Le urne hanno scelto Terenziano Di Stefano, rimandando a tempi di là da venire la prima volta di una donna sindaco di Gela. Nel ballottaggio, il distacco tra il prescelto (61%) e la Cosentino (39%) è stato inequivocabile.
Le prime avvisaglie sull’esito finale, nel confronto televisivo a due in piazza, il mercoledì precedente al ballottaggio. La Cosentino per la prima volta in difficoltà, messa alle corde dallo sfidante nella parte finale del botta e risposta. Due giorni dopo, in chiusura di campagna elettorale, un altro segnale: durante il comizio della Cosentino notata l’assenza dei candidati supervotati al primo turno per il Consiglio comunale. Devono aver avuto altro da fare.
I conti, in casa centrodestra, si faranno presto, ma è già partito il “chi ha tradito chi”.
In casa “campo largo”, le cose sono andate a meraviglia. Terenziano Di Stefano ha resuscitato partiti in odore di decomposizione: sei consiglieri al Pd (seconda lista più votata, dopo Forza Italia), quattro seggi al M5s. Lo zoccolo duro della maggioranza farà perno su queste due forze politiche così massicciamente rappresentate nel prossimo Consiglio comunale, entrambe interessate con eguale bramosia alle future elezioni regionali, ormai non molto lontane.
Ora, quale che siano gli obiettivi futuri di Pd e M5s, l’uno e l’altro hanno il dovere di assumersi l’impegno e la responsabilità di lavorare per la città e di cercare consensi attraverso la soluzione dei suoi problemi. Vorremmo che lasciassero lavorare il nuovo sindaco senza pressioni o ricatti di bottega. E a Di Stefano raccomandiamo di non farsi schiacciare dalle due forze politiche alleate. Potrebbero portarlo alla rovina. E questo non lo vogliono le migliaia di elettori che lo hanno votato.