Gela e le opere dimenticate

Gela e le opere dimenticate

Non si proferisce un’eresia nell’asserire che la città di Gela e la progettualità hanno fatto a pugni per decenni e che, purtroppo, continuano a farlo.

A pagare dazio è una comunità dapprima illusa con opere persino faraoniche, poi puntualmente affossate, abbandonate, dimenticate. Ma non prima di essere riprese dalla politica in prossimità di campagne elettorali, per poi essere riposte negli scaffali da una compiacente burocrazia rimata fedele all’immagine dell’ottocentesca amministrazione pubblica a cui si costringe ancora il sud.

L’opera a cui spetta il primato per ragioni cronologiche è certamente il progetto “Una via tre piazze” che risale ad oltre trent’anni fa. Un iter, dopo l’inizio dei primi lavori, ripetutamente bloccato, poi ripreso, di nuovo bloccato. Il progetto originario è stato rivisto, con più stralci, dimenticato, riportato in auge, poi ancora rimesso nel cassetto e forse destinato stavolta a sprofondare davvero nell’oblio.

L’idea fu formulata quando ancora il primo cittadino veniva eletto dai partiti in consiglio comunale. Eravamo nel 1993. Un anno dopo, il compianto Franco Gallo fu il primo sindaco di Gela eletto direttamente dai cittadini. Fu indetto un concorso nazionale a cui parteciparono 153 architetti. Ad imporsi fu l’architetto corleonese Roberto Collovà. Un progetto che per ammissione del suo ideatore si sarebbe potuto realizzare in meno di due anni e che invece si è impantanato nella palude dell’inconcludenza politica e burocratica.

Una radicale revisione del progetto originario avvenne nel 2008 con lo steso Collovà richiamato dall’allora sindaco Rosario Crocetta, appena rieletto primo cittadino e da lì a poco dimessosi dalla carica per approdare all’europarlamento. Il progetto venne seppellito. A riesumarlo è ancora Crocetta, nel 2017, da presidente della Regione siciliana, includendolo nel “Patto per il sud”. Il suo successore a Palazzo d’Orleans, Nello Musumeci, dapprima lo definanzia (8 milioni) e poco dopo, nel 2021, lo ricolloca con delibera di giunta tra quelli finanziabili attraverso il Fsc (Fondo sviluppo e coesione) 2021-2027.

A quel punto per il decreto di finanziamento occorreva superare la verifica. Fu individuato uno studio di architettura agrigentino, al fine di superare positivamente questa fase ed indurre la Regione a dare il via libera per decreto al finanziamento, attraverso le solite anticipazioni iniziali, con le quali disporre la gara, aggiudicata la quale sarebbero potuti partire i lavori. Invece ritorna in moto il vortice burocratico dei lacci, delle autorizzazioni che spuntano a sorpresa e quant’altro.

 Nel 2022 si scopre che il decreto di finanziamento non c’è perché manca apposita delibera del Cipe. L’anno successivo si attende ancora che il Cipe, nel frattempo diventato Cipess (comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) finanzi definitivamente la programmazione Fsc 2021-2027 in cui il progetto è incluso. Passa un altro anno ed arriviamo al “congelamento”: la Regione dirotta gran parte delle somme Fsc 2021-2027 al “Ponte sullo Stretto” ed altre priorità e non coprirà pertanto il progetto “una via e tre piazze”, che però non viene definanziato. Operazione affossamento compiuta.

Nel frastagliato iter, non sono mancate le veementi reazioni contrarie dell’opinione pubblica e della società civile. A protestare contro soluzioni progettuali e conduzione dei lavori furono residenti, esercenti, associazioni, club services. Nacque un comitato spontaneo. Alcune obiezioni rilevate furono accolte, molte altre no. In tutto questo due delle tre piazze sono state grossomodo riqualificate, sebbene con diverse e sostanziali rivisitazioni rispetto al progetto originario. Si tratta di Piazza Roma e Piazza Salandra. Ma forti furono le polemiche per l’adiacente piazzetta nel vico Santa Lucia. 

L’errore col tempo rivelatosi macroscopico fu quello di non iniziare i lavori partendo dal blocco centrale, il cuore del centro storico, che comprende quello che dovrebbe essere il salotto cittadino, cioè Piazza Umberto I, nonché le adiacenti piazzette San Francesco (antistante Palazzo di Città) e Piazza dei Martiri (4 canti). Non si comprende soprattutto perché procedere con le due piazze estreme, una dopo l’altra, senza passare nel mezzo. Un po’ come l’aver iniziato da Siracusa i lavori dell’autostrada, per poi ripartire da Gela e ricongiungere le due estremità a Ragusa. Invece dopo mezzo secolo, l’Autostrada è in procinto di approdare a Comiso, dove c’è l’aeroporto e chissà quando dovrà passare ancora per i lotti finali che concludono a Gela.

Da un estremo all’altro. A fronte di un progetto a dir poco “datato” come una via tre piazze, quello relativo al nuovo stadio in contrada marchitello è molto più giovane. Anzi si può considerare un progetto rimasto da subito lettera morta, perché non è andato oltre la condizione minima per la sua “cantierabilità”, cioè l’esecutività del progetto. Eppure fu incluso tra i 15 progetti relativi a Gela nel Patto per il sud firmato dall’allora Presidente di Regione, Rosario Crocetta, con un investimento totale di 15.560.000 euro.

Per renderlo esecutivo e cantierabile, si diffuse la notizia di un incarico ad un ingegnere di Ramacca e di un compenso di circa quarantamila euro. Ma non se ne seppe più nulla. Sicché la mancanza di un progetto esecutivo fece scattare il definanziamento accanto altri cinque progetti tutti inclusi nel Patto per il Sud: il già citato Una via tre piazze, l’Orto Pasqualello, l’area verde attrezzata per cani con percorso di agility nel quartiere di Macchitella; la riqualificazione urbana della stessa Macchitella e l’asilo in Via Albinoni. Il blitz della Regione venne definito “scippo” ai danni di Gela, l’amministrazione comunale targata Greco fece ricorso, ma il parere del Cga diede ragione a Musumeci.

Nelle more da Palazzo di città filtrava la notizia secondo cui il sindaco Greco, di concerto con l’assessore Liardi, stavano vagliando l’ipotesi di collaborazione con la società “Sport e Salute”, ente satellite del Coni. C’è persino una delibera di giunta che autorizza il primo cittadino ad interfacciarsi con questa società del Coni, allo scopo di giungere all’agognata progettazione esecutiva, che aprirebbe l’ipotesi di cantierabilità. Ma anche su ciò e, del resto, sull’intero progetto è piombato il silenzio assoluto.

Secondo l’ipotesi di massima, con tutta evidenza troppo ambiziosa per questa città, si tratterebbe di un impianto moderno, con una capienza di 12 mila spettatori, nonché annessi spazi commerciali, zona ristoro e palestra. Un tale progetto, cestinato di fatto ed abbandonato al suo destino, cioè l’essere ricoperto di polvere, è un grande opportunità persa per la città.

La sua realizzazione significherebbe lavoro ed occupazione per la sua costruzione, ma anche con l’entrata a regime delle strutture accessorie. Significherebbe più servizi, rivitalizzare oltre a riqualificare un’intera area. Significherebbe dotare Gela, finalmente, di uno stadio di calcio degno di questo nome, mentre si continua a chiamare stadio il “Presti” anche e nonostante un’intera copertura sia stata divelta per non procedere a correzioni che erano ben note ed individuate.

Insomma per un problema ad una parte della tettoia, si è deciso di toglierla tutta. E’ come se arrivi al pronto soccorso a seguito di un bruttissimo incidente al piede ed il medico anziché capire se e cosa recuperare della base dell’arto inferiore, optasse per l’amputazione dell’intera gamba. A pensarci bene, un follia.