Gela vanta una piana di 250 chilometri quadrati, la seconda nell’isola dopo quella di Catania.
Ed è una città che stabilmente ai primi posti, da anni, nella classifica dei comuni più soleggiati dell’isola durante l’anno. Eppure, riusciamo nell’impervia impresa di svuotare queste due eccezionali risorse, il sole e la terra, traducendole in enormi sprechi.
Un altro neo di cui si macchia la classe dirigente di questa città, incapace di favorire ed attrarre iniziative imprenditoriali volte a realizzare questo connubio che, in termini economici, si traduce in un sistema agrofovoltaico.
Il diffondersi di queste pratiche in campo agricolo, infatti, potrebbe rivelarsi una boccata d’ossigeno non indifferente, in un settore come quello rurale che, nonostante sopravviva a stento tra tantissime difficoltà, continua ad essere il settore economico locale con più numero di addetti. Una verità quest’ultima da anni sottaciuta, in quanto inesorabilmente adombrata dalla presenza del colosso industriale.
Ancora viva è l’immagine, scolpita nella memoria dei gelesi, della posa della prima pietra in pompa magna, alla presenza dell’allora governatore siciliano, il gelese Rosario Crocetta, affiancato dall’immancabile senatore Giuseppe Lumia e dell’imprenditore Stefano Italiano, responsabile della cooperativa Agroverde che mise a punto l’ambizioso progetto “ciliegino”.
Numeri da capogiro per un settore non industriale: 300 milioni di investimento, 250 lavoratori a regime, da occupare nella coltivazione del ciliegino ed altri ortaggi, sotto i 233 mila pannelli solari estesi lungo 230 ettari di terreno, per una produzione energetica di 80 Mw.
Un progetto innovativo perché anticipava iniziative di questo tipo che si sono poi sviluppate altrove negli anni e che hanno posto un freno alle immense estese di pannelli fotovoltaici che toglievano terreno all’agricoltura ed al pascolo. Insomma, sole e terra non in competizione economica, ma in sinergia.
Un progetto che non ha mai trovato un serio investitore, così da morire ancor prima di nascere davvero, con la revoca dell’autorizzazione regionale, giunta invero dopo diverse proroghe.
Un’idea che è rimasta una chimera, destinata solo a gravare sulle casse comunali per oltre, ad una prima stima, 5 milioni di euro e che rappresenta un contenzioso che è una delle voci più pesanti della situazione di deficit dell’ente comunale.
Sicché, come spesso accade alle nostre parti, il danno procurato dai mancati vantaggi che una tale iniziativa economica avrebbe comportato, viene accompagnato puntualmente dalla beffa. Recentemente, infatti, il sindaco Lucio Greco ha dichiarato che «tra imprenditori, autotrasportatori, proprietari dei terreni che hanno subito gravi passività per i mancati pagamenti, oltre le conseguenze negative erariali prodotte della massa in sé del contenzioso, il danno all’economia reale si aggirerebbe attorno ai 20 milioni di euro.
L’amministrazione ha precisato Greco – in seguito anche ad un atto di indirizzo del consiglio comunale, ha attivato di concerto con la Regione un iter che porti a bandire una gara internazionale, con un esperto nominato per seguire l’intera procedura e con la fiducia di trovare finalmente uno o più investitori. Tal fine si è pensato di eliminare la principale criticità che ha ostacolato l’investimento, cioè la presenza multiproprietaria delle aree.
Quest’ultime verrebbero acquisite interamente dal comune di Gela, attraverso un’unica transazione complessiva con i proprietari e l’impiego di una parte del gettito delle royalties».
Il tutto però, secondo quanto ha affermato il primo cittadino, sarebbe stato bloccato dalle vicissitudini che stanno attanagliando il bilancio.
In ogni caso quel progetto del ciliegino è morto e sepolto. Del resto, poco dopo la revoca dell’autorizzazione da parte della Regione, si è diffusa la notizia dell’interesse di una società con sede legale a Belgrado, in Serbia, ma capitanata da un imprenditore maceratese.
La proposta, molto semplice, era quella di posizionare circa 350 moduli nelle stesse aree del progetto ciliegino, ricadenti nelle località Cappellania, Sant’Antonio e Tenuta Bruca.
Un progetto, dunque, solo fotovoltaico e non agrofotovoltaico, verso cui era invece propensa la Regione nel rilasciare l’autorizzazione. L’interesse, comunque, sparì dai radar regionali e comunali, qualche tempo dopo, complice forse anche la pandemia covid.
Allo stato dell’arte, in itinere – come ci conferma l’ex assessore allo sviluppo economico che per 3 anni e mezzo ha seguito queste vicende, Terenziano Di Stefano – in questi anni sono pervenute diverse richieste: «alcune per impianti di dimensioni contenute – ha precisato – e quindi di competenza comunale e che interessano aree tra la zona industriale ed il versante est della città in direzione Acate.
Ho saputo – ha aggiunto – che in questi giorni si è riunita la commissione “V.inc.a.” (Valutazione incidenza ambientale, ndr), che ha deliberato positivamente su un paio di iniziative, sulle quali aveva già rilasciato un parere positivo l’esponente della Lipu che gestisce la risrfva biviere, Emilio Giudice.
Lo step successivo è ora il provvedimento del suap. Inoltre c’è un’iniziativa per un impianto che prevede molti più chilowatt di produzione è che, dopo il parere di conformità che abbiamo rilasciato, è ora di competenza esclusivamente regionale. Purtroppo per legge non possono essere richieste compensazioni, ma c’è una percentuale del 3% – ha concluso – che va versata ai comuni di Gela e Butera nei cui territori ricadono le aree e l’ho fatto mettere a verbale in sede di conferenza dei servizi, con tanto di obbligo di ratifica della Regione in sede di autorizzazione».
Quest’ultima iniziativa, di cui abbiamo già notiziato nei mesi scorsi, è quella della “PV Freyr srl”, con sede legale a Valguarnera Caropepe, joint-venture fra il fondo inglese “Sycamore“ e la società di ingegneria “Ambiens”, il cui amministratore, ing. Guido Sciuto, è anche a capo della Freyr. Si tratta di un progetto per la costruzione di un impianto “eco-agro-fotovoltaico”, con sistema messo a terra, dalla potenza pari a 85,96 Mw, integrato da un sistema di accumulo da 2 Mw. In totale 87,96 Mw.
Nel settembre scorso un altro passo in avanti è stato compiuto con il sì dell’autorità di bacino. Si punta all’autorizzazione unica. Nei numeri si supera persino il progetto ciliegino, basti pensare ai 50 milioni di investimento che hanno permesso, altresì, differenziandosi dal caso ciliegino, di acquisire tutte le aree in contrada Badia, senza oneri comunali per espropri e rischi connessi.
Altre iniziative “minori” per capacità produttiva energetica sono quelle della “Ecosicily srl” in contrada “Piano del Duca” per un impianto di circa 5,8 Kw e della “Solaer Clean Service Italy srl” in contrada “Tenuzza” per due impianti, rispettivamente di quasi 6 Kw e di oltre 2,8 Kw con corrente continua (in una sola direzione). Le stesse società (e non solo) stanno monitorando e valutando altre iniziative nel vasto territorio gelese.