“Il dialetto buterese nelle poesie di Giuseppe Messina”, questo è stato il tema dell’incontro culturale che si è svolto sabato scorso 11 maggio nell’aula consiliare di palazzo di città a Butera, nel corso del quale è stata presentata la sua ultima raccolta di poesie, dal titolo P’amuri da Sicilia, scritte in dialetto con accanto la traduzione in italiano.
Presenti all’incontro il sindaco Giovanni Zuccalà, il presidente del Consiglio comunale Emilio Tallarita. Moderatrice dell’incontro Cristina Chimera. A curare l’organizzazione dell’evento, oltre all’amministrazione comunale buterese, Crocifisso Ragona dell’associazione culturale gelese “Giuseppe Navarra” e della moglie, la prof.ssa Giusi Ragona, presidente, che per l’occasione ha letto alcune poesie, oltre allo stesso scrittore e a tanti volontari. Assente per indisposizione l’assessore alla cultura Donzella.
Nel corso dell’incontro è stato sottolineato come le poesie del prof. Messina siano cariche di sentimento per il paese natio e per la Sicilia in generale, gli usi e i costumi, i vizi e le virtù, i personaggi della Butera che fu, con l’intento di riconsegnarle anche alla conoscenza delle nuove generazioni.
«Altro elemento molto presente nelle sue poesie è la religiosità – ha sottolineato la moderatrice – in particolare la festa del santo patrono, San Rocco, la cui devozione è molto forte così come le celebrazioni della settimana santa. Un amore che s’intreccia con la malinconia, come se la Sicilia avesse scacciato i suoi figli migliori altrove. C’è comunque nei suoi versi anche un accenno alla speranza, che qualcosa al sud possa cambiare».
E’ intervenuto il sindaco che ha sottolineato l’importanza del valore della cultura per Butera e dell’impegno a promuoverne ogni aspetto nell’interesse dei cittadini.
«Le poesie in dialetto buterese del prof Messina ci riportano alla nostra contemporaneità – ha detto –, sono un tesoro che non si deve disperdere, il dialetto è qualcosa che ci appartiene, è una lingua che vale».
Emilio Tallarita nel suo intervento ha detto: «Pippo Messina è stato da sempre per chi lo conosce sin da ragazzo, una guida, un faro, soprattutto per i suoi coetanei. Un grande punto di riferimento in vari settori, per la scuola come per l’avvocatura. E’ stato un protagonista anche politico, come assessore è stato di esempio. Come poeta sta dando un notevole contributo culturale, facendo rivivere attraverso i suoi versi la storia antica di Butera, di persone che hanno lasciato il segno».
Abbiamo rivolto qualche domanda al prof. Messina:
– Che scelta di vita è stata quella di andare a vivere al nord, considerando il suo forte legame con Butera?
«Ho iniziato a lavorare come insegnante di lettere nel 1970 a Pinerolo, mi sono sposato e mio figlio è nato lì. Poi per 33 anni abbiamo vissuto a Butera; dopo il pensionamento dalla scuola (ha insegnato per anni lettere all’Itc sturzo di Gela), nel 1997 mi sono laureato in giurisprudenza a Catania con il massimo dei voti (110 e lode) e ho esercitato la professione di avvocato fino al 2010.
Io e mia moglie abbiamo deciso di tornare al nord, perché mio figlio per ragioni di studio e anche di legame personale ha deciso di trasferirsi e di conseguenza, per amore della famiglia, lo abbiamo seguito. Oggi vivo stabilmente a Cisano Bergamasco, una bella cittadina tra Bergamo e Lecco. Ci vive e lavora come ottico anche mio figlio Enzo con la famiglia, la moglie Livia, anche lei buterese e le figlie Miriam e Martina. Torniamo molto spesso a Butera, dove il legame umano è molto forte».
– La sua attività letteraria è improntata sui testi dialettali: da cosa nasce questa inclinazione?
«Ho iniziato a scrivere 20 anni fa poesie in dialetto e nun scrissi pi mintarimi un paisi ma pi fari parrari li vutrisi, cioè ho voluto dare voce al popolo buterese e alla sua storia, per valorizzarne la cultura e le tradizioni, per non farle disperdere. Ho un legame strettissimo con il dialetto siciliano e buterese in particolare. Il libro, P’amuri da Sicilia è una raccolta di poesia sia in dialetto che in italiano. Il terzo volume che ho dato alle stampe da poco ne contiene 600, stavolta in maggioranza italiano, ma il dialetto non lo abbandonerò mai».
– Cosa si porta di Butera quando ritorna al nord?
«Mi porto tutto quello che ho vissuto, gran parte della mia vita, le esperienze che vivo ogni giorno. Per me è bellissimo ritrovarmi a Butera tra le persone che mi stimano e con quelle con cui ho imbastito un legame di amicizia che va oltre il tempo e lo spazio».