A fronte dello tsunami grillino che ha investito l'intera isola, estendendosi a tutto il meridione d'Italia, quello di Gela del 4 marzo scorso è un dato che,
scendendo nel dettaglio senza soffermarsi ai numeri ed agli esiti generali, va letto in netta controtendenza, in una città che vive una crisi senza precedenti nella sua storia repubblicana, con tanto di desertificazione, collasso economico-sociale, privazione e chiusura di servizi di cui peraltro era già carente. Una città che si sente abbandonata dallo Stato e dalla politica, facendo segnare non a caso la percentuale di affluenza più bassa con il solo 52% degli aventi diritto recatisi al voto nelle 71 sezioni.
E' vero, sia al collegio uninominale alla Camera che al collegio uninominale al Senato, non c'è stata partita, con i rispettivi candidati grillini campioni assoluti di consensi. Entrambi i seggi uninominali, nel cappotto (28-0) generale siciliano, sono andati rispettivamente al Movimento 5 Stelle, premiando il sancataldese Dedalo Pignatone e il gelese Pietro Lorefice. Altresì, nel collegio plurinominale alla Camera collegato all'uninominale gelese, i pentastellati hanno piazzato tre dei quattro candidati presenti nella lista corta bloccata, mentre nel collegio plurinominale al Senato hanno fatto letteralmente il pieno: cioè, quattro eletti sui quattro presenti in lista.
Da tali premesse, va da sé che il M5S si traduca nella forza politica con più consensi in città, ma il distacco su chi segue è tutt'altro che vistoso, anzi è proprio il contrario, giacché immediatamente a ridosso dei pentastellati c'è Forza Italia, rimasta dietro solo di pochi punti percentuali rispetto al movimento grillino. I 5 stelle ritornano ad essere, quindi, la prima forza politica locale con il 36,42% nel collegio uninominale alla Camera e con il 37,31% nel collegio uninominale al Senato.
Ma Forza Italia è subito alle spalle con il 33,91% nel collegio uninominale alla Camera e con il 32,48% nel collegio uninominale al Senato.
Come si può notare, altresì, il voto forzista espresso nei due collegi è pressocché uniforme, non è influenzato dalla presenza di un candidato gelese alla Camera - peraltro in accoppiata con una candidata gelese capolista al plurinominale collegato – e di una candidata nissena al Senato: chi ha votato Forza Italia in città – e non sono stati pochi -, dunque, lo ha fatto indistintamente o quasi nel barrare il simbolo del partito di Berlusconi in entrambe le schede (quella rosa per la Camera e quella gialla per il Senato), con tutta evidenza senza uno spirito meramente campanilistico alla base.
Inoltre, come nel novembre scorso in occasione delle regionali, la coalizione di centrodestra si posiziona non distante dalla maggioranza assoluta in città, con il 45,8% di consensi incassato dalle urne per la Camera ed il 44,64% ottenuto dalle urne per il Senato, mentre alle elezioni regionali la percentuale fu del 47,2%. Un trend confermato nonostante due modelli elettorali (quello per le regionali con liste provinciali concorrenti condite dalle preferenze e quello per le politiche con liste corte e bloccate senza preferenze) profondamente diversi. All'interno della coalizione, peraltro, la grande sorpresa, indubbiamente, è quello della Lega che in questa tornata elettorale diventa il terzo partito in città, con oltre due mila voti totalizzati, dietro solo a M5S e Fi, davanti addirittura il Pd.
Un risultato richiamato in una dichiarazione ufficiale dallo stesso leader Salvini che ha citato, fra gli altri, il responso alle urne favorevole per il suo partito dai seggi di Gela, nel profondo sud, al fine di rivendicare una vocazione nazionale e non più meramente territoriale (Nord) della Lega. Un exploit esclusivamente mediatico o anche qualcos'altro? Per i più maligni i due mila voti gelesi, o larga parte di essi, che andarono a Mancuso e non a Federico nel novembre scorso, sono stati dirottati alla Lega questa domenica passata.
Si dirà: sono voti comunque andati lo stesso a (in questo caso a vantaggio) Federico, candidato all'uninominale in queste elezioni politiche come lo fu (in quel caso danneggiato) alle regionali di novembre, ma al plurinominale non sono andati a Fi, bensì alla Lega, per l'appunto, contribuendo - coincidenza o meno - all'elezione al proporzionale di Alessandro Pagano, a cui è scattato il seggio da capolista della Lega nel collegio 03 (Gela-Agrigento-Mazara) anziché nel collegio 01 (Palermo). Altri maliziosi si chiedono, poi, dove sono finiti i mille e cinquecento voti incassati da #Diventerà Bellissima alle regionali di novembre, considerato che Fratelli d'Italia, a cui avrebbero dovuto "per familiarità" confluire, ha ottenuto sostanzialmente la metà, poco oltre i settecento voti in questo appuntamento.
Andando oltre le congetture, si può affermare senza smentita, in definitiva, che tra la valanga grillina che ha investito l'intera isola e la decisa risposta in controtendenza del centrodestra, specie a Gela, vanno in Parlamento ben 6 rappresentanti del libero consorzio nisseno, fra i quali due gelesi. Oltre al citato Lorefice (M5S) al Senato, infatti, è stata eletta deputata alla Camera la forzista gelese Giusi Bartolozzi che non ha esitato a ringraziare la sua città per il forte consenso verso il partito che la vedeva capolista al collegio plurinominale, pur nel rammarico dei berlusconiani per la sconfitta (la seconda nel giro di pochi mesi) di Pino Federico a cui non è bastato sfiorare ed accarezzare la bellezza di quarantamila voti per ottenere il pass alla Camera: un risultato a dir poco straordinario ma, suo malgrado, insufficiente. Oltre ai citati Pignatone e Pagano, ottengono poi il rinnovo del mandato alla Camera sia la grillina Azzurra Cancelleri (per lei è la seconda esperienza) che la piddina Daniela Cardinale (per lei è la terza volta) la cui candidatura è stata fortemente contestata dai circoli territoriali del partito.
La figlia dell'ex ministro Cardinale, padre putativo di Sicilia Futura, ce l'ha dunque fatta. Ai dem sono andati nel collegio plurinominale 03, dove la Cardinale era capolista, circa trentaseimila voti, di cui poco oltre diecimila e settecento sono arrivati dal collegio uninominale di Gela. Nella città del golfo a votare Pd sono stati poco oltre duemila, di meno di quelli che votarono il poi eletto deputato regionale Arancio alle scorse regionali tenutesi pochi mesi fa. Dubbi e domande, per questa via, si accavallano, intrecciandosi. I ribelli piddini hanno votato davvero la Cardinale in quanto capolista renziana nel collegio? Quei voti incamerati dalla Cardinale a Gela sono tutti di Sicilia Futura e, secondo alcune indiscrezioni, anche da parte di qualche ex crocettiano?
Se fosse così, dove sono andati a finire i voti dei “ribelli” alla candidatura della Cardinale? Sono confluiti nei cinquecentocinquanta voti che ha ottenuto la lista “Insieme” in cui era capolista il gelese Lo Nigro? Ovvero nel migliaio di voti ottenuto all'uninominale dalla candidata gelese di Leu, Franca Gennuso, superata persino dall'altra giovane gelese in campo, Sefora Guastella, candidata nello stesso collegio alla Camera dal “Popolo della Famiglia”, per un risultato peraltro replicato dal candidato gelese del Popolo della Famiglia, Salvatore Sauna, al Senato davanti il candidato Leu Angelo Marotta?
Insomma, chi e cosa è, oggi.il Pd a Gela e nell'ex provincia? Dipende dalle elezioni e dai candidati in lista? Cosa faranno ora i gelesi di Sicilia Futura? Come gestirà questo nuovo arretramento nei consensi in città, la segreteria locale del partito? Come può la metà del consiglio comunale che si fa rientrare ancora nel centrosinistra esprimere in questo turno elettorale solo il 13% tra coalizione del Pd e Leu? Per dirla tutta, con estrema franchezza, a questo punto, innanzi l'evidenza dei fatti, si può ragionevolmente asserire che la resa dei conti, prefiguratasi come inevitabile già da diversi mesi, dopo le regionali e le politiche, diventa non più procastinabile, dentro e fuori i partiti. Chissà se anche tra gli scranni del civico consesso.