“Dimmi quali migranti attrai e ti dirò chi sei” potrebbe non essere una semplice boutade.
In Migrazioni e criminalità. Un’analisi sociologica dell’Italia contemporanea, Giulia Martelli e Sara Conti, due giovani sociologhe palermitane, offrono un’analisi dettagliata e rigorosa di uno dei temi più complessi e dibattuti dell’Italia contemporanea. Con alle spalle una solida formazione accademica e anni di ricerca sul campo, le autrici affrontano la questione della correlazione tra il tasso endemico di criminalità nel nostro Paese e la propensione alla criminalità dei migranti che vi si insediano, decostruendo stereotipi e pregiudizi che spesso dominano il dibattito pubblico.
L’Italia, come viene documentato nel primo capitolo, ha una lunga storia di criminalità endemica, una caratteristica che varia significativamente da regione a regione. Il tasso di criminalità nel paese è storicamente influenzato da fattori sociali, economici e culturali specifici. La criminalità organizzata, rappresentata principalmente da gruppi come la mafia, la ’ndrangheta e la camorra, ha radici profonde nel Sud, ma non è limitata a questa zona geografica.
Uno degli elementi centrali del capitolo è l’analisi delle cause di questa criminalità endemica, dalla quale emerge come il tasso di disoccupazione, la disuguaglianza sociale, la povertà e la mancanza di opportunità siano fattori che contribuiscono alla diffusione della criminalità in molte regioni italiane. Il capitolo affronta anche l’idea della percezione della criminalità, evidenziando come i media italiani spesso amplifichino la paura dei reati, creando una narrativa che alimenta l’allarme sociale, anche laddove i dati effettivi non sempre giustificano tali paure.
Si analizzano infine i diversi tipi di crimini che caratterizzano le diverse regioni del paese, dal crimine organizzato nel Sud ai reati economici e di corruzione più diffusi nelle aree industriali del Nord. Viene posta particolare attenzione alla criminalità di strada e ai reati legati a fenomeni come la disoccupazione giovanile, che colpisce in modo significativo alcune aree, favorendo l’emergere di devianze criminali tra i giovani.
Nel secondo capitolo viene analizzato il fenomeno delle migrazioni in Italia con un approccio sociologico. La presenza di migranti in Italia ha subito un’accelerazione dagli anni ’90, con l’arrivo di flussi migratori provenienti principalmente dall’Africa, dall’Asia e dall’Europa dell’Est. Ogni gruppo migrante porta con sé specifiche dinamiche culturali, economiche e sociali che ne influenzano l’inserimento nella società italiana. Viene posto l’accento sui gruppi di migranti provenienti da zone di conflitto e crisi economiche e si analizzano le difficoltà che essi incontrano nel processo di inserimento, come la difficoltà di accesso al mercato del lavoro e l’integrazione sociale.
Un aspetto significativo del capitolo è l’indagine della condizione socio-economica dei migranti una volta insediati in Italia. Le autrici affrontano il tema della marginalizzazione: i migranti spesso trovano lavoro in settori poco regolamentati e mal retribuiti, con scarse opportunità di mobilità sociale. Queste condizioni favoriscono un sentimento di alienazione che, in alcuni casi, può portare a comportamenti devianti.
Un altro punto rilevante è la percezione della criminalità migrante: la narrazione pubblica e politica tende spesso a criminalizzare il migrante, alimentando stereotipi che li associano direttamente all’idea di minaccia e insicurezza. Attraverso un’analisi dei media e dei discorsi politici, viene esplorato come il migrante sia diventato il capro espiatorio in molti contesti, senza che ci sia una reale correlazione tra migrazione e criminalità.
Il terzo capitolo affronta una delle questioni centrali del saggio: il legame tra migrazione e criminalità, analizzando in particolare i fattori di rischio che possono condurre a comportamenti devianti tra i migranti. L’obiettivo è capire in che modo le condizioni socio-economiche e ambientali influenzino il tasso di criminalità tra la popolazione migrante, distinguendo tra migranti regolari e irregolari.
Il capitolo si apre con una riflessione sui fattori di rischio principali per i migranti, tra cui: 1) povertà e marginalizzazione; 2) esclusione sociale; 3) condizioni di irregolarità.
Successivamente, il capitolo analizza i fattori di protezione, ossia quegli elementi che possono ridurre il rischio di devianza tra i migranti: 1) rete di supporto sociale; 2) integrazione lavorativa; 3) politiche di inclusione sociale.
Il capitolo sottolinea infine la distinzione tra migranti regolari e irregolari, mostrando come la condizione giuridica influenzi fortemente il comportamento deviante. Mentre i migranti regolari hanno un accesso maggiore a risorse e opportunità, gli irregolari vivono in un’ombra legale che spesso li spinge verso la criminalità come forma di sopravvivenza.
Il quarto capitolo si concentra sull’analisi statistica e sociologica della relazione tra il tasso endemico di criminalità in Italia e la criminalità dei migranti che vi si insediano. La domanda centrale che guida questo capitolo è se esiste una correlazione tra il contesto criminale delle regioni italiane e il comportamento criminale dei migranti, o se i due fenomeni siano invece indipendenti.
L’analisi inizia con una panoramica delle statistiche sulla criminalità a livello nazionale, suddivise per regioni, con un focus particolare sulle aree a più alto tasso di criminalità come il Mezzogiorno e le grandi città (Napoli, Palermo, Roma). Si confrontano poi i dati sui reati commessi dai migranti con quelli della popolazione autoctona, cercando di capire se il tasso di criminalità presso i migranti sia proporzionale al tasso di criminalità locale.
Uno degli aspetti chiave del capitolo è lo studio comparativo tra diverse aree geografiche. Viene analizzato se i migranti che si stabiliscono in regioni con una criminalità endemica elevata (ad esempio, aree con forte presenza di criminalità organizzata) siano più esposti al coinvolgimento in attività criminali rispetto ai migranti che si insediano in regioni con tassi di criminalità più bassi. L’analisi evidenzia come il contesto di accoglienza possa influenzare in modo determinante il comportamento dei migranti, portando a una maggiore probabilità di devianza in aree dove la criminalità è già radicata. Infine, viene esplorata la distinzione tra criminalità percepita e reale.
Spesso, la percezione pubblica del legame tra migrazione e criminalità è influenzata dai media e dalla politica, portando a una distorsione della realtà. Attraverso un’analisi dei dati, il capitolo mostra come in molte aree il tasso di criminalità tra i migranti sia inferiore rispetto a quello della popolazione autoctona, sfatando alcuni stereotipi comuni.
Il capitolo conclude con una riflessione sulla complessità del fenomeno: sebbene vi possano essere correlazioni tra criminalità endemica e migrante in alcune regioni, il fenomeno è influenzato da molteplici variabili, tra cui le condizioni socio-economiche, le politiche migratorie e l’integrazione sociale.
Nel quinto e ultimo capitolo vengono esaminate le possibili politiche e soluzioni per affrontare il problema della criminalità tra i migranti, tenendo conto delle variabili emerse nei capitoli precedenti. L’obiettivo è proporre strategie concrete per prevenire la marginalizzazione sociale e ridurre il rischio di devianza criminale tra i migranti, favorendo un’integrazione più efficace nel tessuto sociale italiano. Si parte da una riflessione sulle politiche pubbliche attualmente in vigore in Italia, evidenziando le criticità e le aree di miglioramento.
Viene posto l’accento sull’importanza di un approccio inclusivo e sistemico, che non si limiti alla repressione dei fenomeni criminali, ma che punti alla prevenzione attraverso l’integrazione sociale ed economica. Le politiche migratorie, secondo questo approccio, devono prevedere un accesso facilitato ai servizi essenziali come l’istruzione, la salute, e soprattutto il lavoro, come chiave per ridurre la devianza. Il capitolo esamina poi le best practices adottate in altri paesi europei, dove i programmi di integrazione dei migranti hanno ottenuto risultati significativi nella riduzione della criminalità.
Vengono analizzati i modelli che puntano a una formazione professionale specifica per i migranti e all’inserimento nel mercato del lavoro regolare, con una forte attenzione alla tutela dei diritti dei lavoratori migranti, evitando lo sfruttamento e il lavoro nero. +
Un altro aspetto importante affrontato nel capitolo è il ruolo della società civile e delle organizzazioni non governative (ONG) nella prevenzione della criminalità tra i migranti. Le ONG, spesso in prima linea nell’accoglienza e nel supporto ai migranti, svolgono un ruolo fondamentale nella creazione di reti sociali che riducono il rischio di isolamento e marginalizzazione. Da qui una serie di raccomandazioni conclusive per le politiche future, con particolare attenzione alla collaborazione tra governi locali, nazionali e organizzazioni internazionali.