Un tuffo nel passato

Un tuffo nel passato

Tuffarsi nel passato per costruire ponti/anelli di congiunzione con il futuro.

Che appartiene, per ovvie ragioni, ai giovani da non lasciare soli o in balia di chi si impadronisce delle loro vite! I tuffi sono rischiosi. Possono causare l’annegamento nel rimpianto e nell’impotente nostalgia. Occorre un po' di coraggio, forza di cuore, voglia di ricordare. Sapendo che senza memoria, sia biologica sia psicologica, sia individuale sia comunitaria, non si sconfigge la morte.

Anche a costo di qualche eresia nella ricostruzione di un passato che ci fa dubitare dell’esistenza oggettiva di una patria e di una nazione. Soprattutto dell’Italia che in un recente libro Giampaolo Visetti denomina “Ex Italia”, «Paese di Paesi», dove viviamo nella crisi. Un Paese che, dalla fine della Seconda guerra mondiale, edifica una democrazia «intesa quale garanzia di libertà». Ma che «... sessant’anni dopo è ridotta a proteggere una capacità di consumo». (pag. 21) Dunque, un invito al ritorno al passato?

Solo desiderio di fare luce a me scavando nella mente  e di tentare di proiettare i ricordi verso il futuro. Cominciando dall’infanzia. Raccogliendo frammenti che aiutino a trovare l’origine del ‘mio’ concetto-sentimento di ‘patria’ che uso come un lanternino per fare luce in un mondo incamminato verso la sparizione di essa.

1) Mio nonno, ciabattino, mentre risuolava le scarpe, mi raccontava della sua prigionia durante la Grande Guerra. In trincea aveva commilitoni ‘stranieri’ che non si capivano tra loro a causa dei dialetti diversi e spesso litigavano. In prigione se la passò meglio perché venne portato in una caserma dove doveva riparare gli stivali degli ufficiali austriaci.

Dai quali era ripagato con abbondante cibo a base di patate (Kartoffeln). In quinta elementare, il maestro, ex podestà del paese con stivaloni e pantaloni a zuava, spiegò alla classe che l’Italia aveva combattuto tante guerre. Le aveva vinte tutte grazie ai grandi eroi e patrioti come Cesare e il duce Benito Mussolini, che però venne sconfitto a causa del tradimento di alcuni vigliacchi che aprirono le porte di Gela ai nemici americani sbarcati per invadere la Patria.

2) Da giovane liceale mi sorpresero alcune categorie storiche: Illuminismo “Ubi Bene Ibi Patria”; Romanticismo : “Ubi Patria Ibi Bene!”. Poi, Foscolo, poeta patriota: «Straniere genti, almen l’ossa rendete/ Allora al petto della madre mesta». A chi si rivolge invocando le “Straniere genti”? Agli inglesi? No! Foscolo si considerava in esilio nella città di Milano dove scrisse il sonetto “In morte del fratello Giovanni”. E la madre?  Forse era Venezia la sua patria, dove non era neanche nato essendo, invece, nato a Zante dalla greca  Diamantina Spathis. 

3) Il mondo di oggi ha dilatato e, di fatto, annullato i confini nazionali grazie alla loro erosione provocata dalla globalizzazione delle economie e della comunicazione. Riprendo i documenti della Conferenza di Casablanca del gennaio 1943. 

Le Potenze ivi riunite ragionano e, talvolta. si scontrano sui termini di conquiste e di popoli in risposta all’enunciato di Hitler che aveva dichiarato di aver preso la decisione della guerra non solo come Capo della Nazione Tedesca, ma anche come Rappresentante della Cultura e della Civiltà dell’Europa. Churchill, De Gaulle e Roosevelt  conclusero la difficilissima trattativa con l’impegno di ridare alle «... Popolazioni conquistate oggi…» la certezza che «saranno domani padroni del loro destino»,  e l’impegno a ridare «ai popoli conquistati i loro sacri diritti». A Casablanca venne deciso lo sbarco in Sicilia in considerazione di una strategia militare che la giudicava il ‘ventre molle dell’Europa nazifascista’ dove attirare le truppe tedesche per indebolire la loro resistenza nel Nord Europa. «Sino alla resa incondizionata!».

4) Il richiamo alle decisioni di Casablanca serve, secondo me, a fare luce sul significato che i governi di Francia e degli Usa hanno voluto attribuire all’80° anniversario dello Sbarco in Normandia. A) Macron ha voluto rimarcare la dimensione nazionalista della presenza francese nell’U.E. b) Biden è venuto per sottolineare l’interesse americano verso un’Europa che non può essere lasciata sola. Le elezioni europee di qualche giorno dopo la commemorazione hanno fornito elementi che da soli raccontano di un’Europa a brandelli.

5) A brandelli proprio quell’Europa che era stata promossa da Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi nel 1941 nel Carcere di Ventotene, dove erano stati isolati da Benito Mussolini, che, però, era stato definito vero ‘statista’ dal liberale Churchill! Nel Manifesto, Spinelli e Rossi auspicarono un’Europa che andasse oltre i nazionalismi che sono costrutti storici impegnati a fomentare egoismi e guerre.

La loro prospettiva fu un’Europa Federale. Cioè, un organismo Universale capace di promuovere la Pace e lo Sviluppo. Così come è stata interpretata da grandi ‘europeisti’, anche francesi, come Jacques Delors e come è stato auspicato dalla Proposta di una Costituzione per l’Europa, firmata a Roma nell’ottobre 2004, dove non si parla più dei ‘popoli’, ma di ‘cittadini’. (Guarda caso, bocciata proprio dalla Francia!).

6) Che c’entra questo divagare con Gela? Certo è che c’è stato scarso o addirittura nullo interesse da parte delle Istituzioni Regionali, Nazionali ed Europee per la celebrazione dell’80° dello Sbarco degli Alleati a Gela. Come la cosa avrebbe meritato alla luce della ricerca di una nuova relazione tra Città e Mondo, tra particolare e universale, tra il singolo individuo e la totalità. Oggi non se ne può prescindere. A me pare doveroso valutare le occasioni per ragionarci sopra muovendo da un ‘cominciamento’ e camminando insieme. Proprio come nella tradizione della cultura europea.