia amministrativa) sono stati Giuseppe Spata (nella fotoa destra) in proprio e nella qualità di candidato alla carica di sindaco; Ennio Di Pietro e Tiziana Pizzardi nella qualità di elettori. Rappresentati dall’avv. Antonietta Sartorio, hanno presentato ricorso contro il Comune di Gela; il Consiglio Comunale di Gela; l’Ufficio Centrale Elettorale per il turno di ballottaggio; l’Ufficio Centrale Elettorale di Gela per il primo turno di elezione; la Commissione Elettorale Circondariale e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Caltanissetta. Nonché, nei confronti degli attuali cinque assessori nominati dal sindaco in giunta; tutti gli eletti in consiglio comunale nelle liste Una Buona Idea, Uniti Siamo Gelesi, Azzurri per Gela, Un'Altra Gela e Impegno Comune e tutti i delegati e presentatori delle 5 liste appena menzionate; con l'aggiunta dell'altro candidato a sindaco Maurizio Melfa.
Infatti i tre ricorrenti chiedono l'esclusione di 4 delle 5 liste a sostegno del candidato Lucio Greco, poi risultato vincitore al ballottaggio: si tratta di Un'Altra Gela, Una Buona Idea, Uniti Siamo Gelesi ed Azzurri per Gela. Quindi, l'annullamento dei verbali che riportano i risultati elettorali anche di queste 4 liste; l'esclusione del voto automatico al candidato a sostegno Lucio Greco (nella foto a sinistra) (effetto trascinamento delle liste) con detrazione secondo calcolo analitico (pag. 27 del ricorso) di ben 7.732 voti ai 13.432 conseguiti dal candidato a sindaco Lucio Greco;
infine la conseguente correzione dei risultati da cui risulterebbero andare al ballottaggio il candidato Giuseppe Spata ed il candidato Maurizio Melfa, ovvero in subordine l'elezione al primo turno di Giuseppe Spata qualora dal riconteggio anche in alcune sezioni elettorali espressamente indicate nel ricorso (nn. 13, 20, 22, 26, 28, 35, 39, 41, 50, 61 e 62, nella parte relativa allo scrutinio dei voti ai candidati a sindaco), lo stesso Spata risultasse aver ottenuto oltre il 40% dei voti validi, con assegnazione del premio di maggioranza di 15 seggi (ma recentemente il Tar ha rigettato il ricorso della candidata Sara Cavallo confermando la tesi che i seggi del premio di maggioranza sono 16, ndr) alla sua coalizione. Ecco perché il candidato Melfa è coinvolto nel ricorso ma non anche il candidato del Movimento 5 Stelle, Simone Morgana, in quanto la posizione di quest'ultimo a fini della corsa a sindaco rimane intatta vedendosi comunque, anche nel riconteggio, escluso dall'eventuale ballottaggio.
La tesi dei ricorrenti è che le 4 liste sopra menzionate siano state illegittimamente ammesse alla competizione elettorale, giacché «in palese violazione - secondo quanto si legge nel ricorso - della normativa di settore, di cui al combinato disposto dell’art. 17 del D.Lgs. P.Reg. 20.08.1960 n. 3 di approvazione del T.U. elezioni dei consigli comunali della Regione siciliana (secondo cui “4. Ciascun elettore non può sottoscrivere più di una dichiarazione di presentazione di lista. 5. Di tutti i candidati deve essere indicato cognome, nome, data e luogo di nascita”) e dell’art. 28 del Dpr n. 570/1960, a mente del quale “I sottoscrittori debbono essere elettori iscritti nelle liste del Comune e la loro firma deve essere apposta su appositi moduli recanti il contrassegno della lista, il nome, cognome, data e luogo di nascita di tutti i candidati, nonché il nome, cognome, data e luogo di nascita dei sottoscrittori stessi; .....")».
Secondo i ricorrenti, in parole semplici e senza farci affascinare da tecnicismi di sorta, nel momento in cui un cittadino decide di sottoscrivere la presentazione di una lista, è indotto a conoscere i candidati della stessa, o perché l'elenco degli stessi è riportato in ogni foglio successivo al primo, o perché pur non essendo incluso nei fogli successivi al primo in cui è invece incluso, tale elenco dev'essere però obbligatoriamente mostrato ad ogni sottoscrittore. Ebbene, sulla base delle "evidenze" di alcuni articoli di giornale o servizi televisivi, in aggiunta ad alcune dichiarazioni e testimonianze di cittadini sottoscrittori, tutti allegate/i al ricorso, tenendo conto anche del numero progressivo che i fogli del modulo devono contenere, l'elenco dei candidati durante la raccolta delle firme risultava vuoto (lista dei candidati vacante), per cui la normativa nella raccolta delle firme delle 4 liste "incriminate" non sarebbe stata rispettata.
La tesi della controparte difesa dagli avv. Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia e rappresentata dal sindaco Lucio Greco, tutti i consiglieri comunali eletti nelle 4 liste di cui i ricorrenti chiedono l'esclusione e decadenza, nonché i cinque assessori designati nell'attuale giunta, è che tutto il Dpr 570/1960, anche nella formulazione letterale dell'art. 28 richiamato nel combinato disposto su cui poggia la tesi dell'accusa, non sarebbe stato violato, semplicemente perché tale normativa nazionale risulta inapplicabile in Sicilia.
Farebbe fede, pertanto, solo il richiamato art. 17 del T.U. n. 3/1960 approvato con Dprs, in cui non è specificato che tutti i fogli del "Modulo 41 – Sb" devono contenere l'elenco dei candidati, ma è sufficiente che in tali fogli ci sia apposto il simbolo della lista. «Ed allora, appare evidente – secondo quanto si legge nella memoria difensiva - l’erroneità dell’assunto secondo cui le modalità di presentazione delle liste sarebbero avvenute in violazione dell’’art. 28 del Dpr n. 570/1960, trattandosi di disposizione inapplicabile in Sicilia ove, invece, è, come detto, applicabile il summenzionato art. 17 del T.U. n. 3/1960. Dunque, anche ove, per mera ipotesi, dovesse aderirsi alla tesi dei ricorrenti, secondo cui i vari fogli recanti le sottoscrizioni non sarebbero stati sin dall’inizio congiunti con il modello recante il nominativo dei candidati, ciò non inciderebbe sulla legittimità dei provvedimenti di ammissione delle liste contestate in quanto 25 tutti i fogli recanti contengono il contrassegno di lista e, pertanto, presentano l’unico requisito prescritto dalla normativa regionale».
Inoltre secondo la difesa, la natura dei voti attribuiti alle liste eventualmente escluse è quella di "voti incerti" e non nulli. Il che renderebbe infondata la tesi di una loro “sterilizzazione”. Ad esempio, se esiste il cosiddetto effetto trascinamento delle liste, esiste anche il voto disgiunto: quindi se l'accusa ritiene di dover detrarre 7.732 voti di lista automaticamente assegnati al candidato a sindaco, dovrebbe dedurre anche la detrazione dei restanti voti disgiunti agli altri candidati, rendendo il calcolo operato, palesemente erroneo. Infine il materiale documentale, fotografico e video allegato al ricorso, non avrebbe secondo la difesa alcun valore probatorio e quindi risulta inammissibile.
Ovviamente, tanto l'accusa quanto la difesa riportano diversi giudizi amministrativi a sostegno delle rispettive tesi. Per il Tar non si presenta un compito facile. E gli esiti sono davvero incerti, aprendosi un ventaglio di possibilità aperte. L'accoglimento della tesi dell'accusa potrebbe portare ad un ballottaggio tra Spata e Melfa o addirittura all'elezione di Spada con premio di maggioranza (16 seggi non 15) alla sua coalizione. Il rigetto lascerebbe tutto com'è. E se il Tar accogliesse solo in parte i motivi addotti dall'accusa ed escludesse tre (salvando Un’Altra Gela) o tutte e quattro le liste, senza sterilizzare i 7732 voti, assegnandoli comunque a Greco?
Ci potremmo ritrovare ad un sindaco riconfermato ma con soli due (quelli di Impegno Comune) o al massimo 7 (i cinque di Un'Altra Gela) consiglieri a sostegno. Altra ipotesi potrebbe essere quella della ripetizione delle elezioni, anche se i ricorrenti chiedono la solo la correzione? E se fosse così, secondo quale modalità? Con gli stessi candidati a sindaco e gli stessi candidati nelle liste? Con gli stessi candidati a sindaco e solo i candidati nelle liste ammesse? Resettare tutto e ripetere le elezioni ex novo? E sono solo alcune degli esiti possibili che ci vengono in mente. Al Tar, dunque, l'ardua sentenza.