Quello di Gela è un territorio che ha pagato dazio dal punto di vista ambientale per l’intensa attività industriale inaugurata oltre 60 anni fa.
Il complesso processo di risanamento procede molto a rilento ed i ritardi sono pesanti. Ogni tanto giunge notizia di qualche timido passo in avanti. Ma nulla di più.
E’ notizia di questi giorni l’individuazione e la nomina di un funzionario, da parte del dipartimento incardinato nell'assessorato regionale all'ambiente, a responsabile unico del progetto e del procedimento riguardanti le attività di risanamento (sia come messa in sicurezza d’emergenza, messa in sicurezza permanente, con confinamento o bonifica e ripristino ambientale) previste per l’area protetta del “Biviere”, in quanto area ricompresa tra i siti orfani siciliani di cui all’elenco aggiornato con decreto ministeriale pubblicato in gazzetta ufficiale nel mese di giugno.
Per sito orfano si intende quel sito potenzialmente contaminato in cui non è stato avviato o si è concluso il procedimento per il quale il responsabile dell’inquinamento non è individuabile o impossibilitato a provvedere agli adempimenti previsti e non provvede il proprietario del sito né altro soggetto interessato; ovvero un sito rispetto al quale i soggetti che hanno attivato le procedure non concludono le attività e gli interventi.
Il finanziamento a disposizione del “Biviere” ammonta a 25 milioni di euro, nell’ambito dei 500 milioni messi a disposizione dal Pnrr (misura M2C4, investimento 3.4), che prevede, in particolare, l’adozione di un Piano d’azione che oltre ad individuare i siti orfani, identifichi gli interventi specifici da intraprendere nonché la riqualificazione di almeno il 70 % della superficie del suolo entro il primo trimestre del 2026.
La zona protetta del Biviere rientra com’è noto nel Sin “Gela”, sito di interesse nazionale interamente ricadente nel territorio del comune di Gela. Vi rientrano pure, le due discariche di abbancamento in cui sono stati depositati rifiuti speciali, in passato gestiti dalla ditta Cipolla. Anche per questi due siti, la Regione siciliana si è comunque mossa, pur senza compiere grandi sforzi, durante l’anno.
Nel primi mesi è stato infatti affidato un incarico ad un’impresa per caratterizzare i terreni della discarica più grande delle due e che insiste in contrada Piana del Signore. Questa estate nella discarica più piccola sita in contrada Marabusca, dopo la prima campagna di analisi per stabilire la concentrazione di elementi inquinanti nei terreni, la Regione ha disposto di recente una integrazione alle indagini.
In un primo tempo, il soggetto attuatore degli interventi su queste due dicariche, con il compito dunque di fare anche da stazione appaltante, era stato individuato nel Comune di Gela che però ha deciso di rinunciare all’incarico, a prescindere dalla successiva dichiarazione di dissesto dell’ente.
La ditta Cipolla è fallita, il signor Gaetano Cipolla è deceduto 20 anni fa e nel 2015 il curatore fallimentare ha comunicato che la ditta fallita non disponeva di adeguate risorse finanziarie per sostenere gli interventi previsti. Peraltro, nel 2020 gli eredi del signor Cipolla hanno rinunciato all’eredità e dopo la rinuncia anche del comune di Gela, il soggetto attuatore è diventata la Regione.
Vale la pena di ricordare che Gela e Sito di interesse nazionale dal 2000. Tutte le attività inerenti il sito multisocietario, ex stabilimento, sono curate da Eni Rewind. Le origini del sito di Gela risalgono al 1960 quando, in seguito alla scoperta del petrolio nel sottosuolo gelese, fu costruito lo stabilimento petrolchimico.
Tra il 1967 e il 1968 l’Isaf, partecipata dall’Ente Minerario Siciliano (48%) con Anic (26%) e Montedison (26%), ha avviato gli impianti dei concimi complessi, dell’acido solforico, dell’acido fosforico e dell’acrilonitrile. Negli anni ‘70 si aggiunsero gli asset del cracking, del polietilene ad alta densità e del ciclo cloro e derivati. Nei primi anni ’90 lo scenario cambiò radicalmente.
Molte attività produttive cessarono e, in seguito al fallimento dell’operazione Enimont, le quote azionarie dell’Isaf, di Montedison e Anic confluiscono in Enichem (dal 2003 Syndial, oggi Eni Rewind) che arriva a detenere il 52% del capitale sociale, diventando azionista di maggioranza e che ha avviato nel 1999 l’attività di risanamento delle aree ricandenti nell’ex petrolchimico, operando anche per conto di Versalis, EniMed e Bioraffineria di Gela.
Eni Rewind è proprietaria e titolare degli oneri di bonifica delle aree ex Anic e gestisce le attività ambientali dell’Isaf distribuite tra l’isola 9 (3 ettari) e l’ex discarica fosfogessi Isaf (52 ettari). Il programma, avviato con la messa in messa in sicurezza d’emergenza, prevede la bonifica e il monitoraggio della falda, la bonifica dei suoli e la demolizione di impianti, capannoni ed edifici.
Secondo quanto si legge nel sito web societario «gli interventi autorizzati, alcuni dei quali già conclusi, hanno previsto la messa in sicurezza d’emergenza e permanente, la bonifica dei suoli e della falda e la demolizione di impianti, capannoni ed edifici, comprese le opere di smantellamento contemplate dal Protocollo di Intesa sottoscritto nel 2019. Per quanto riguarda i suoli, dal 2018 sono in corso gli interventi ambientali nelle isole 2, 6, 9 e 17. Tra il 2021 e il 2022 la società ha completato la messa in sicurezza permanente di isola 1.
Per le aree Isaf, è stata realizzata la messa in sicurezza dell’ex discarica fosfogessi e proseguono le attività di svuotamento e smantellamento dell’ex impianto acido fosforico, del decantatore e del parco serbatoi presso Isola 9, uno dei cantieri di bonifica più complessi del sito, iniziato nel 2016.
Nel sito multisocietario Eni Rewind gestisce la bonifica e della falda, anche per conto delle società coinsediate, attraverso l’emungimento e trattamento delle acque oltre all’applicazione di un mix di tecnologie innovative, adattate alla complessità del sito, come il dispositivo e-hyrec e i pozzi a ricircolo. Dal 2014 è attivo il Protocollo di monitoraggio dell’efficienza idraulica e dell’efficacia idrochimica, approvato dagli enti.
Sul fronte del decommissioning, Eni Rewind ha terminato la demolizione dell’impianto Acrilonitrile (isola 17) e ha avviato il cantiere per quelle dei capannoni e degli edifici presenti in isola 6, detta ex Agricoltura. A Gela Eni Rewind sta mettendo in campo tecnologie innovative, nate e sviluppate nei laboratori di ricerca Eni, per ottimizzare la bonifica dei suoli e della falda.
La società ha eseguito la sperimentazione dei campionatori passivi sui suoli di isola 9, una metodologia di monitoraggio che ha permesso di valutare la “lisciviazione dei contaminanti dal suolo alle acque sotterranee e la loro volatilizzazione dal suolo alle superfici”. Sono inoltre attivi i dispositivi e-hyrec, per rimuovere selettivamente dalla falda il solo prodotto idrocarburico, evitando di estrarre preziosa risorsa idrica».
Allo stato dell’arte, per quel che ci è dato sapere, i lavori di bonifica e messa in sicurezza permanente ultimati riguardano solo il 18% delle aree complessive di 40 ettari. C’è un ulteriore 25% in cui le bonifiche sono in corso.
Un buon 45% non è interessato da interventi di bonifica, ma solo sulla come prevede un accordo approvato nel 2021 da tutti gli enti interessati. Per il 12% residuale, si è ancora nella fase istruttoria. Gli interventi, che nel complesso riguardano la bonifica della falda, dei suoli e una serie di demolizioni dei vecchi impianti della raffineria, fanno parte del più ampio programma degli impegni assunti con i protocolli d’intesa del 2014 e del 2019.