Il Museo del Mare è ancora un fantasma a 36 anni dalla scoperta della nave greca

Il Museo del Mare è ancora un fantasma a 36 anni dalla scoperta della nave greca

“Agrigento 2025, capitale italiana della cultura” è praticamene alle porte ed il Museo del mare a Bosco Littorio destinato ad ospitare la triremi greca rimane una fantasma a distanza di 36 anni dalla scoperta della nave nei fondali marini presso Bulala.

Non fai trovare pronti sarebbe l’ennesimo schiaffo ad una città, nel frattempo retrocessa al settimo posto nell’isola, che potrebbe invece poggiare parte della sua economia su un turismo culturale che si affiancherebbe a quello balneare, con la differenza di non limitarsi ai soli mesi estivi.

I reperti della nave sono custoditi in casse lignee nel Museo cittadino, a sua volta chiuso per interminabili lavori in corso, mentre le Mura Timoleontee non vengono minimamente attenzionate laddove richiedono di essere curate. Gela ha un patrimonio archeologico che ha poco da invidiare ad altri siti, ben più rinomati, nel mondo. Ma è tutto, inspiegabilmente, lasciato all’abbandono. Rientrare nel circuito turistico di Agrigento 2025 dovrebbe essere un interesse “pubblico”, ancorché privato. Ma l’inerzia degli enti preposti, purtroppo, sembra voler dire proprio il contrario.

Sulla vicenda eravamo rimasti a quanta dichiarato dal giovane assessore regionale al ramo, Francesco Scarpinato: «il museo - assicurava Scarpinato - è costituito da un grande salone espositivo, sala ristoro, uffici, biblioteca, sale multimediali e risulta sostanzialmente completo in ogni sua parte, compresi gli arredi e l'illuminazione. L'unica parte in fase di completamento è l'area esterna. Conclusi e collaudati anche i lavori edili. Non appena l'impresa esecutrice consegnerà l'immobile alla Soprintendenza, potremo avviare la delicatissima fase di ricomposizione del relitto». 

Da quel momento è calato un silenzio assordante attorno ad un immobilismo riconducibile al furto dei cavi elettrici di rame avvenuto presso il cantiere, con la ditta che si è rifiutata di porre rimedio di tasca propria, senza garanzia di ristoro da parte della Regione. A luglio di quest’anno il sindaco Terenziano Di Stefano e la sua vice, nonché assessore alla cultura, Viviana Altamore, hanno incontrato a Palermo l’assessore Scarpinato che ha garantito che la somma destinata a redimere la querelle sarebbe stata recuperata con le variazioni di bilancio verso la fine dell’anno. In effetti, in questi giorni è giunta la notizia di uno stanziamento regionale di 74 mila euro per risolvere il problema e riprendere l’iter. 

Dalla regione hanno più volte dichiarato che il Museo del mare di Gela è destinato a rientrare nel circuito dei musei della navigazione greca che ospitano le navi di Marsala, Palermo e Lipari. Ma soprattutto, l’assessorato regionale si è impegnato ad aprire la struttura entro i primi mesi dell’anno venturo, così da rientrare nel circuito di eventi legati ad Agrigento 2025. Intanto, così come promesso, il parco archeologico di Gela ha avuto il suo stand espositivo, accanto gli 13 parchi archeologici dell’isola, nella tre giorni agrigentina di fine mese scorso, dedicata ai tesori dell’isola. 

E’ chiaro che l’esperienza passata induce quantomeno alla cautela, se non ad un deciso scetticismo. Ma se davvero il Museo del mare fosse aperto ai turisti già nei primi mesi del 2025, per Gela si presenterebbe un’occasione ghiottissima. Assolutamente da non perdere. I reperti della nave sono stati esposti in occasione della mostra “Ulisse. L'arte e il Mito”, allestita presso il Museo San Domenico di Forlì e successivamente, due anni fa, presso un padiglione sito nel Bosco Littorio. Sebbene i numeri del flusso turistico non furono da capogiro, in quella piccola parentesi tutti gli esercenti del lungomare ne beneficiarono, a dimostrazione delle grandi potenzialità di una struttura museale definitiva e permanente.

La nave greca ha tutte le caratteristiche per cucirgli addosso l’abito del “mito”. E questo dev’essere l’obiettivo di tutta la città con istituzioni politiche e società civile a braccetto. Tutte le componenti del tessuto cittadino devono contribuire ad alimentare questa calamita attrattiva, iniziando col raccontarcelo a noi stessi e autoconvincerci che le altre due navi ancora non recuperate ed i tanti tesori custoditi nei fondali marini fanno della Gela dorica, ben più che un emporio commerciale di grande rilievo, ossia una vera e propria capitale del commercio marittimo della Magna Grecia. E questa nave ne è il simbolo. 

Potremmo asserire, con una provocazione, che se nelle highlands scozzesi hanno creduto così tanto alla leggenda di Nessie, meglio conosciuto come il mostro di Loch Ness, fino ad attirare un milione di visitatori l’anno presso l’oramai celeberrimo ed immenso lago d’acqua dolce, possiamo crederci anche noi e raccontarlo a tutto il mondo. Ma si pensi, per fare un esempio a noi più vicino, alla scoperta dei Bronzi di Riace ed a tutte le scolaresche siciliane, oltre ai turisti occasionali, che visitarono lo sconosciuto Museo di Messina organizzando gite apposite nel periodo in cui ospitò i due bronzi. A conferma che il turismo culturale è buono per tutte le stagioni, 365 giorni l’anno. 

Soprattutto, la nave greca ha un valore storico di enorme portata. Affondata 26 secoli fa, il suo ritrovamento è avvenuto alla fine del 1988 ad opera di due sub, Gino Morteo di Gela e Giovanni Occhipinti di Ragusa. Nel corso degli anni ben 15 campagne di scavo subacqueo hanno portato alla luce una notevole quantità di ulteriori reperti archeologici, veri e propri tesori. Il legno, con tutta evidenza ha subito nei secoli l'azione erosiva del mare, presentando alcuni segni di fragilità nella struttura. Dopo i due recuperi, i pezzi del relitto sono andati per il loro restauro a Porthsmouth in Inghilterra.

Ma come ci racconta il prof. Nuccio Mulè, attraverso la sezione dedicata alle navi greche all’interno del sito “gelabeniculturali.it”, la notizia fu tenuta nascosta per diversi mesi dalla Soprintendenza di Agrigento. La notizia del ritrovamento del relitto della nave greca di Gela, in realtà «fu data all’Archeoclub locale da un anonimo – svela Mulè, allora presidente dell’associazione – quasi sei mesi dopo la scoperta».

Accertata la veridicità della “soffiata” e, soprattutto, intuita l’importanza di una scoperta che non poteva essere sottaciuta, Mulè concordò con il dirigente Panvini della Soprintendenza agrigentina (pena la divulgazione comunque della notizia) il comunicato stampa che divenne oggetto di un «articolo comparso in prima pagina su “La Sicilia”, il 25 aprile 1989, a firma di Antonio Asaro». Lo stesso comunicato fu poi inviato dal prof. Mulè «al Corriere della sera, Archeomedia e L'espresso». Da subito fu lanciata l’idea di un Museo del mare presso Bosco Littorio che ospitasse la nave. 

L’importanza, il valore storico e l’eccezionale interesse del relitto è rintracciabile, infine, anche nelle tecniche di costruzione. Si tratta di «una nave da trasporto – si legge nella pagina dedicata del sito internet sopra citato - a propulsione mista (remi e vela), costruita con la tecnica a guscio ovvero col fasciame inserito sulla chiglia e con l’ossatura di rinforzo inserita nello scafo.

Ma la caratteristica più importante di questo antico reperto, finora unico esempio al mondo di relitto di nave greca del VI secolo a.C., sta proprio nel rapporto di contiguità tra le tavole del fasciame; infatti, esse, oltre ad essere collegate col già conosciuto antico sistema del tenone con la mortasa (rispettivamente una sporgenza ed un incavo), presentano anche un sistema di cucitura realizzato con corde vegetali. 

Evidentemente, il sistema a fasciame cucito, che si conosce soprattutto dal Medioevo e in particolare dalle navi vichinghe, è molto più antico, anzi anteriore a quello a noi noto. Questo dato, in aggiunta agli altri, farà sì che la nave, domani, possa fornire una chiave di lettura dei primi passi della civiltà nel mare nostrum, una fonte comunque originale di notizie relative ad epoche che vanno oltre gli anni documentati dalla storia. Altra caratteristica del relitto è la presenza di una scassa per l'albero maestro lunga 6 metri e larga 50 cm.

Se si pensa che fino ad oggi in tutto il mondo è stato recuperato un solo consistente relitto di nave greca lungo 12 metri, quello di Kyrinia del IV secolo a.C. (recupero realizzato nel 1971 al largo dell'isola di Cipro e diretto dal prof. Michael Katzev dell'Università di Pennsylvania), il nostro, a confronto, assume senza dubbio un'importanza maggior non solo per la datazione, che come già riferito e più antica di due secoli, ma anche per la lunghezza stessa, che già si attesta intorno ai 18 metri (larghezza circa 7 metri), e per alcuni particolari costruttivi navali di cui fino ad ora si sapeva poco».