Politicamente scorretto/Il vestito buono di Nello Musumeci

Politicamente scorretto/Il vestito buono di Nello Musumeci

E’ proprio vero che l’abito non fa il monaco, come recita il noto proverbio.

A maggior ragione in questa epoca in cui la “comunicazione” la fa da padrona e apparire è ormai diventato molto più importante che “essere”. Il pensiero corre a due casi avvenuti negli ultimi giorni in Sicilia, con l’arresto di due distinti gentiluomini che avevano indossato il vestito della lotta per la legalità e dell’associazione antiracket per potere svolgere in tutta tranquillità affari poco leciti.
Addirittura minacciavano ritorsioni contro magistrati che si fossero permessi il lusso di indagare su di loro, paladini della legalità. Sotto il vestito buono, c’era il marciume più sporco e decomposto.

Il vestito della correttezza è quello invece indossato dal presidente della Regione Nello Musumeci (nella foto), ed è un vestito di buona fattura, sartoriale, che ha convinto i siciliani a votarlo. Tuttavia, dopo circa sette mesi di governo, questo vestito non si è ancora sgualcito, segno che il lavoro svolto non è stato poi tanto rispetto alle attese di una regione umiliata e in fase di caduta economica e sociale. Va bene, sette mesi non sono poi molti in confronto alla disastrosa situazione ereditata da Crocetta e dal governo del Pd: occorrerà dargli altro tempo.

Il problema è che per Gela, dopo l’avvento di Musumeci, non è cambiato poi molto. La Regione non ha assunto iniziative dure e decise in merito all’accordo di programma per l’area di crisi industriale complessa, e la crisi occupazionale sta assumendo livelli pericolosi. Si sono perse le tracce del progetto per la stazione Gnl utilizzabile per il rifornimento delle grandi navi che ci passano davanti, e rischiamo, con l’oleodotto per Delimara, di fare gli interessi (e un bel regalo) ai nostri dirimpettai maltesi.

In questi giorni, negli incontri tra ministero dello Sviluppo Economico e Regione, si sta approntando il piano per l’istituzione delle Zes, le zone economiche speciali che agevolano gli investitori e attraggono investimenti e capitali. La proposta dell’area di Gela per la Zes, avanzata a supporto dell’Interporto di Catania, sembra ormai dimenticata: nessuno ne parla, ma soprattutto nessuno la richiede.

Musumeci non ha ancora mosso un dito per adempiere a quello che è un suo obbligo di legge, cioè determinare il passaggio di Gela, Niscemi e Piazza Armerina alla Città metropolitana di Catania. Nel frattempo, però, il governo regionale “armeggia” con varie normative, prevedendo due soli Consorzi di Bonifica in Sicilia (ma noi, tutti buttati ad est, saremo col Consorzio della Sicilia occidentale, che non ci appartiene). Anche sugli Ato si intuiscono manovrine sottotraccia, mentre la presa in giro più evidente ed eclatante riguarda la Sanità. Perché il nuovo Governo, per distinguersi dallo sciagurato governo Crocetta, vuole approvare l’ennesima “riforma” della sanità regionale, naturalmente sottostimando ed umiliando l’Ospedale di Gela ed i suoi reparti, e obbligando i pazienti gelesi a servirsi per varie discipline dell’Hub di Caltanissetta.

Fino ad oggi, quindi, Musumeci ed il suo governo non hanno ancora “battuto un colpo” in favore di Gela, città che continua ad essere sola, isolata, priva di forza contrattuale e priva di referenti politici in grado di determinare fatti positivi, come è sempre avvenuto negli ultimi cinquant’anni.
Grazie agli ascari e ai ruffiani, che a Gela non sono mai mancati, la classe politica gelese in grado di incidere positivamente per la città non c’è mai stata, se escludiamo il breve periodo di Nino Occhipinti e la presenza attiva di Salvatore Placenti.

Gli altri gelesi sono sempre stati o all’opposizione o defilati nei banchi della maggioranza. Nel frattempo i partiti a guida provinciale nissenocentrica imponevano i vari Alaimo, Volpe, Sinesio, Coco, Cicero e compagnia: tutti nisseni eletti coi voti gelesi e che per Gela non hanno mosso un dito (addirittura Coco avversò ferocemente l’istituzione del Tribunale di Gela). Per non parlare di Simona Mafai, diventata senatrice con i voti dei compagni del Pci negli anni ’70, e che nessuno ha mai visto a Gela: si è seduta a Palazzo Madama e ciao! Ma così aveva deciso il partito…

Gli ascari e ruffiani di ultima generazione sono quelli che, con più di duemila voti a Gela, hanno permesso di assegnare il seggio di deputato regionale al forzista Mancuso, Che non conosco, e magari sarà anche una brava persona. Ma non credo (finora non l’ha fatto) che sbatterà i pugni sul tavolo a Palermo per aiutare la causa di Gela: alla fine, la maggior parte del suo elettorato è nel nisseno, ed è lì che dovrà dare la maggior parte delle risposte. Però potrei sbagliarmi clamorosamente: aspetto di vedere Mancuso ferocemente all’attacco sui problemi di Gela, sulla sanità bistrattata, sulla Zes, sul Gnl, sull’area di crisi industriale, sul passaggio a Catania. Se sarà così, gli chiederò pubblicamente scusa per avere dubitato di lui.