Quella del default è un’autentica valanga che si è abbattuta sui comuni siciliani.
Oltre cento i comuni che sono “falliti”. A quest’elenco si aggiungerà presto anche Gela, considerato che l’ambizione dell’attuale classe politica è al massimo quella di evitare la dichiarazione del “dissesto” con un piano di riequilibrio pluriennale, altrimenti definito “predissesto”. Ma il predissesto è comunque l’attestazione di un ente comunale in default, cioè fallito.
E’ l’Anci isolana a lanciare il grido d’allarme: «esprimiamo la nostra preoccupazione – affermano Paolo Amenta e Mario Emanuele Alvano, rispettivamente presidente e segretario generale dell’Anci Sicilia - per la crescita esponenziale del numero di enti locali in condizione di criticità finanziaria a cui si legano anche le difficoltà di carattere organizzativo.
Sono, infatti, oltre 100 i comuni siciliani in dissesto o pre-dissesto che, in gran parte, non sono in grado di effettuare l’assunzione delle necessarie professionalità proprio per l’assenza di una sostenibilità finanziaria.
Per questi motivi ribadiamo l’assoluta necessità di istituire un tavolo istituzionale, anche in seno alla Conferenza unificata, tra Stato, Regione siciliana ed enti locali. Considerando che esiste una sofferenza sul piano dell’applicazione della contabilità armonizzata, con specifico riferimento alla liquidità e alla capacità amministrativa nel definire i documenti contabili, siamo del parere che non ci sia più tempo da perdere».
Inutile nascondere l’evidenza. Il deficit è di carattere strutturale e le procedure ordinarie di ripiano previste dal Tuel si rivelano insufficienti. Fa bene l’associazione dei comuni siciliana ad evidenziarlo. Troppi i comuni in difficoltà non solo sul piano finanziario, ma anche su quello organizzativo. Anzi le due dimensioni sembrano procedere parallelamente.
Le responsabilità politiche sono sotto gli occhi di tutti, ma c’è una specialità dell’autonomia siciliana che vede tanti nodi irrisolti sul piano finanziario con ricadute negative sugli enti locali. Diciamola tutta, lo Stato fatica a riconoscere l’art. 37 dello Statuto e nel frattempo, il suo Governo nazionale impugna la legge finanziaria approvata all’Ars, congelando tra l’altro anche le risorse destinate ai comuni: in particolare 115 milioni per investimenti e 200 milioni destinati al “Fondo progettazione”.
Un ente comunale in affanno, peraltro, incide negativamente sulla qualità della vita dei cittadini: «in relazione a ciò – proseguono Amenta e Alvano – ci domandiamo se la Regione Siciliana da un canto e lo Stato dall’altro debbano preservare così tanti enti locali dalle crisi finanziarie imperversanti e se non vi sia un dovere di intervenire sul piano Istituzionale attraverso iniziative legislative e finanziarie».
Tale focus è stato dibattuto in seno al Consiglio regionale dell’Associazione, nel corso dei cui lavori si è affrontato anche il tema dell’aumento della pressione tributaria e della Tari in particolare. A tal fine sono state invitate anche le associazioni dei consumatori a partecipare per valutare quali iniziative intraprendere: «l’aumento della pressione tributaria, e in particolare della Tari, avrà un impatto assolutamente negativo su cittadini e imprese. Il rischio è quello di vanificare gli sforzi che i sindaci e le comunità hanno fatto negli ultimi anni per migliorare la raccolta differenziata.
I dati in tal senso sono molto confortanti: nel Dossier Comuni Ricicloni Sicilia 2022 sono 231 i comuni dell’Isola che hanno superato il 65% e rappresentano il 60% dei comuni con oltre 2 milioni di cittadini residenti. In tutti gli altri comuni, negli ultimi anni, sono stati fatti sforzi rilevantissimi e siamo, quindi, in presenza di un chiaro trend di crescita della differenziata».
All’incontro hanno preso parte Cittadinanza Attiva, Udicon Sicilia, Lega Consumatori Sicilia, Adoc Sicilia, e la sezione dedicata ai rifiuti ed economia circolare di Legambiente Sicilia. Al termine dell’incontro si è stabilito di avviare un percorso condiviso anche con l’obiettivo di predisporre attività formative sulle questioni di fondo che regolano il sistema dei rifiuti.
In un tale contesto, in cui a comuni che arrancano, ai limiti del fallimento, se non già imbucati in questo vortice, si associa l’aumento della pressione tributaria che fa da contraltare alla contrazione dei trasferimenti nazionali e regionali, la capacità di intercettare i fondi del Pnrr in questa fase diventa esiziale.
Un monitoraggio in costante aggiornamento sulle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza che vedono i Comuni e le Città metropolitane tra i soggetti attuatori, ad oggi elenca una quarantina di opzioni, tra investimenti e sub investimenti, articolati sulle nove componenti. A questi si aggiungono alcuni investimenti a valere sul Fondo Complementare. L’insieme di questi investimenti porta a stimare un ammontare di risorse pari a circa 40 miliardi di euro: non sono bruscolini.
Senonché la carenza di risorse umane, sul piano qualitativo (professionalità) e quantitativo (numero) si traduce in debito organizzativo e di rendimento istituzionale che influisce anche sui progetti in corso.
A Gela ne sappiamo qualcosa, tra Area urbana funzionale a rilento, Agenda urbana e Sinapsi sospese, Machitella lab ferma al palo e via di seguito. E’ il cane che si morde la coda.