E' una calma apparente quella che sembra manifestarsi in città all'indomani del voto, con la politica locale che non sembra subire particolari scossoni, nonostante l'esito a dir poco clamoroso.
A Gela il centrodestra si conferma capace di avvicinare il 50% tanto alle regionali, quanto alle politiche, trascinato da Forza Italia piazzatasi – in quanto a consensi – immediatamente alle spalle di quel M5S prendi-tutto, autore del cappotto ai collegi uninominali nell'isola (28-0).
Le due forze più omaggiate dal voto in città, vale a dire pentastellati e berlusconiani, sono stati i principali fautori delle due mozioni di sfiducia mai dibattute, invero, in aula. Un dato alquanto significativo e per molti versi paradossale che in una città come Gela, martoriata dalla peggiore crisi della sua storia repubblicana, dev'essere fatto passare, al pari di altri, come un qualcosa di assolutamente "normale", quasi ovvio, nell'indifferenza più totale.
E' come se questa città fosse destinata oramai all'oblio, abbandonata a se stessa, in un suicidio silenzioso. Un'eutanasia da nanismo politico. Non si muove foglia mentre il vento della crisi spazza via tutto. L'unica "reazione" alle urne palesatasi a seguito del responso dei seggi, è un comunicato stampa inviato ai media dalla segreteria dell'on. Alessandro Pagano, il quale forte della terza rielezione in parlamento e del sorprendente risultato a Gela della Lega (7%), anzichè complimentarsi con la segreteria locale retta da Antonio Giudice, salviniano della prima ora, lo defenestra.
Sicchè, è lo stesso parlamentare sancataldese ad auto proclamarsi commissario cittadino del partito a Gela, in aggiunta alla carica di commissario straordinario in Sicilia occidentale già detenuta. Ne è nata una piccola diatriba, animata da alcuni militanti, a tratti infuocata, raccolta in parte dai media locali e che si è sviluppata specie nei social. Una polemica che per ora ha solo un po' agitato le acque, ma niente di più.
Eppure dietro l'exploit della Lega, diventato all'improvviso il terzo partito in città davanti financo il Pd, ci sarebbe un bel po' da approfondire. Pensare che il sorprendente risultato ottenuto a Gela rispecchi semplicemente il trend che ha visto Salvini premiato lungo tutta la penisola, sarebbe fortemente riduttivo.
La coalizione di centrodestra ha ottenuto ben tre seggi nel collegio plurinominale collegato al collegio uninominale di Gela, il quale ultimo si è rivelato decisivo. Un seggio è andato a Forza Italia, uno alla Lega ed uno a Fratelli d'Italia. Pagano era capolista della Lega nel collegio plurinominale di Palermo, in teoria "più sicuro" ed, invece, ha ottenuto il seggio da capolista nel collegio Gela-Agrigento-Mazara, suffragato in una città come Gela a cui l'onorevole sancataldese deve dire grazie, sebbene sfugga ai più in cosa questa città abbia inteso ringraziarlo o fiduciarlo con questo voto, fungendo da perfetto "salvagente".
Ma anche ciò diventa normale, a Gela. E' normale che ex udc ed ex alfaniani in lizza alle regionali, supportino la Lega e Pagano alle politiche, solo quattro mesi dopo. E' normale che venga sottaciuta la circostanza che vede almeno due assessori, se non metà giunta, ma con dentro comunque il vice-sindaco delle troppo deleghe ed accusato di metter naso ovunque, sconfinando sovente anche in competenze assessoriali non sue, votare e fare votare la Lega e Pagano.
E' normale che venga sottaciuta la circostanza che vede oltre al consigliere Farruggia, notoriamente fedelissimo di Pagano, almeno altri quattro consiglieri appartenenti ad altri gruppi, votare e fare votare la Lega ed il deputato sancataldese.
E' normale e devono assolutamente passare in carrozza, le belle parole espresse dal sindaco Messinese ad un'agenzia di stampa, sul risultato eclatante ottenuto dalla Lega in città. In tutto questo, niente tessere, niente posizionamenti ufficiali. Tutto normale. Persino pacifico.
Un nanismo politico, dicevamo, senza precedenti. Quando siamo giunti ad oltre metà mandato, amministrazione e consiglio comunale continuano a litigare, o più semplicemente fanno finta, mentre i problemi ereditati sono incontrovertibilmente rimasti tali e nuove emergenze si sono inevitabilmente aggiunte.
L'amministrazione ha deciso di perseguire la via delle trattative sottobanco, con i singoli consiglieri e non con i partiti. Basta guardare le nomine di sottogoverno, mentre altre città si pregiano della collaborazione di professori universitari di rango e di professionisti acclamati, nei vari organi di staff ed a capo di partecipate.
Molto più utile dare un incarico al fratello di questo, al cognato di quest'altro, alla nuora di quella, alla figlioccia di quell'altra, ecc. L'essenziale è galleggiare, "sopravvivere" politicamente in una città che muore socio-economicamente. Un'amministrazione senza colore politico, che tatticamente si "vergogna" di dire per chi vota alle elezioni regionali e poi alle politiche. Un'amministrazione che non è nè carne, nè pesce ed un consiglio comunale che non riesce a dire basta, perché non sa rinunciare al gruzzoletto mensile maturato tra indennità e rimborsi. Tutto normale, per l'appunto, nell'ineluttabile oblio gelese.