L'istruzione in Italia presenta un panorama complesso e variegato, caratterizzato da una dicotomia tra eccellenze riconosciute e crescenti preoccupazioni etiche e sociali.
Esso racconta il lento inesorabile tramonto dell’ascensore sociale. I giovani che frequentano le università migliori appartengono a famiglie dotate di reddito medio o medio alto. E sono sempre di più i giovani, appartenenti agli strati più deboli, che scelgono le università telematiche.
La questione, dopo un torpore trentennale, è diventata oggetto di inchieste, editoriali e reportage, che hanno posto in primo piano proprio le università telematiche. Laureifici che ormai anni distribuiscono titoli di studio a pagamento, realizzando ingenti profitti con il tacito assenso della politica, hanno guadagnato le prime pagine nei media nazionali.
La questione ci impone di andare indietro con il tempo, fine anni ‘90, quando a Gela vennero introdotti tre corsi di laurea in Economia e Commercio e successivamente un corso di laurea in Scienze delle Comunicazioni, entrambe sezioni decentrate rispettivamente delle Facoltà di Economia e Commercio e Lettere e Filosofia dell’Ateneo di Catania.
Una esperienza durata nove anni circa e coronata da successo, conclusasi con la fine dei due mandati del gelese prof. Filippo Collura al vertice dell’amministrazione provinciale di Caltanissetta, ente finanziatore dei corsi universitari. Dopo Collura, le autorità locali – sindaco Rosario Crocetta – lasciarono morire i corsi universitari, aprendo il varco alle università telematiche, che oggi a Gela prosperano e fanno della comunità gelese la più attrezzata nel campo della didattica a distanza.
Non è qualcosa di cui menare vanto, costituisce piuttosto un passaggio epocale. La generazione di studenti privi di sostegno economico o interessati a guadagnare il titolo piuttosto che acquisire competenze prima di entrare nel mercato del lavoro, trova un’alternativa nelle università telematiche, la cui attrattiva principale risiede nel loro basso costo e minore impegno richiesto.
Gli iscritti dei giovani, residenti a Gela o nel comprensorio, alle università telematiche non costituiscono pertanto solo un indicatore utile nel campo dell’istruzione universitaria, ma la spia di una decrescita economica e, ancora più rilevante, di una caduta verticale di progetti di vita ambiziosi o, comunque, tendenti ad occupare una fascia reddituale alta. Sono venute meno volontà ed interesse e si è preferito puntare al “titolo di studio”, consapevolmente.
La qualità dell’insegnamento della didattica a distanza non è un mistero per nessuno. Se ne conoscono abbondantemente i vantaggi, che nulla hanno a che vedere con il bagaglio culturale. Se il Presidente della Provincia Collura merita di essere ricordato come uomo avveduto e lungimirante, gli amministratori locali silenti, che non raccolsero la scommessa del polo universitario, si iscrivono nella pagina peggiore della storia locale.
Oggi, la frequenza di giovani gelesi nelle università di eccellenza o negli atenei pubblici (e privati di grande prestigio, come la Bocconi e la Cattolica di Milano ed alcune altre), appare propedeutica all’emigrazione nel Nord Italia o all’Estero, con il conseguente depauperamento di risorse umane.
L’abbandono della esperienza universitaria pubblica negli Anni Duemila, quindi, è da ascrivere come un evento che segna la comunità di Gela in modo indelebile. Non avere usato le leve giuste per ottenere la permanenza dei corsi di laurea non è un peccato veniale della politica locale, ma uno dei peggiori fenomeni di superficialità, sciatteria e indifferenza della politica locale.
Il caso di Gela si inserisce, naturalmente, all’interno di un fenomeno nazionale. Le università telematiche, specie nel Mezzogiorno, rappresentano una componente significativa del sistema educativo, con 11 istituzioni, un numero che supera altri paesi occidentali. Questi istituti, prevalentemente privati e orientati al profitto, hanno registrato ricavi di profitto notevoli e un aumento degli iscritti, costituendo oltre il 10% degli studenti universitari.
Un fenomeno in crescita nonostante le critiche relative alla qualità dell'istruzione e alla precarietà del corpo docente, spesso costituito da lavoratori con contratti annuali e in posizione di subalternità. A giudicare la qualità dell’istruzione nella didattica a distanza basta un dato: il rapporto studenti-docenti nelle telematiche è passato da 152,2 del 2012 a 384,8 del 2022, ed è circa tredici volte superiore rispetto a quello delle università tradizionali, sceso, stesso intervallo di tempo, da 30,2 a 28,5
Ad ampliare il quadro del declino, in parallelo alla questione delle università telematiche, si è registrato il fenomeno dei diplomifici in Sicilia. Reportage e inchieste hanno fatto conoscere di recente come alcune istituzioni private offrano diplomi a prezzi accessibili, con offerte che arrivano a promettere la consegna di un diploma di maturità recuperando quattro anni di studi in meno di un anno.
Queste pratiche, nonostante siano ampiamente conosciute, non hanno suscitato lo scandalo che ci si aspetterebbe, continuando a ricevere anche contributi pubblici.
L'ultimo dossier dell'ANVUR relativo al panorama dell'istruzione superiore e della ricerca in Italia, pubblicato a giugno 2023, offre un'analisi dettagliata dello stato del sistema universitario del paese, evidenziando le evoluzioni degli ultimi dieci anni. Tra i dati rilevanti, emergono due tendenze significative: la prima riguarda le disparità geografiche tra le diverse aree del paese, mentre la seconda si concentra sul confronto tra università tradizionali e telematiche.
Il divario tra Nord e Sud continua a espandersi, segnando una preoccupante tendenza nell'ultimo decennio. Il numero di studenti universitari è in aumento nel Nord Italia, con un incremento del 17,2% nelle università del Nord-Ovest, mentre nel Sud si registra una flessione del 16,7%.
Questa tendenza è confermata anche dai dati relativi alle nuove immatricolazioni, che mostrano un aumento del 15,7% nel Nord-Ovest e una diminuzione del 2,2% nel Sud. Nonostante un incremento dell'offerta formativa e un miglioramento nel rapporto studenti-docenti nel Sud, la domanda di educazione superiore rimane significativamente bassa.
Parallelamente, si osserva un ridimensionamento del gap tra le università tradizionali e quelle telematiche. Le università telematiche hanno registrato una crescita esponenziale sia nel numero di iscritti, con un aumento del 410,9%, sia nell'offerta formativa, che è cresciuta del 113%. Queste tendenze riflettono una mutazione significativa nel rapporto tra studenti e docenti, sebbene la natura stessa dell'educazione telematica renda questo indicatore meno critico.
È interessante notare come la distribuzione per fascia d'età tra gli iscritti nelle università telematiche mostri una speculare inversione rispetto a quella delle università tradizionali. Se precedentemente le telematiche attraevano principalmente individui oltre i 31 anni, ora stanno vedendo un incremento di giovani neodiplomati tra i loro iscritti, suggerendo un'evoluzione nel loro bacino di utenza.
Le implicazioni di queste dinamiche sono molteplici. La crescente polarizzazione geografica potrebbe aggravare le disuguaglianze regionali e ostacolare lo sviluppo, specialmente nel Sud, già afflitto da una preoccupante riduzione demografica.
In conclusione, mentre l'istruzione telematica potrebbe semplificare l'accesso all'educazione superiore, è fondamentale valutarne gli esiti a lungo termine per assicurare che tale accesso non si traduca in una forma di inclusione che pregiudichi la qualità dell'apprendimento e le prospettive future degli studenti.