In casa Gela sono giorni particolari anche e soprattutto per quel che concerne l'aspetto societario.
Il patron Angelo Mendola ha rassegnato le dimissioni venerdì scorso durante l'ennesima conferenza stampa incentrata sui dissidi con l'amministrazione e i problemi dello stadio. Una scelta provvisoria nell'attesa di risposte concrete e interventi necessari.
«Non dipende da me o da noi – sottolinea l'imprenditore gelese – ma dal sindaco. Sono totalmente deluso, quindi mi metto da parte perché non possiamo andare avanti in queste condizioni. Da diversi mesi sollecitiamo per questi interventi che sono necessari. Oggi abbiamo bisogno di fatti. Abbiamo progetti importanti, ma temo che non siamo ben graditi. La chiusura della tribuna ha comportato un danno di incasso, di immagine e di brutte figure nei confronti degli sponsor del Nord Italia».
E domenica abbiamo assistito ad una partita surreale. Poco più di 300 spettatori in curva, giornalisti ospitati a casa da privati che si sono messi a disposizione, giocatori in distinta a bordo campo. Allo stesso tempo era atteso in città uno degli sponsor di punta, produttore di cialde ecocompatibili, che avrebbe allestito uno stand. E invece, a causa della chiusura della tribuna, non se n'è fatto nulla.
«Solo ieri abbiamo avuto una perdita di 30.000 euro – afferma l'avvocato Fabio Fargetta (nella foto al centro, con il presidente Angelo Mendola e il dg Caiola) – e non è roba da poco. Oggi c'è un problema di affidabilità sugli investimenti. Dobbiamo avere delle risposte certe e rapide per evitare che il calcio scompaia a Gela. Chiediamo all'amministrazione di capire che ci sono esigenze. Se c'è un dialogo costruttivo l'avventura può continuare. Bisogna sedersi ad un tavolo e stabilire le condizioni che soddisfino tutti. La squadra ha bisogno di uno stadio all'altezza».
E' chiaro che la palla passa all'amministrazione. L'assessore Maurizio Melfa ha più volte detto di essere pronto a trovare una soluzione e di essere pronto a dimettersi se entro sei mesi non dovesse riuscire a portare a termine gli impegni prefissati. D’altronde l’assessore ai Lavori Pubblici è stato chiaro: “la sicurezza dello stadio è e resta una priorità”.
Certo è che si è arrivati a questo punto di rottura totale dopo mesi e mesi di tensioni, denunce, presunte aggressioni, richieste disattese e pec senza risposta. Un rapporto mai sbocciato e compromesso sin dalle prime battute. Ripercorriamo la storia.
Ad agosto 2016 Tuccio minaccia di lasciare. Il presidentissimo dichiara di non poter farsi carico da solo delle spese societarie in serie D. La squadra rischia di non partire per Pomigliano. Vanno via giocatori a raffica, oltre a Brucculeri, ma arrivano due fratelli imprenditori pronti a rilevare il 40%. Sono Angelo ed Emanuele Mendola. Decisiva la mediazione del sindaco Messinese e del vice Siciliano.
Durante la passata stagione non accade nulla di particolare. I Mendola sono soci, si vedono allo stadio, danno il loro importante contributo ma nulla più. Il rapporto si incrina la scorsa estate. Giorni intensi sul futuro societario. Tuccio lascia e fino all’ultimo giorno utile per l’iscrizione i Mendola non sciolgono le riserve.
La rottura totale a metà luglio: gli imprenditori lasciano il 40% dopo una riunione infuocata a Palazzo di Città in cui si è discusso animatamente. Dopo 24 ore ci ripensano e prendono il 100% della società e iniziano a costruire un grande Gela. Da lì in poi, però, i rapporti con la classe dirigente sono tesi. L’oggetto di discussione è sempre lo stadio. Servono interventi seri e necessari oppure l’affidamento della struttura. Finora nulla di tutto questo, con la speranza che l’aria cambi in fretta.