Se dovessimo raccontare la storia della portualità gelese alle generazioni del terzo millennio e sostanzialmente ai nati dal 2000 in poi, dovremmo iniziare con il classico incipit "C'era un tempo ...".
Sì, c'era un tempo, ad esempio, in cui l'Agip, in compensazione all'insediamento di uno stabilimento petrolchimico, metteva a diposizione della città ben 30 miliardi di lire per fare del porticciolo un vero porto per pesca e nautica da diporto. Ma dai cassetti delle amministrazioni coinvolte, nessun progetto è uscito fuori e di quel potenziale finanziamento, non se ne seppe più nulla.
C'era un tempo, altresì, in cui la famiglia Catania costruiva un capannone per la pesca e la famiglia Marrale un cantiere navale. Strutture mai entrate davvero a pieno regime e che oggi li ritrovi lì, in quel porticciolo insabbiato, a testimoniare una storia che poteva essere ben diversa, fungendo da reperti di una archeologia portuale.
E c'era un tempo, roba da non crederci, in cui da quel porticciolo partiva financo un catamarano per Malta. Durò solo pochi mesi, a causa giustappunto dell'insabbiamento del fondale. Tanti soldi furono spesi per dragarlo, ma bastò solo il volgere di alcuni mesi ed il fondale tornò ad essere insabbiato, convincendo l'armatore del catamarano a lasciar perdere. Strutture e servizi a perdere. Una triste vezzo in questa martoriata città.
Ci limitiamo a soli tre esempi. Ci sarebbe pure dell'altro – tanto altro – da raccontare e se aggiungessimo tutte le promesse e gli slogan elettorali spesi su questo argomento, l'elenco si allungherebbe a dismisura. Romanzi? Fiabe? Leggende? No, verità storiche, insabbiate come il fondale del porto rifugio. Insabbiamenti, non l’umidità, che ne hanno fatto il “porto delle nebbie”.
Quella del porticciolo, invero, è una storia che si trascina ai nostri giorni, in maniera a dir poco allucinante. Altrove, già con i milioni delle compensazioni petrolifere risalenti al protocollo 2014, milioni di euro non pubblici, il fondale sarebbe libero con tanto di nuovo pennello ad ostruire ed evitare l'ennesimo insabbiamento. A Gela no. Non è possibile. Nemmeno con i soldi dei gelesi.
Il Comitato del Porto del Golfo di Gela rivendica a gran voce da anni il dragaggio, con l’aggiunta del nuovo pennello. E non smette ancora di farlo. I cittadini del comitato non hanno mollato e lo scorso 4 ottobre sono tornati a chiedere un secondo incontro al vertice dell'autorità portuale della Sicilia ovest, Pasqualino Monti. Nessuna risposta, però, è arrivata da Palermo. Un primo incontro si era tenuto in videoconferenza il 29 maggio di quest'anno.
«Si è passati – ci risponde il segretario del comitato, Ascanio Carpino – dalla tempistica burocratica della Regione siciliana alla tempistica dell'Autorità di sistema portuale Sicilia occidentale. Dopo l’acquisizione della piena autorità della struttura portuale gelese, in data 3 maggio 2022, ai sensi del decreto n. 79, ad oggi non è cambiato nulla. Non registriamo nessun riscontro rispetto a quanto proclamato il 18 ottobre del 2022, in pompa magna nell'aula del consiglio comunale. L'unica cosa che è cambiata – conclude amaramente Carpino – è l'aumento della sabbia all'interno del porto rifugio».
La grande preoccupazione esternata più volte dal comitato è che il prossimo anno scade l’autorizzazione Via Vas a suo tempo rilasciata per gli interventi sul braccio di ponente, considerato cruciale per rendere definitivamente fruibile lo specchio d'acqua portuale. Fare scadere questi termini, dopo quelli della caratterizzazione delle sabbie che ha già causato la frenata sull'accordo attuativo tra Autorità portuale, Comune ed Eni, sarebbe uno scivolone pesantissimo, in barba agli sforzi ed ai solleciti fatti da questi cittadini.
Un’ulteriore mortificazione delle giuste e naturali aspettative di una città costiera. Perché il mare è una vocazione ed una ricchezza che i gelesi hanno davanti agli occhi. Non possono fare finta che non ci sia. Non può farlo il primo cittadino, cioè il sindaco, così come i consiglieri comunali ed una classe politica che dopo i proclami propagandistici, abbandona ogni velleità e si rifugia puntualmente nel silenzio, per poi uscire di nuovo dal guscio in occasione di una nuova campagna elettorale. Un film visto e rivisto.
Mentre altrove, lo ribadiamo, già con i soldi delle compensazioni avrebbero il porto fruibile. Ne siamo convinti, perché altrove anziché fare da spettatori in platea, preferiscono fare a gara per conquistare il palcoscenico e diventare attori protagonisti. Anzi, altrove non avrebbero neanche bisogno dei soldi delle compensazioni, perché c’è il Pnrr che sforna milioni a valanga. Basti pensare che secondo quanto pubblicamente dichiarato dal presidente dell’Autorità del Mar Tirreno settentrionale, ci sono tre progetti che prevedono “l’elettrificazione” dei porti di Livorno, Piombino e Portoferraio, finanziati con ben 77 milioni prelevati dal Pnrr. Altro che caratterizzazione delle sabbie, smaltimento rifiuti pericolosi, dragaggio e pennello.
Altrove, oltre alla pesca, alla nautica, alla balneazione ed al turismo, guardano al mare – ed in particolare al Mar Mediterraneo – come una vera e propria risorsa economica che ricicla, elettrifica navi e banchine (attraverso quest’ultime, le navi non rimangono con i motori accesi e vengono caricati energeticamente), alimenta i mezzi con gnl, biocarburanti ed idrogeno. Una preziosa risorsa di efficientamento energetico e sviluppo ecosostenibile. Un risorsa che genera investimenti in altri settori, come la logistica portuale e la cantieristica navale.
Settori che oltre ad investimenti, significano occupazione. Dove la digitalizzazione fa passi da gigante, ma il fattore umano, la manodopera, continua ad essere una leva fondamentale. Si contano almeno 220 mila aziende, 900 mila addetti, in quella che viene chiamata l’economia del mare, la “Blue economy”, che secondo una stima attendibile in Italia vale 53 miliardi di euro. Noi aspettiamo ancora la darsena.
Gela si affaccia al mar Mediterraneo. E’ all’avanguardia nella produzione di biocarburanti. E’ antesignana nel campo dei progetti di ricerca sull’idrogeno. La Snam potrebbe creare una “hydrogen valley” a Gela, dove ci sono tutte le condizioni ideali. Così come le logistica retro-portuale. La sfida ecologica per il futuro del nostro mare è già partita. Gela dovrebbe essere in prima fila ed invece attende che qualcuno gli passi il biglietto per entrare. Cosa che magari accadrà, quando però si sarà già arrivati ai titoli di coda. Un film visto e rivisto.