Questa domenica quarantasette milioni di italiani saranno chiamati al voto per eleggere seicentotrenta deputati e trecentoquindici senatori.
A questi vanno aggiunti quattro milioni e duecentomila italiani residenti all'estero aventi diritto al voto per corrispondenza. In tantissimi, tra di loro, non hanno capito bene come si vota ed ignorano la posta in gioco, mentre tra gli addetti ai lavori (partiti e leaders compresi) prevale nettamente l'incertezza sull'esito del voto ed è cresciuta di giorno in giorno la percezione di un risultato complessivo che, molto probabilmente, non vedrà un partito o una coalizione in grado di avere i numeri per governare e, cioè, una maggioranza assoluta in ciascuno dei due rami del Parlamento.
Dalla mezzanotte di venerdì 16 febbraio è scattato il divieto di pubblicazione e diffusione di sondaggi o indagini di qualsiasi tipo. L'ultima media delle rilevazioni ha visto il Movimento 5 Stelle inchiodato al 28%, il Partito democratico quasi al 23%, Forza Italia attorno il 16,5%, Lega attorno il 13,5%, Liberi ed Uguali nei pressi del 5,5% e Fratelli d'Italia vicini se non oltre il 4,5%. Gli altri partiti, compresi “Noi con l'Italia/Udc” nella coalizione di centrodestra, nonché “+ Europa”, “Insieme” e “Civica Popolare” nella coalizione di centrosinistra, con le rispettive liste, sono dati sotto il 3% e quindi sotto la soglia di sbarramento, la quale è del 3% per le singole liste e del 10% per le coalizioni.
La legge elettorale permette però che i voti delle liste all'interno della coalizione vengano recuperati, a favore della coalizione stessa, purché ricompresi tra l'1% ed il 3%. Ne consegue che, se i sondaggi fossero confermati, la coalizione di centrodestra chiuderebbe tra il 36% ed il 37% grazie al contributo attorno al 2% della lista “Noi con l'Italia/Udc”, mentre la coalizione di centrosinistra, o meglio il solo Pd (unico sopra soglia sbarramento), crescerebbe fino al 27,5%, convogliando a sé i voti delle altre tre liste sotto soglia (+Europa al 2,5%, Insieme al 1% e Civica popolare al 1%), portandosi quindi immediatamente a ridosso del Movimento 5 Stelle.
A tali percentuali, corrisponderebbe una fedele ripartizione dei seggi solamente al proporzionale nei collegi plurinominali (e cioè il 67% di Camera e Senato), mentre la variabile di queste elezioni, come abbiamo avvertito da subito, è proprio il maggioritario nei collegi uninominali (33% dei seggi di Camera e Senato) che se non proprio decisivo in merito all'assegnazione della maggioranza dei seggi – a cui, numeri alla mano, può ambire esclusivamente il centrodestra – è suscettibile di rivelarsi determinante quantomeno nei rapporti di forza tra i partiti che entreranno in Parlamento. E non è poco, considerato lo scenario più verosimile, come sopra ricordato, della “presunta” ingovernabilità.
In assenza di una coalizione o di un partito che ottenga una maggioranza precostituita in Parlamento, lo scenario più plausibile dal 5 marzo in poi sarà quello di un Capo dello Stato che, attraverso le consultazioni, lavorerà su due alternative: un “governo di larghe intese” (che rimane un'ipotesi difficile) ovvero un “governo minoritario” (magari sotto le mentite spoglie di un “governo tecnico”) che pur non godendo di una maggioranza assoluta parlamentare, passerebbe al vaglio della “fiducia” grazie ad una maggioranza “semplice” (maggioranza dei presenti e votanti).
In entrambi i casi (di larghe intese o minoritario che dir si voglia) si tratterà di un “governo di scopo” con il compito di varare una nuova legge elettorale (e nel frattempo tirare avanti navigando a vista). Da escludere, a parere di scrive, nonostante i proclami propagandistici pre-elettorali di importanti leaders, che si vada subito a nuove elezioni perché andare a rivotare a distanza di pochi mesi con la stessa legge elettorale non avrebbe alcun senso.
Ed a livello locale? La gelese Bartolozzi, al pari della “grande sorella”, la nissena Cancelleri e della figliol prodiga di Mussomeli, all'anagrafe Cardinale, sono già con un piede e mezzo alla Camera dei Deputati. Se la gioca da favorito all'uninominale per la Camera anche il forzista gelese Federico, nonché all'uninominale per il Senato anche il pentastellato gelese Lorefice.
La candidata di Leu alla Camera, la gelese Gennuso, potrebbe avere un buon risultato nel collegio uninominale, soprattutto se dovesse incassare – come si vocifera – i voti in uscita dal Pd dei “ribelli” locali, ma a fare da contraltare alcuni ex crocettiani gelesi sono andati a bussare alla porta dell'ex ministro Cardinale. Il gelese Lo Nigro al plurinominale può avere alcune possibilità se la sua lista centrasse l'impresa del superamento dello sbarramento. I gelesi Guastella e Sauna, candidati all'uninominale di Camera e Senato, col “Popolo della Famiglia”, puntano a “misurare” una forza politica che è al debutto assoluto.
Lo scenario che in città potrebbe emergere all'indomani del voto, sembra con tutta franchezza destinato a replicare quanto successo all'indomani del voto regionale, con un Sindaco di nuovo sotto la “scure” della sfiducia. Dopo quanto successo il 22 dicembre scorso, le forze consiliari si sono date una tregua dedicandosi alle imminenti elezioni politiche. Passate le quali, ritorneranno vecchi dilemmi, rimasti nel frattempo irrisolti.
L'amministrazione ha proceduto ad alcune nomine di sottogoverno, per le quali la fortissima impressione è che se tali nomine fossero state frutto di trattative, il primo cittadino avrebbe interloquito con il singolo consigliere comunale, piuttosto che con i partiti. Inoltre nessuna questione, dai rifiuti all'acqua, dai servizi sociali al manto stradale, da Eni al Porto, dallo Stadio al fenomeno del randagismo e via discorrendo, ha trovato una soluzione.
A prescindere dagli esiti del voto, invero, né il centrodestra locale né il centrosinistra locale avrebbero interesse a mettere il cappello su questa amministrazione, puntando dunque al completamento del quinquiennio, assumendosi la responsabilità su problematiche ed emergenze continue che attanagliano la città e che l'elettorato ha inteso investire altri alle passate amministrative. Il gioco non vale la candela quando poi ci sarà da rendicontare all'elettore a fine mandato.
Molto più logico ed opportunistico per entrambe le aree (centrodestra e centrosinistra), mettere fine a questa esperienza amministrativa e tornare a giocarsela, magari ricompattati al loro interno, alle nuove elezioni considerato che il Movimento 5 Stelle, il jolly (dell'assenza dell'effetto trascinamento delle liste che ritornerà invece alle prossime amministrative), se lo sono già giocato, gettandolo solo pochi mesi dopo alle ortiche.