Sembra quasi una storia d’altri tempi, quando per l’attraversamento di strade, ponti e fiumi si era costretti a versare un diritto su tutte le mercanzie che vi si facevano transitare e che era calcolato sul valore delle stesse. Mi riferisco al “pedaggio”, un’imposta che trova origine nella cosiddetta età romana, che è stata abilmente sfruttata anche in epoca successiva e, segnatamente, nel periodo medioevale, come strumento di facile riscossione di denaro in molti Paesi europei e, quindi, come mezzo di arricchi-mento di feudatari e vescovi.
Meno remota è, invece, l’istituzione del “pedaggio autostradale”, normalmente, versato alle società, che, dopo avere provveduto alla realizzazione di moltissimi tratti della principale rete viaria nazionale e regionale, ne hanno assunto la gestione e, quindi, la manutenzione, garantendone all’automobilista la migliore fruizione, non solo nei tratti pianeggianti e collinari, ma anche in zone montuose (dove, opportunamente, sono stati realizzati trafori, tunnel e ponti), oltre che installati apparati elettronici/telefonici, che permettono all’utente una gestione meno ansiosa di eventuali emergenze.
Insomma, unitamente all’uso della strada, sono forniti importanti servizi aggiuntivi, che, di fatto, giustificano il relativo esborso di denaro. Condizioni che non sussistono nella pretesa di molti Comuni italiani – di cui quello gelese ha il poco onorevole privilegio di far parte – di riscuotere denaro per la sosta degli autoveicoli privati in varie zone cittadine.
Comprensibile, pertanto, la reazione del cittadino/automobilista, che, ritenendosi sottoposto ad una forma, seppur larvata, di estorsione/concussione, da un po’ di tempo, sta attuando legittima resistenza, disertando il centro storico e la strada che, da sempre, ne è l’emblema, cioè corso Vittorio Emanuele, peraltro, reso inaccessibile con la sciagurata istituzione di una Ztl, attiva nelle ore in cui i gelesi, in tempi ormai lontani, erano soliti concedersi una passeggiata, sorbire una bibita o un caffè, in uno dei tanti bar esistenti proprio lungo il tratto di strada de quo (alcuni, però, hanno chiuso i battenti, mentre altri sono in procinto di farlo, per le gravissime difficoltà economiche, in cui si dibattono, per mancanza di clientela ).
Qualcuno (specialmente, chi non ha la coscienza a posto…) non mancherà di evidenziare una presunta ripetitività delle argomentazioni sopra evidenziate (le avevo già sviluppate, nell’edizione dello scorso 28 aprile), ma l’interesse dimostrato da una vasta platea di lettori e la sostanziale strafottenza di chi, istituzionalmente, è deputato alla assunzione di provvedimenti amministrativi, che siano immuni da vizi di legittimità, inducono a mantenere alta e costante l’attenzione, anche in ossequio ad una famosa locuzione latina: repetita iuvant.