Nuove disfunzioni nell’erogazione idrica si sono registrate in questi giorni, dopo altri episodi che si sono accavallati, puntualmente, in tutto il periodo estivo.
Il sindaco, Lucio Greco, è intervenuto con una nota diffusa ai media in cui, rivolgendosi all’Ati presieduta dal sindaco di Niscemi, Massimiliano Conti, chiede generiche sanzioni: «della mia battaglia contro Caltaqua – ha affermato il primo cittadino gelese – ho fatto una bandiera, e non intendo rinnegarla, tutt’altro.
Sin dal mio insediamento, ho fatto tutto quello che è possibile, a livello istituzionale e politico, per tutelare il territorio dallo strapotere di chi gestisce, in maniera per nulla soddisfacente, il servizio. Occorre prendere seri e severi provvedimenti sanzionatori, e rimango in attesa – ha continuato – di risposte decisive da parte di Ati per andare avanti in questo percorso, perché un sindaco da solo non può fare molto, ma tutti insieme riuniti in un organo fondamentale come l’Ati possiamo fare la differenza e dimostrare che siamo dalla parte dei cittadini, vessati da bollette stratosferiche e – ha concluso – alle prese con disagi continui». A chi destinare questi provvedimenti sanzionatori, però, non è dato sapere. Si rimane nel vago ed il vago, in politica, sa molto di inconcludente.
Nell'arco dell'ultimo mese, si sono verificate ben due interruzioni dell’esercizio dell’acquedotto Blufi a causa della rottura della condotta in c.da Marcatobianco in territorio di Pietraperzia: due volte, nello stesso luogo, nel giro di 30 giorni.
Nel 2022, tra le varie interruzioni, addirittura tre le perdite nello stesso luogo e cioè in contrada Cocuzza. E’ evidente che si tratta di criticità che si ripetono perché si continua a preferire interventi tampone, anziché permanenti e definitivamente risolutivi.
Nel mese di luglio, l’associazione “Area Civica – Gelesi in Movimento”, ha inviato una lettera all’Ati di Caltanissetta in cui chiedeva all’autorità d’ambito in quali interventi, da parte di Caltaqua, quale soggetto attuatore, si concretizzeranno i quasi 16 milioni di finanziamento a cui l’Ati è stata ammessa nell’ambito dell’avviso pubblico “Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti”.
La missiva è stata inviata per conoscenza al sindaco di Gela che oggi chiede all’Ati interventi sanzionatori, ma nulla chiede di quei quasi 16 milioni e su come si intende destinarli, sempre che all’ammissione sia seguito in concreto il finanziamento.
La stessa associazione ricordava che lo scorso marzo era stato bandito un nuovo avviso pubblico “per la presentazione delle proposte per interventi finalizzati alla riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti”, a valere sulle risorse previste nell’apposita misura del Pnrr, con due finestre temporali per la presentazione delle istanze: la prima dal 19 aprile al 19 maggio e la seconda dal 1 settembre al 31 ottobre. Ebbene, giorni fa il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims) ha pubblicato la graduatoria della prima finestra.
Quasi 120 le istanze pervenute, ordinate in graduatoria in quattro fasce: a) ammesse e finanziate; b) ammesse ma non finanziate per carenza di fondi; c) non ammesse per mancato raggiungimento dei limiti minimi di punteggio; d) non ammesse per mancanza di requisiti di ammissione.
Dallo scorrimento della graduatoria, invero, si evince che in questa prima finestra temporale il Mims ha assegnato 607 milioni di euro a 21 progetti volti a ridurre le perdite di acqua potabile nella rete degli acquedotti. Sono stati in totale undici gli interventi ammessi al finanziamento che interessano le regioni del Nord e Centro (per complessivi 342 milioni di euro) e dieci quelle del Sud (per 265 milioni), nel rispetto della disposizione di legge che riserva almeno il 40% degli investimenti al Mezzogiorno.
In Sicilia l’unica istanza ammessa e finanziata in questa prima finestra è stata quella dell’Ati di Messina. Un paio dell’Ati di Catania ed una dell’Ati di Palermo sono state ammesse ma non finanziate per carenza di fondi (è presumibile, pertanto, che saranno riproposte sulle future risorse a valere).
Altre ancora non sono state ammesse, compresa quella proposta dall’Ati di Caltanissetta e rivolta alla digitalizzazione, riduzione e contenimento delle perdite, automazione e sostituzione delle reti vetuste nei comuni dell’Ente di governo dell’ambito (Ega) nisseno. L’intervento, per un finanziamento di quasi 34 milioni e mezzo di euro, non è stato ammesso per mancanza dei requisiti di ammissione.
Considerato che ulteriori 293 milioni di euro saranno assegnati al termine della seconda finestra temporale del bando che si chiuderà, come sopra anticipato, alla fine del prossimo ottobre, l’aspettativa minima dei comuni consorziati è che l’Ati riproponga l’intervento, correggendo i difetti nel rispetto dei requisiti.
Soprattutto Gela, senza nulla togliere agli altri comuni del nisseno, lo merita. Da queste parti siamo ancora rimasti al 2012, allorché durante l’allora governo cittadino retto da Angelo Fasulo, la città fu ammessa ad un finanziamento di 5 milioni di euro per il rifacimento della rete idrica. Ci scusiamo per la macroscopica disattenzione, ma a distanza di 10 anni, ancora oggi di quel finanziamento non ci siamo accorti. Di una cosa siamo certi, però: come noi, tantissimi gelesi non se ne sono accorti.
E siccome al danno si aggiunge puntualmente (o quasi) la beffa, giusto ad opprimere il cittadino utente finale del servizio, all’inefficienza si affianca, parallela, l’inadeguatezza tariffaria. Quest’ultima è conseguenza acclarata, lo denunciamo da anni, dell’iniqua divisione delle autorità d’ambito nel rispetto dei 9 confini territoriali provinciali ignorando invece, per la solita, bieca e becera logica di bacino elettorale, quello che avrebbe dovuto essere individuato quale parametro naturalmente idoneo: vale a dire il bacino idrografico di appartenenza.
Lo ha dovuto ammettere persino il cane che si morde la coda, ossia il direttore generale di Siciliacque, Giuseppe Alesso, nel corso del convegno “Acqua risorsa per la vita” tenutosi nell’aprile scorso a Caltanissetta: «il peccato originale – ha spiegato Alesso – è la suddivisione dell’Isola in 9 Ato, oggi Ati (Ambiti territoriali idrici), che con tutta probabilità è stata ispirata da logiche amministrative più che alla logica ripartizione del territorio sulla base del bacino idrografico ottimale.
Ciò ha penalizzato le zone con meno risorse idriche, il cui costo di approvvigionamento risulta maggiore. La configurazione in nove Ati infatti non permette una perequazione tariffaria tra le zone ricche d’acqua e quelle invece dove scarseggia. La tariffa è una variabile – ha proseguito il direttore generale del concessionario regionale – che dipende da una serie di parametri stabiliti dall'Arera.
Ed è sempre l’Arera che provvede all’approvazione finale della tariffa. Accanto i costi operativi che nel caso di Siciliaque vedono di particolare rilevanza l'energia elettrica, che incide per il 25% dei costi complessivi, gli investimenti – ha sottolineato Alesso - sono una delle voci che, secondo le regole dell'Arera, concorrono al calcolo della tariffa idrica. Il livello medio europeo del tasso d'investimento nel settore idrico è di 100 euro pro capite; mentre in Italia si ferma a 40 euro per abitante.
Il gap di investimenti ha quale effetto principale la dispersione idrica, che in Italia sfiora il 40% e in Sicilia raggiunge il 50% rispetto a una media europea che oscilla fra il 20 e il 25%». Sul punto in questione, all’inizio dell’anno in corso, Siciliacque ha fatto sapere che oltre ai quasi 100 milioni investiti con soldi pubblici tra Pnrr e Fondo di coesione, nel "portafoglio" della società mista ci sono oltre trenta progetti sparsi nel resto dell'isola (da Gela a San Vito Lo Capo, passando per le Madonie e le aree interne) che potrebbero rientrare nella programmazione settennale europea 2021-2027.