Le Olimpiadi di Parigi, le Olimpiadi “delle diversità” e delle contraddizioni si sono concluse lasciando uno strascico di polemiche la cui eco durerà a lungo,
a partire dalla cerimonia di inaugurazione dove il direttore artistico Thomas Jolly, dichiarato rappresentante del variegato e colorito “pianeta” LGBT (acronimo di Lesbian, Gay, Bisexual, transgender), si è preso la libertà – profumatamente pagato dal presidente Macron suo amico - di dare ai milioni di telespettatori una visione tutta sua del mondo, non mancando di offendere con le sue alquanto bizzarre scelte “artistiche” l'intera comunità cristiana per quella davvero blasfema rappresentazione dell'ultima cena.
Ma ancor più le maschere e i teatrini messi in scena ci hanno mostrato sinistramente il declino dell'Europa, riportandoci alla memoria le condizioni che precedettero la fine dell'Impero Romano, determinata dagli scandali, dalla corruzione, dalle devianze sessuali, dalla dissolutezza dei costumi. In tal senso nel penoso e direi noioso spettacolo che Jolly ha messo in cantiere, ci è stata rappresentata non la Grandeur francaise (Napoleone si sarà rivoltato nella tomba) ma bensì l' agonia di una civiltà che ha smarrito la via, il rigore morale, il proprio DNA culturale, la bellezza delle cose semplici e oneste.
Sul piano strettamente sportivo, siamo comunque contenti per i risultati conseguiti dall 'Italia, capace di risvegliare con le imprese dei suoi campioni l'orgoglio nazionale, e di avere reso onore alla nostra bandiera con una lunga serie di successi che ci hanno portato ad essere la nona compagine nel medagliere con ben 12 ore, 13 argenti e 15 bronzi.
Così, abbiamo ancora negli occhi lo splendido successo delle ragazze del Volley ottenuto contro gli Stati Uniti. Certo però, fra tante pecche organizzative (sconsiderata la decisione di fare gareggiare nella Senna gli atleti), le tante scelte di dubbio gusto e gli innumerevoli arbitraggi scandalosi, l'argomento che ha tenuto più banco nei media ha riguardato il pugilato, dove forti sono state le polemiche che hanno visto 2 atlete, la tawinase Lin Yu ting e l'algerina Imane Khelif, vincere la medaglia d'oro rispettivamente nella categoria dei 57 e dei 66 kg.
La vicenda è ormai nota, ma al di là delle prese di posizione strumentalizzate anche dalla politica, c'è da dire che nella contrapposizione fra il Comitato Internazionale Olimpico (favorevole a che le due atlete gareggiassero) e l' International Boxing Association (invece contraria), la logica e il buon senso avrebbe dovuto tenere conto di quanto deciso a suo tempo proprio dall'IBA, per 2 semplici motivi: 1° perché l'IBA piaccia o no è il maggior organo del pugilato dilettantistico mondiale e quindi ha pieno diritto di dettare le regole dello sport che governa. Il 2° motivo sta invece nel buon senso.
La boxe è uno sport duro e pericoloso, e per decenni gli organi internazionali, la medicina e persino la giurisprudenza hanno lavorato con puntiglio per ridurre al massimo i rischi che un pugile può correre sul ring.
Questa politica, seria ed efficace, ha portato maggiore sicurezza a beneficio dei ragazzi e le ragazze che praticano la boxe, e che fra l'altro si battono in categorie di diverso peso proprio per salvaguardare nelle gare il principio del massimo equilibrio. Scriveva Italo Calvino nel '52, corrispondente alle Olimpiadi di Helsinki per l'Unità, “... della bellezza dei giochi dove tutti gli atleti cavallerescamente si possono battere...alla pari”.
Ebbene, con la presenza delle pugili Lin Yu Ting e Imane Khelif questo principio di “parità” è stato gravemente leso, perchè al di là della anomala natura delle 2 atlete definite intersex (ma nessuno ci ha saputo spiegare esaurientemente come stanno veramente le cose) comunque le suddette hanno goduto sulle avversarie di un indiscusso vantaggio, non solo per la maggiore potenza muscolare, determinata dal famoso testosterone alto, ma nel caso della Khelif anche per la sua statura di quasi 180 centimetri (in genere questa è l'altezza dei pesi medi fra i pugili professionisti...uomini), che le dava un notevole ulteriore vantaggio nell'allungo.
E chi mastica anche un pochino di pugilato sa bene quanto un maggiore allungo possa fare la differenza in un incontro. Quindi qui la vera questione non era più sulla vera o presunta femminilità dell'atleta, ma sul vantaggio che questa ha avuto contro tutte le avversarie. Poi, personalmente, ritengo che l'algerina pugilisticamente sia proprio una schiappa, e che quindi la conquista dell'oro sia stata facilitata non solo dalla sua struttura fisica, palesemente maschile, ma anche e soprattutto dalla scarsità delle avversarie. Una buona pugilatrice, abile nella difesa e veloce di braccia, gliele avrebbe suonate di brutto.
Questo il mio pensiero, dettato da fattori di stretta natura tecnica, che indiscutibilmente hanno falsato il torneo di pugilato femminile. La cosa veramente spiacevole sta però nel fatto che questa faccenda rappresenta un precedente, e che da ora in poi sempre più pugilatrici si troveranno a doversi battere con avversarie aventi caratteristiche ormonali e morfologiche diverse dalle loro.
La soluzione? Le atlete con comprovate e ineludibili caratteristiche maschili dovrebbero combattere in un torneo insieme ad altre pugilatrici aventi queste specifiche caratteristiche. In tal modo anch'elle potrebbero gareggiare e coltivare le loro legittime aspirazioni, non mortificando però i sacrifici e le ambizioni della ragazze che sognano una medaglia alle olimpiadi e non possono ritrovarsi a combattere in un oggettiva condizione di inferiorità fisica, contro un'avversaria “ibrida”.
Il mio giudizio sulla Carini? Ho conosciuto personalmente questa ragazza durante un ritiro della nazionale. E' una napoletana verace, con una storia familiare alle spalle singolare. Il padre ex poliziotto, ha vissuto a lungo sulla sedia a rotelle, e lei – anch'ella poliziotta – gli promise una medaglia alle Olimpiadi. Non era un azzardo, perchè Angela è stata anche vice campionessa del mondo.
Al meglio della condizione e libera da qualsiasi paura avrebbe potuto dare filo da torcere alla Khelif. Una condizione psicologica non ideale e forse qualche condizionamento esterno l'hanno portata invece a quel gesto clamoroso di abbandono dopo 46 secondi di combattimento.
Giusta l'opinione di Patrizio Oliva nel dire... che Angela avrebbe dovuto trovare un modo migliore per dare forza alla sua protesta, perchè se poi si sale sul ring si deve combattere. Potrà rifarsi a Los Angeles 2028? Ben difficilmente.
Il conflitto fra il CIO e l'IBA probabilmente porterà alla cancellazione della boxe dai prossimi giochi olimpici. Notizia fra l'altro già annunciata. Una fine ingloriosa per la “Noble Art”, per lo sport più bello del mondo che fu cantato sin dall'antichità da sommi scrittori e infiniti poeti.
Ma poi c'è pure da porsi una inquietante domanda. Ci sarà una prossima Olimpiade? E questo mondo, già alla deriva, sarà ancora lo stesso? Le guerre feroci alle porte dell'Europa e l'allargarsi dei conflitti, non sono certo un buon segno per il futuro dell'Umanità. D'altronde, come dice già da anni papa Francesco, la Terza guerra mondiale, pur ancora limitata e a macchia di leopardo, è già in atto.