No  al Crocifisso in aula consiliare. Giusto?  Sbagliato? Semplicemente inopportuno

No  al Crocifisso in aula consiliare. Giusto?  Sbagliato? Semplicemente inopportuno

Lunedì 21 agosto è stata presentata nella seduta del consiglio comunale, una mozione che impegnava il sindaco e la giunta, nonché la presidenza ed il civico consesso nel suo complesso, ad esporre il crocifisso in aula consigliare.

Tutti presenti, 24 su 24. Gruppi consiliari spaccati, ogni consigliere ha votato secondo la propria coscienza. Alla fine, dopo un'ora di dibattito, la mozione non è passata, 14 i voti contrari, 10 i favorevoli. 

Non è il primo caso. E' capitato in altri comuni, ma mentre Gela si contorce dietro ataviche emergenze e problemi irrisolti, con un default figlio della stoltezza burocratica copertura dall'omertà politica di esponenti di partiti e movimenti, assoluti giganti del nulla, i consiglieri trovano il tempo per disquisire sulla presenza o meno del crocifisso in aula consiliare.

Da un lato i favorevoli, a supporto della loro tesi tirano in ballo il crocifisso come simbolo universale della cultura dell'uguaglianza, della tolleranza, m anche simbolo di storia e di identità di un comunità. Dall’altro, i contrari tirano in ballo la laicità dello Stato, la pluralità religiosa e l'aconfessionalità delle Posizioni, sia dall’una che dall'altra parte, tanto condivisibili quanto confutabili e falsificabili.

Il cristiano non vede nel crocifisso uno dei simboli del cristianesimo. Il crocifisso è il simbolo per eccellenza di questa religione. E’ la sintesi massima del cristianesimo. Il credente vede nel crocifisso in cui è stato martoriato un essere umano, ancorché divino, il principale fondamento del suo credo religioso e della sua fede.

Ogni operazione, quand'anche fosse animata dalle più nobili e migliori intenzioni, di tradurre questo simbolo religioso in un qualsiasi simbolo culturale, per un credente è una bestemmia “laica”. Proprio così: laica. Il crocifisso non può essere ridotto ad un simbolo culturale di pace alla stregua di una qualsiasi colomba, o di fratellanza alla tregua di un qualsiasi arcobaleno e via discorrendo. Utilizzare il crocifisso per questi fini e scadere nella strumentalizzazione, sebbene involontaria, il passo è brevissimo. 

Dall’altra parte, ricorrere a concetti e principi come la laicità e l'aconfessionalità dello Stato, per negare l'esposizione del crocifisso, è operazione altrettanto fallace. Nè la Costituzione, né legge alcuna, all’interno del nostro ordinamento giuridico vieta l'esposizione del crocifisso. E ciò che non è vietato, è consentito, senza per questo offendere chicchessia.

Il crocifisso è esposto nelle scuole, negli uffici della pubblica amministrazione. C'è un'istituzione fondamentale della nostra Repubblica, quella delle aule di giustizia, dove sotto la dicitura "la legge è uguale per tutti"; è esposto il crocifisso. E non è affatto anticostituzionale. 

La domanda diventa dunque a che è servito discuterci sopra ed a cosa può servire tornarci sopra. Gela ha bisogno d’altro e, del resto, non serve una mozione per esporre il crocifisso in aula. Domani la presidenza del consiglio potrebbe decidere di farlo e, nel silenzio della legge, nessuno potrebbe vietarglielo.