Non sarebbe la prima volta per il calcio gelese rischiare di scomparire, salvo poi a rialzarsi, ma mai è capitato, per quel che la memoria ci fa ricordare che ciò sia accaduto per l’incuria, l’insensibilità e la sciatteria di una classe politica lontana anni luce dalla comprensione di quanto sia importante lo sport per la funzione che esercita nella formazione dei giovani (Mens sana in corpore sano).
I fratelli Mendola, come tanti imprenditori avventuratisi nella gestione della maggiore squadra cittadina, sono rimasti incastrati per tre anni. Il loro predecessore, Angelo Tuccio, vi rimase per ben 11 anni. Dirigere una squadra di calcio in certe categorie e ai tempi d’oggi è diventata qualcosa di insostenibile. Farlo senza alcuna risorsa come hanno dovuto fare i Mendola in questa stagione e nello scorcio finale di quella scorsa, diventa autolesionistico. Niente incassi al botteghino, niente proventi pubblicitari. Tutto a perdere.
La società ha detto in un comunicato stampa dei giorni scorsi, di essersi persino vergognata, oltre al danno economico subito, di aver dovuto ospitare il blasonato Bari in un campo senza pubblico. Abbiamo fatto ridere l’Italia.
Domenica alcuni tifosi si son dovuti arrampicare sui tetti di un palazzo dietro la curca deserta del Presti per vedere alla meno peggio la partita. Avevano piazzato un cartellone con su scritto “275 giorni senza stadio. E la politica sta a guardare. Se ci siete o non ci siete è la stessa cosa”. Una condanna per tutti. Si spera che prevalga il buon senso e che si trovi il modo di chiudere quanto più dignitosamente questo campionato. Per la prossima ci sarà il tempo per rimettere le cose a posto e dare inizio ad una nuova stagione.