«Votare scheda bianca si potrebbe considerare come una manifestazione di lucidità da parte di chi l’ha fatto…».
Rubo un pensiero a un premio nobel, lo scrittore portoghese Saramago, dal suo saggio sulla lucidità, per esprimere lo stato d’animo di quanti alle prossime elezioni non sanno per chi votare, estirpati del diritto di scegliere da chi farsi rappresentare in parlamento.
Il prossimo 4 marzo si svolgeranno le elezioni per il rinnovo di Camera e Senato, dopo cinque anni dall’ultima tornata elettorale quando non ha vinto nessuno e poi hanno governato quasi tutti. Si voterà con una nuova legge elettorale, forse ancora più “porcata” della precedente, un sistema formalmente misto, per un terzo maggioritario e per il resto proporzionale ma con liste bloccate: sostanzialmente quasi tutti gli eletti si sanno ancora prima del voto. Posti sicuri in parlamento per un drappello di vassalli pronti a garantire “responsabilmente la governabilità”. E la sovranità popolare? Roba da parrucconi, di chi ha scritto la Costituzione pensando che la volontà politica, espressa soprattutto dalle minoranze, significava semplicemente Democrazia.
Tutto ciò appartiene al passato, alla politica dei partiti partecipati, quando le riunioni duravano ore e ore, dove si era socialista, democristiano, comunista o altro, radicale con l’uno per cento, ma fieri di esserlo. Adesso voti un candidato proposto nel collegio uninominale, per stima personale o anche solo per amicizia, non esprimi il voto per nessuna delle liste proporzionali a lui collegate, la tua volontà non conta nulla, i voti dell’uninominale verranno comunque assegnati alle liste sulla base della percentuale raggiunta da ognuna di loro. Esattamente come descritto da Saramago nel suo romanzo, dove si immagina che gli elettori votino quasi tutti scheda bianca e i partiti (il potere) si dividono i voti non espressi, in percentuale al consenso avuto.
Con questo scenario, con promesse miracolanti che superano la parodia, con la campagna elettorale senza simboli, non si vedono e sentono confronti, incontri, cartelloni, volantini, discussioni da bar, la scelta più invitante è quella di non andare a votare. E dire che l’obiettivo della nuova legge elettorale doveva essere quello di non fare allontanare ulteriormente la gente dalle urne e ricollegare i candidati con il territorio, infatti molti politici a cui bisogna garantire il posto in parlamento sono stati inseriti nelle liste bloccate lontano dalla loro terra d’origine.
Né si può dire che i collegi uninominali esprimano più di tanto il rapporto con il territorio, per la Camera Gela fa parte del collegio nisseno, orfano di Niscemi e Resuttano, mentre per il Senato si unisce con il collegio di Enna. Aree legate da poco o nulla, forse dalla nostalgia per l’industria, l’antica via dello zolfo per i centri interni, il petrolchimico per Gela con la sua aspirazione industrialista ancora dura a sopirsi. I candidati locali del collegio uninominale della Camera dovranno attraversare, in lungo e in largo, gli impervi tracciati stradali che dalla città del golfo arrivano al vallone nisseno. Compito ancora più ostico per i gelesi aspiranti senatori che dovranno visitare 54 comuni compresi nelle provincie di Enna e Caltanissetta, fino ai piccoli e sperduti centri dei Nebrodi, tra trazzere e castelli che idealmente si congiungono al nostro Castelluccio. Gela capofila del nord e del sud della Sicilia, oltre che del libero consorzio nisseno, della aspirazione di legare due mari estremi partendo da Santo Stefano di Camastra.
Quasi 200 chilometri di illusioni, di cui si parla da oltre cinquant’anni, mentre nella realtà percorrere un breve tratto di stradine e viuzze dalle quelle parte è una vera impresa. Industria e trasporti due sogni infranti di Gela, come di tutta la Sicilia, parleranno anche di questo gli aspiranti parlamentari dei nostri collegi? Forse no, magari è più semplice mettersi al traino del simbolo che campeggia accanto al proprio nome, specie se si tratta di quelle di liste che per un puro istinto elettoralistico sono ritenuti attualmente vincenti. In questo modo ci stiamo avvicinando al 4 marzo, quel giorno molti cittadini gelesi andranno a votare e segneranno sulle schede, per la Camera e per il Senato, dei nomi tra quelli proposti.
Agli eroi di marzo dico di votare per un candidato di Gela, sia alla Camera che al Senato, due parlamentari saranno comunque eletti e allora meglio che siano gelesi. Dai candidati locali, da tutti e dai favoriti in particolare, ci aspettiamo non soltanto telefonate e messaggi, quanto piuttosto delle idee, una visione politica per il territorio e per la città. Lungo la direttrice Enna-Caltanissetta diversi anni fa era nata l’idea del quarto polo universitario, Gela era pure riuscita a inserirsi per un breve periodo nell’ipotetico progetto. È nata la Kore a Enna, a Caltanissetta in qualche modo resiste il consorzio universitario, mentre a Gela la fragile molecola universitaria è morta da tempo. Può essere questa l’idea comune del triangolo elettorale in cui voteremo, riprendere il percorso della formazione e di quella universitaria in particolare, un intervento per i giovani in una campagna elettorale che in generale appare rivolta ai meno giovani e, soprattutto, propone argomenti vecchi. Agli aspiranti parlamentari dei nostri collegi l’ardua risposta.