Mercoledì scorso, come avviene ogni anno il 22 marzo, si è celebrata la giornata mondiale dell'acqua
. Un forum sul tema si è svolto quest'anno ad Istanbul, in Turchia, dal 16 al 22 marzo. Ciò perché l’acqua è un bene essenziale affinché si possa parlare di un minimo di benessere nella qualità della vita ed affinché si possa parlare di un minimo di sostenibilità ambientale da preservare e garantire. Ma è anche una leva utile ai fini della crescita economica. L'acqua, infatti, non è solo necessaria per soddisfare i bisogni personali, domestici, ma serve per la produzione energetica, per quella industriale in senso lato, nonché per la sopravvivenza di quegli ecosistemi esistenti, che vanno mantenuti.
Nella giornata celebrativa dell'oro blu, due notizie fanno a cazzotti come due pugili suonati sul ring. La prima, quella che ci interessa più da vicino, rimasta inesorabilmente confinata nell’ambito locale, riguarda ancora una volta il lago artificiale Disueri, meglio noto come diga Disueri, che torna a sversare acqua a mare. E' proprio così, ci risiamo. Dopo fiumi di parole, promesse, interrogazioni, spot elettorali e chi più ne ha, più ne metta, la diga Disueri continua a sversare acqua a mare.
Un problema atavico, mai definitivamente risolto, con diversi casi in cui piogge un po’ più insistenti rispetto alla media, portano con sé il paradosso di un eccesso di riserva idrica negli invasi, perché buona parte del volume è occupato dal fango, con la necessità di svuotare tali eccessi a mare.
Costruita negli anni '50, riedificata negli anni 70 perché soggetta alla continua azione delle acque sotterranee che ne erodono periodicamente il substrato gessoso di fondazione, con produzione di volumi di fango. La capacità teorica è di 23 milioni di metri cubi ma, per problemi di sicurezza, la potenzialità è dimezzata. Quando la si supera, l’eccesso finisce a mare.
Dove sono finite le opere di sfangamento più volte annunciate? Nel 2021 la Regione si diceva pronta ad intervenire per mettere in sicurezza la sponda sinistra dell'invaso e, soprattutto, per assicurare quel seppur parziale sfangamento, ma tale da essere sufficiente a rimuovere le limitazioni di capacità. Erano stati assicurati dagli uffici assessoriali regionali, interventi di consolidamento e messa in sicurezza finanziati con i 20 milioni del Patto per la Sicilia.
Inoltre si rendeva nota l’aggiudicazione già avvenuta di una gara del valore di 1 milione di euro. Altresì, due milioni sarebbero stati destinati alla diga Cimia e 5 milioni alla diga “Comunelli”, dal piano nazionale delle dighe.
Nella Gela dell’acqua potabile ma non bevibile, del dissalatore lasciato marcire, le dighe o non hanno portata sufficiente come la Cimia, o sono fuori uso come la “Comunelli”, o sversano acqua a mare come la “Disueri”. Schiaffi a ripetizione all’agricoltura ed agli agricoltori. Eppure, nel giorno della celebrazione, la Fao ci ricorda che l’acqua non va solo bevuta, ma anche mangiata.
«L’agricoltura è il maggiore consumatore mondiale di acqua, quale input determinante nella fornitura di cibo, dalla produzione sul campo attraverso tutte le fasi della catena del valore. Gli enti irrigui devono rispondere alle esigenze degli agricoltori. Garantire la fornitura affidabile di acqua sufficiente, aumentare la trasparenza della gestione dell'irrigazione e raggiungere l'efficienza e l'equità nell'accesso all'acqua richiederà probabilmente cambiamenti negli atteggiamenti delle istituzioni e tra gli agricoltori, nonché investimenti mirati nella modernizzazione delle infrastrutture, ristrutturazione istituzionale e il potenziamento delle capacità tecniche degli agricoltori e dei gestori delle risorse idriche».
L’altra notizia è invece di portata di nazionale, anzi lo diventa automaticamente, perché nel nord piovoso, in autunno e soprattutto nella stagione invernale, è caduta poca acqua dal cielo. Molto meno rispetto alla media (il 30% di pioggia in meno se contiamo tutto il 2022).
Immediato l'allarme, con la prospettiva già delineata della “crisi” in primavera. La situazione più drammatica si registra nel bacino della pianura padana, che rappresenta la metà dell'allevamento che alimenta la “food valley” tricolore. Nelle regioni che reclamano a gran voce l'autonomia differenziata, dalla Lombardia al Piemonte, dal Veneto alla Liguria, si predispongono piani per fronteggiare le criticità, ma nel frattempo c'è chi giura che stanno già bussando a Roma “ladrona”.
Sarà un caso ma, come d'impulso, in un incontro sulla “crisi idrica” convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, alla presenza anche dei ministri Francesco Lollobrigida, Nello Musumeci, Roberto Calderoli, il Viceministro Vannia Gava, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli, si è deciso di varare una cabina di regia con competenze in campo infrastrutturale nel medio e lungo periodo, con tanto di commissario nazionale, benché con un perimetro d'azione solo nel breve periodo e con incarico (però rinnovabile) fino al 31 dicembre 2023.
Il commissario, personalità ancora da individuare, potrà agire per sbloccare interventi di breve periodo come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue. Giusto quello che, in realtà, servirebbe dalle nostre parti.