Scrivere è una vanità

Scrivere è una vanità

Forse hanno ragione quanti ritengono che lo scrivere sia un atto di vanità!

Non lo fu per gli Illuministi del ‘700 che, compilando dizionari, enciclopedie, manuali, riviste e quant’altro, vollero trasmettere saperi ritenuti indispensabili alla edificazione del cittadino moderno.

Saltando verso l’attuale quotidianità, mi pare ovvio chiedersi: Oggi è consigliabile leggere da un libro, da un foglio un’informazione utile all’essere cittadino, uomo che la città rende libero? Prendo, ad esempio, il bugiardino di un farmaco e leggo.

Risultato? Non ci ho capito nulla!

Tanti fogli accompagnano attrezzi fai-da-te con identico risultato. E si va ad intuito! Stesso risultato si ripete quando mi accingo a compilare un modello per la dichiarazione dei redditi. 

Secondo le indagini degli istituti di ricerca si tratta di una crescita spaventosa della incomprensione dei testi scritti! E quindi, della necessità di ricorrere agli esperti. Come facevano i soldati analfabeti del primo Novecento che ricorrevano all’Ufficiale per farsi leggere la lettera della ‘morosa’. (Con tutti gli annessi e connessi!)

Anche oggi, non tutti possono permettersi di ricorrere all’esperto. Neanche per curare la propria salute fisica e mentale. Che, forse, andrebbe presa in debita considerazione nell’epoca caratterizzata (definitivamente?) dal ‘precariato’. Che sino a qualche decennio fa riguardava in modo drammatico il lavoro.

Oggi il precariato si è ‘evoluto’  e contagia l’intera esistenza del mancato cittadino consapevole o inconsapevole della sua impotenza. Non è più, cioè, una questione soltanto sociale, ma, peggio, è una condizione esistenziale da delegare alla psichiatria perché viene diagnosticata come una patologia causata dalla fragilità di istituti che ancora nel recente passato, attraverso i comportamenti esemplari o le narrazioni scritte, hanno rimarcato il bisogno umano di dare ‘senso’ alla vita che, di per sé, un senso non ce l’ha.

La globalizzazione, da un lato, e la collegata democrazia utilitaristica, dall’altro, hanno ridotto a ‘chiacchiera’ la ricerca di ‘senso’ da dare alla vita umana individuale e di gruppo: pura perdita di tempo! Con quale alternativa? Quella del far denaro con i governi di tutto il pianeta impegnati a sottrarre beni e servizi alle persone affette da precarietà accrescendo le sovvenzioni ai più facoltosi.  La colpa?

 La colpa viene da chi governa attribuita agli Organismi Universali quali Onu e UE lontani dai bisogni dei cittadini.

I quali, per la verità, abitano in luoghi che non sono più la città tradizionale dove c’erano famiglie, chiese, scuole, botteghe, strade, piazze!...Luoghi in cui si ‘stava’, anche trasgredendo!

Rimpiangere i bei tempi andati?

Provare nostalgia non è n reato! Però, può fuorviare! Ma, può essere utile dando sostegno a chi deve costruire il ‘senso’ da dare alla sua esistenza, E a quella dell’Altro, senza la quale esistenza la ‘sua’ non si porrebbe nemmeno.

Come, quindi, cercare l’altro? E dove? Linguaggi e luoghi se ne possono elencare parecchi...

Sono stato fortunato perché ho potuto coltivare l’amicizia con Turiddu col quale ho condiviso tante volte la colomba pasquale che lui offriva pure al suo mulo.

Più recentemente ho ammirato il dipinto di un giovane studente che ha disegnato una ragazza la quale, dopo aver lavorato al computer, apre la finestra e saluta un drone che le offre la mano. 

Luciano Vullo