Gela e Eschilo: è la pagina più opaca della storia dei Geloi.
Ci è stato restituito poco e niente, e quel poco è ancora avvolto da una trama di mistero. Seguire le tracce del grande tragediografo negli ultimi tre anni della sua vita è una missione impossibile o quasi. Salvatore Parlagreco, autore del libro “Eschilo, l’enigma dell’aquila assassina”, svolge una indagine accurata. Da Sherlock Holmes dell’antica Grecia, ha dovuto però cambiare abito, ha indossando quello del saggista senza tuttavia abbandonare quello dell’investigatore per dipanare il mistero sulla morte del drammaturgo.
Su questo tema, per iniziativa di “Quelli della radio…”, martedì scorso, nell’Auditorium Santa Maria di Gesù, a Gela,, hanno conversato la scrittrice Maria Grazia Fasciana e Salvatore Parlagreco (i due nella foto). L’intervistatrice ha posto molte domande pertinenti nell’intento di offrire le testimonianze dell’attualità di Eschilo, ricordando in particolare una delle tragedie, Le Supplici, che vede come protagoniste cinquanta Danaidi esuli dalla loro terra.
Parlagreco si è soffermato su una prevalente storiografia che ci consegna l’immagine edulcorata del grande tragediografo, buon pastore di anime e ditirambi e ha fatto emergere la forte personalità attraverso una inedita descrizione del contesto in cui Eschilo opera attraverso una rilettura delle opere sopravvissute, nelle quali è possibile cogliere i moventi del crimine, il profilo politico, filosofico ed artistico del poeta e la rilevanza politica e sociale che il drammaturgo ebbe ad Atene e in Sicilia durante la transizione dalla tirannide alla democrazia.