Sessantotto-4/Quel ‘68 a Catania visto da via Oberdan

Sessantotto-4/Quel ‘68 a Catania visto da via Oberdan

E’ probabile che la visione di alcuni film riferiti ai fermenti nei campus americani, le notizie delle contestazioni alla Sorbona (con quella scritta sui muri “il est interdit d’interdire” ovvero “è vietato vietare”)

e la vicinanza al Pci abbiano indirizzato il mio interesse verso le lotte studentesche che presero piede nelle università italiane e nello specifico in quella di Catania, università che cominciai a frequentare assiduamente proprio nel 1968 quando ancora il Movimento Studentesco era agli albori.

Entrai anch’io a far parte della “lotta studentesca” con la partecipazione ad una occupazione, la prima in assoluto a Catania, quella della Centrale in piazza Università, sede della facoltà di Lettere, del rettorato e degli uffici di segreteria universitaria; era la notte tra mercoledì 28 e giovedì 29 febbraio 1968, l'occupazione durò un’intera settimana.

Una mattina, durante tale stessa occupazione, ci fu una forte contestazione dei fascisti (erano del Msi, del Fuan, di “Ordine Nuovo”, coordinati da Stefano Galatà, implicato poi nella “Strage di Stato”) capeggiati da Benito Paolone, da tale Caudullo (che portava sempre un berretto dei parà) e forse anche dai fratelli Rapisarda. Allora la Polizia che presidiava all’esterno la Centrale, nonostante la ressa degli studenti, sfociata poi a colpi di bastone tra compagni occupanti e fascisti, restò a guardare senza intervenire e lo stesso comportamento replicò in tutte le altre simili situazioni.

Numerare le assemblee tenutesi nelle aule universitarie in quegli anni è cosa impossibile; fiumi di parole che “allagavano” letteralmente la testa di chi stava ad ascoltare e la produzione di una quantità infinita di dazebao scritti a mano a carattere cubitali. Così come è impossibile numerare le occupazioni che riguardarono la Centrale, Via Androne, la Cittadella, Palazzo delle Scienze, il Magistero, Palazzo Ingrassia e Villa Cerami (appannaggio della controparte).

Qualche mese dopo, grazie ai buoni risultati dei primi esami che mi fecero titolo, ebbi la possibilità di entrare nella Casa dello Studente di via Oberdan e ciò quando ancora vi era un ambiente tranquillo non politicizzato e dove ancora rimanevano quei residui di goliardia rivolti alle matricole universitarie costrette a volte a subire situazioni indecorose; solo il benestare degli “anziani” all’inizio dell’anno accademico poteva esentare i giovani appena iscritti dagli atti di goliardia e ciò avveniva quasi sempre con il rilascio del cosiddetto “papello”, un documento su carta pergamenata, redatto in latino maccheronico, ornato di disegni caricaturali e pornografici e con motti diversi. Il “papello” era concesso previo pagamento di un pedaggio di natura mangereccia o di beveraggi o di sigarette e sempre seguiti da scherzi a non finire.

Con l’acuirsi dei contrasti tra il Movimento Studentesco e le istituzioni universitarie, anche la Casa dello Studente cominciò ad entrare in politica con la nascita della “Commissione di Controllo” tutta fatta di residenti di cui lo scrivente era uno dei responsabili.

Alla fine del 1968 entrarono in gioco anche Lotta Continua, Potere Operaio e coloro che inneggiavano a Mao Tsè-tung, tutti questi si inserirono nel Movimento Studentesco con il risultato dopo pochi mesi, a mio modesto parere, di aver contribuito a farlo scemare a livello numerico, in particolare per i loro atteggiamenti “rivoluzionari” contro le istituzioni borghesi (tipiche le frasi urlate e reiterate di “lotta dura senza paura” e “lotta di classe potere alle masse”).

In un’assemblea tenuta in quell’anno alla Casa dello Studente successe il finimondo, quando alcuni interventi di residenti, ritenuti a torto offensivi e di matrice fascista, suscitarono una reazione inusitata con un fuggi-fuggi tra bastonate e colpi di sedie. Ci andarono di mezzo diversi studenti della Casa e tra essi i fratelli Fiondino, ma anche, se pur incolpevolmente, quelli che avevano organizzato l’assemblea nelle persone di Salvo Luca e Salvino Tandurella.

Molto spesso, in tarda serata bisognava uscire con cautela, ad esempio era impossibile che un “compagno” o ritenuto tale perché indossava un montgomery o portasse la barba, potesse passare vicino la “Fazenda”, un locale notturno in Viale XX Settembre frequentato da fascisti e spesso da giocatori della squadra Amatori di rugby di Catania vicina agli ambienti della destra.

Quanti amici di vita notturna, Lello Vaccarella (finto pazzo per eccellenza negli scherzi ai colleghi), Enzo Misenti (conosciuto col titolo di professore per la sua “sapienza”, da anni iscritto in Medicina senza aver dato mai una materia), Angelo Blanco, Ezio Gurrieri (sempre fischiettante) Nuccio De Vivo, Gigi Caruso (figura paternalistica rispettata e riverita), Totò Padalino (caratterizzato dalla frase in dialetto ennese “ah bunu ie”), Salvo Lala (genio dell’elettronica, peraltro realizzatore di una radio privata RdS all’interno della Casa), Dimitri Tarzakis (?), proveniente dalla Grecia al tempo della dittatura dei colonnelli, subito appropriatosi di usi e costumi dei residenti della Casa, e tanti altri di cui mi sfugge il nome e che in massima parte non ho più rivisto.

I tempi d’oro, così per dire, del Movimento Studentesco sessantottino, appartenuti alla mia generazione, con la nuova infornata di studenti finirono dimenticati e, assieme ad essi, sparirono pure i miti dei vari Mario Capanna, Adriano Sofri (aderito poi alle Brigate rosse), Marco Boato, del libretto rosso di Mao Tsè-tung e della Cina maoista, degli studenti della Sorbona emblema del ‘68, di Herbert Marcuse, delle contestazioni sulla guerra del Vietnam, di Yasser Arafat e dei palestinesi, di Che Guevara ma anche dei sessantottini di Catania come Fiorentino, Centineo, Pippo Pace, i fratelli Famoso ed altri.
Miti di personaggi già obsoleti e mai più sostituiti dagli studenti in quella università già post-moderna.

In uno dei tanti miei rientri periodici a Gela, quando già il Sessantotto da qualche anno aveva esaurito la sua storia, in una tarda mattinata del 1972 mentre mi trovavo assieme ad alcuni amici vicino l’ingresso della Cartolibreria Randazzo, ricordo di aver assistito ad una protesta di un gruppo di giovani appartenenti a Lotta Continua, allora portavoce della protesta in alcune scuole superiori di Gela; gli stessi mentre effettuavano un volantinaggio, ingenuamente caddero in una provocazione ordita da alcuni attempati personaggi aderenti al Movimento Sociale Italiano presenti nelle immediate vicinanze di piazza Umberto I.

Il risultato fu quello di un parapiglia con l’ovvio intervento delle Forze dell’Ordine le quali agirono in modo pesante per i giovani di Lotta Continua che oltre ad essere maltrattati furono anche immotivatamente arrestati; tra essi ebbe la peggio uno degli organizzatori, Ciuzzo Abela (nella foto grande il corteo funebre), mio caro amico e vecchio compagno di giochi, il quale, trascinato dai poliziotti all’interno di un bar prospiciente il Corso, fu prima malmenato, nonostante la sua disabilità fisica, e subito dopo arrestato. Durante quei concitati frangenti ricordo anche che vi fu un via vai di volanti a sirene spiegate, senza che ce ne fosse motivo, che generò riprovazione in molti presenti.

Il Sessantotto sicuramente, anche con le sue pecche, ha dato un contributo significativo alla società, tra l’altro nella conquista dello statuto dei lavoratori, nella battaglia sul divorzio e sull'aborto e ha anche prodotto, come effetto indotto, la nuova legislazione sulla scuola e l'università. Il sessantotto, checché se ne dica, ha rappresentato una delle stagioni più tumultuose e affascinanti del nostro passato recente. Da allora, nessun pentimento di averlo vissuto mi è mai sopravvenuto, se non un senso di nostalgia, forse per i quarant’anni in meno di età, che mi ha pervaso profondamente nel ricordarlo.