Questo denso volume di quasi 300 pagine si addentra nei meandri delle neuroscienze e della psicologia cognitiva per esplorare un fenomeno ben noto: la credenza in Babbo Natale.
Ne è autrice la gelese Patrizia Chiesa, classe 1994, già studentessa del locale Liceo Socio-Psico-Pedagogico e in possesso di un Master conseguito alla Tufts University (nel Massachusetts) sotto la supervisione di Daniel Dennett, il celebre filosofo della mente e della biologia scomparso a 82 anni il 19 aprile scorso.
Con una prosa chiara e accattivante, la studiosa mette in luce come le credenze culturali, in particolare quella di Babbo Natale, si radichino profondamente nelle nostre strutture neurali e nella nostra storia evolutiva.
Il libro, articolato in quattro parti per quindici capitoli totali, naviga tra teoria, storia culturale, analisi neurologica e implicazioni psico-sociali, imponendosi come una lettura indispensabile per chiunque sia interessato a comprendere le origini e le funzioni delle credenze mitico-religiose, una tipica prerogativa del Sapiens, l’unica specie tra quelle note capace di sviluppare favole ottimistiche sul proprio posto nell’universo.
La I parte del libro fissa le fondamenta scientifiche necessarie per comprendere il resto dell'opera. Nei primi capitoli, Chiesa introduce concetti chiave delle neuroscienze e della psicologia cognitiva in chiave evoluzionistica, evidenziando come queste discipline possano essere applicate allo studio delle credenze religiose e culturali.
Il capitolo sui "Principi di Psicologia Evoluzionistica" è particolarmente illuminante, perché spiega come certi schemi di credenza possano avere radici profonde nella nostra storia evolutiva, configurandosi come meccanismi adattivi che favoriscono la coesione sociale e la sopravvivenza del gruppo.
Uno degli aspetti più interessanti di questa parte è la discussione sulla "Credenza come Fenomeno Neurocognitivo", dove Chiesa esplora come le strutture cerebrali predispongano gli individui a formare e mantenere credenze: "Le credenze sono più di mere razionalizzazioni narrative di fatti; sono ancore cognitive che collegano gli individui alle loro culture e contesti sociali" (p. 34).
Questa sezione non solo fornisce il contesto teorico necessario per gli approfondimenti successivi, ma stabilisce altresì una solida base che aiuta i lettori a comprendere come le nostre menti elaborino e reagiscano a concetti complessi come quelli di divinità o figure mitologiche.
Nella II parte del libro, Chiesa si concentra specificamente sulla figura di Babbo Natale, analizzandone le origini storiche e la trasformazione in un'icona culturale globale. Nel capitolo "Babbo Natale: Origini e Evoluzione di un Mito", l’autrice traccia l'evoluzione di questa figura dalla tradizione di San Nicola, attraverso le varie interpretazioni europee, fino alla commercializzazione americana nel XIX e XX secolo.
Il successivo capitolo, "Il Ruolo dei Miti e delle Leggende nella Psiche Umana", esplora la funzione psicologica delle narrazioni mitologiche nel fornire modelli di comportamento, valori etici e conforto psicologico. Chiesa mostra che figure come Babbo Natale funzionano come "amici immaginari per la collettività, nonché come archetipi del padre buono e generoso, rispondendo a un bisogno psicologico profondo di figure protettive e benevole nella vita degli individui" (p. 78).
Particolarmente interessante è l'analisi di Babbo Natale come "oggetto transazionale" nei capitoli successivi, dove viene esaminata la capacità di questa figura di agire come mediatore nelle interazioni sociali e personali, soprattutto tra genitori e figli durante la festività natalizie.
La III parte del libro rappresenta il cuore dello studio neurofilosofico. In "Analisi Neurologica della Credenza in Babbo Natale", Chiesa presenta dati di ricerche neuroscientifiche che illustrano quali aree del cervello si attivano quando gli individui pensano a Babbo Natale o si impegnano in riti legati a questa figura.
Attraverso l'uso di tecnologie come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), ella dimostra come il pensiero rivolto a Babbo Natale possa stimolare aree legate all'affetto, alla ricompensa e alla memoria. Il capitolo successivo, "Babbo Natale come Archetipo del Padre Buono", si addentra in una disamina più profonda del significato psicologico di Babbo Natale già messo a tema in precedenza.
Utilizzando la teoria jungiana degli archetipi, Chiesa argomenta che "Babbo Natale soddisfa il bisogno inconscio di una figura paterna onnipotente e generosa, capace di comprendere senza giudicare, di premiare senza riserve" (p. 142). Inoltre, in "Babbo Natale e la Sua Funzione Memetica nella Società", l'autrice analizza Babbo Natale come un meme (o un memeplesso) nel senso dawkinsiano del termine, cioè come un'unità di informazione culturale che si replica e si diffonde come un virus da mente a mente, da mente a Mondo 3 (cultura o spirito oggettivo) e da Mondo 3 a mente.
Nella IV e ultima parte, l’autrice presenta una serie di studi di caso e dati sperimentali a sostegno delle teorie discusse nelle sezioni precedenti. Il capitolo "Studi di Caso: La Credenza in Babbo Natale in Diverse Culture" esplora sia come diverse società interpretino e integrino la figura di Babbo Natale nei loro contesti culturali e religiosi sia come, nonostante le variazioni regionali, la figura di Babbo Natale mantenga certe caratteristiche archetipiche che risuonano universalmente.
Segue il capitolo "Esperimenti e Risultati: La Misurazione della Credenza", dove l'autrice descrive esperimenti condotti in laboratorio per misurare la credenza in Babbo Natale. Utilizzando metodologie come questionari psicometrici e analisi delle espressioni facciali tramite riconoscimento automatico coadiuvato dall’IA, Chiesa fornisce dati quantitativi sull'impatto emotivo e cognitivo di questa credenza.
Questi esperimenti dimostrano che "anche negli adulti, l'immagine di Babbo Natale evoca risposte emotive significative, suggerendo una radicata connessione neurologica con il simbolo" (p. 214). Il capitolo finale, "La Funzione Adattiva delle Credenze nel Mondo Moderno", è forse uno dei più provocatori. In esso Chiesa sostiene che la credenza in figure come Babbo Natale può avere funzioni adattive anche nell'età adulta, facilitando la gestione dello stress e rafforzando il senso di appartenenza e l’identità culturale.
L'autrice conclude così che "le credenze, anche quelle apparentemente irrazionali, giocano ruoli cruciali nella regolazione delle emozioni, nella costruzione del Sé e nella realizzazione della coesione sociale" (p. 238).
Il libro, possiamo affermarlo, è un'opera illuminante che spinge i lettori a riflettere profondamente sulle intersezioni tra biologia, cultura e credenza.
Attraverso un approccio multidisciplinare, Chiesa ha sapientemente illustrato come la figura di Babbo Natale, nonostante la sua apparente innocuità, riveli complesse verità sulla natura umana e sulle strutture cognitive che governano il nostro modo di pensare e credere.
Nella sua conclusione, la nostra studiosa presenta alcune riflessioni pessimistiche sullo stato attuale e futuro dello stile cognitivo razionale nell'umanità moderna, sottolineando una sorta di dissonanza tra l'architettura cognitiva ereditata dall'evoluzione e le aspettative di un pensiero razionale e scientifico come pilastro del progresso umano: "Nonostante i significativi avanzamenti nella scienza e nella tecnologia, il nostro substrato evolutivo continua a favorire lo sviluppo e il mantenimento di credenze religiose e mitologiche, che risuonano con le nostre predisposizioni neurali innate" (p. 254).
Chiesa argomenta che questo stile cognitivo, sebbene adattivo in contesti storici e ambientali specifici, può rappresentare un ostacolo nell'era dell'informazione, dove la capacità di analizzare criticamente e pensare in modo indipendente è più cruciale che mai.
La diffusione di credenze senza fondamento empirico, la suscettibilità alle fake news e l'adesione a narrazioni più comode che corrette sono sintomi di questa tensione tra la nostra eredità evolutiva e le esigenze del mondo moderno.