Ridatemi la Prima Repubblica! Perché si stava meglio quando credevamo che si stesse peggio.
Lo squallore della politica attuale fa violentemente a pugni con il passato, che qualche problema, in effetti, ce l’aveva, ma di lieve entità rispetto ad oggi.
Oggi, quando votiamo con un sistema in maggior parte proporzionale, proprio come trent’anni fa, ma con una differenza notevole. Trent’anni fa potevamo esprimere democraticamente la preferenza per il candidato che più ci convinceva, mentre oggi i candidati sono già apparecchiati, pietanze belle e pronte preparate dai capi dei partiti. Quindi è sufficiente sbarrare il simbolo del partito, e magicamente il voto andrà al candidato scelto dai vertici: ma che bella democrazia!
E’ finito il tempo dei Berlinguer, dei Moro, dei La Malfa, degli Spadolini, dei Malagodi, dei Nenni, dei Pertini. Quegli uomini che probabilmente qualche errore lo hanno fatto anche loro, ma erano statisti di grande levatura e grande cultura politica. Oggi dobbiamo accontentarci dei Salvini, della Meloni, della Lorenzin e comprimari di ancor più bassa lega, tra cui spicca il presunto premier Di Maio.
Trent’anni fa i partiti erano sette, talvolta otto, e ognuno aveva le proprie radici di pensiero politico. I comunisti si rifacevano a Marx, seppure riveduto e corretto, i socialisti guardavano Turati, la Democrazia Cristiana prendeva spunto dal pensiero di don Sturzo, i repubblicani seguivano il motto “Pensiero e Azione” di Mazzini, i missini erano la destra forse un po’ troppo nostalgica del ventennio fascista. Ma le posizioni erano chiare, le scuole di pensiero anche, ci si confrontava nelle campagne elettorali cercando di convincere della bontà delle proprie idee e dei propri programmi.
Oggi i partiti sono soltanto delle macchine elettorali, senza più radici storiche, senza confronto, senza democrazia, anzi col culto della personalizzazione. Basta guardare i simboli di alcuni partiti presenti alle politiche di domenica: Forza Italia-Berlusconi Presidente, Lega – Salvini premier, Fratelli d’Italia-Giorgia Meloni, Area Civica-Beatrice Lorenzin, Liberi e Uguali con Pietro Grasso.
Quindi l’elemento preponderante, quello mediatico, non è il programma o il pensiero politico, ma il “capoccia” che tutto fa e tutto dispone, il centravanti di sfondamento capace di limitare i danni all’intera squadra e magari portarla ad un buon risultato. Solo i Cinquestelle non hanno inserito “Di Maio presidente”.
E quindi, domenica, tutti a votare per il proprio partito preferito, sperando di non iniziare la prossima settimana con “governi di scopo”, larghe intese, ammucchiate o “chi ci sta ci sta”.