I network nazionali – molto svogliato e ritardatario il servizio pubblico, tanto da far pensar male – hanno raccontato l’esito delle amministrative del capoluogo, Caltanissetta, ma nulla su Gela, nonostante a Gela voti il più alto numero di elettori della provincia nissena.
La visione burocratica dei media desta perplessità, il recente voto a Gela rappresenta la metafora, diventata centrale, del dibattito politico aperto impropriamente dalla seconda carica dello Stato, il catanese Ignazio La Russa, sulla insopportabilità del ballottaggio e la necessità di toglierlo di mezzo, causa prima a suo avviso, dell’acuirsi di un fenomeno, l’astensionismo, dannoso alla democrazia.
Il voto di Gela conferma un dato nazionale, che il numero degli astensionisti aumenta al secondo turno, ma dimostra anche che gli elettori, spogliati dell’appartenenza e privati del candidato del cuore, scelgono liberamente il profilo del sindaco.
E’ per questa ragione che gli elettori più vicini al centrodestra, che al primo turno avevano riversato larga parte del consenso ad un vecchio militante di Fratelli d’Italia, Totò Scerra, hanno preferito il candidato sindaco del centrosinistra, Terenziano Di Stefano.
Comprensibile il rammarico di La Russa, che scruta il mondo dalla sua prospettiva di appartenenza piuttosto che dalla tolda di comando dello Stato, ma del tutto irragionevole, perché mandare sul banco degli imputati il ballottaggio come causa dell’astensionismo, è come affermare che la terra sia piatta e gli uccelli preferiscano servirsi delle zampe piuttosto che delle ali.
Un episodio su cui ragionare, riguarda le candidature di genere. Non è vero, come testimonia il risultato elettorale, che le candidate “tirano” più dei candidati a prescindere; le candidate hanno successo se il loro profilo è convincente e meritano la fiducia dei cittadini.
Quando vincono, e ci sono riuscite in tanti comuni in questa tornata elettorale, vuol dire che avevano le carte in regola per ottenere la fiducia. La carta di Grazia Cosentino non era quella giusta, stando al giudizio degli elettori gelesi. Il genere non ha nulla a che fare con il verdetto.
Altri elementi sull’esito del voto di Gela vanno osservati con interesse, anche se apparentemente appaiono appartenere alla particolare realtà locale. Riferisco due episodi, che a mio avviso sono emblematici dell’attuale momento politico e del carattere peculiare delle competizioni amministrative.
L’assenza di Angelo Caci, neo consigliere comunale, il più suffragato, dal palco della candidata sindaco Grazia Cosentino, arrovella le menti e scuote sentimenti di coloro che hanno partecipato alla campagna elettorale con fervore e giustificato interesse.
Non minore apprensione suscita, il giorno dopo la sentenza delle urne, l’endorsement di Totò Scerra, candidato sindaco uscito dalla disputa elettorale con un consenso molto alto, a favore della Cosentino. Nel primo caso, l’assenza è stata affrettatamente giudicata una diserzione, nel secondo l’endorsement è stato giudicato severamente: visti i risultati, i voti ottenuti da Scerra al primo turno, più del 21 per cento, sono andati altrove o sono rimasti…a casa nel ballottaggio.
I due episodi, al di là dei fatti, offrono una chiave di lettura insolita (ma tutt’altro che unica) sull’esito della campagna elettorale, che ha incoronato primo cittadino di Gela Terenziano Di Stefano a scapito della favoritissima Grazia Cosentino, candidata da tutto l’arco del centrodestra, al netto delle laceranti divisioni interne.
L’ipotesi più malandrina vuole che Angelo Caci, considerato il supporter più influente di Grazia Cosentino, probabilmente al di là delle reali potenzialità, abbia percepito per tempo il clima sfavorevole alla candidata alla vigilia dell’apertura delle urne, e fatto un passo indietro formale per ricomporre l’immagine di talentuoso manager e imprenditore di successo, rimasta esageratamente invischiata nel conflitto politico.
Il 21 per cento di suffragi conquistati con la propria lista e con merito al primo turno dal candidato sindaco(uscito al primo turno) Totò Scerra meritano altrettanta considerazione. Dove è finita la massa di consensi assegnati ad un militante di destra assai accreditato nella propria area? L’idea che Scerra abbia tradito, il sospetto è legittimo, è suggestiva, ma è caccia alle streghe.
E’ assai probabile, anzi ci metterei la mano su fuoco, che Totò Scerra non si sia strappato le vesti a favore di Grazia Cosentino e che il suo endorsement a suo favore faccia parte di un rito di devozione all’area di appartenenza politica, Fratelli d’Italia, ma niente di più. Siccome al cuore non si comanda, il giovanotto, trattato a pesci in faccia dalla sua parte politica, che ha preferito Grazia Cosentino, non abbia trovato alcuna motivazione sufficiente, specie dopo il (presunto) rifiuto di apparentamento al ballottaggio .
I followers più vicini a Scerra? E’ probabile che in qualche misura siano rimasti a casa, abbassando il quoziente degli elettori votanti a favore dell’avversario; altrettanto probabile che una folta schiera abbia scelto il candidato del centrosinistra. Se così stanno le cose – e Gela è una metafora dell’attuale momento politico – è doveroso riflettere sulla sopravvivenza (o meno) delle appartenenze politiche e sul valore, ormai determinante, del profilo delle leadership.
In un contesto più ampio, l’assenza del winner delle preferenze Caci dal palco della candidata sindaco Cosentino, appare decisamente un episodio di modesto rilievo, da mantenere nell’ambito delle convenienze e delle valutazioni strettamente personali, mentre il grappolo di voti dispersi o passati nel campo degli avversari tanto da raddoppiare la percentuale, costituisce un dato politico assai rilevante.
Le società evolvono, così come le idee. Le innovazioni tecnologiche hanno costruito un palcoscenico universale alle leadership, ad ogni livello. Il rapporto fra chi vota e chi viene votato è diretto e i fattori legati alla realtà cittadina prevalgono, ma l’immagine conta più del programma. Non serve altro che la visibilità, nemmeno l’incoerenza politica scalfisce il consenso.
Quando un politico cambia frequentemente posizione, può essere percepito come opportunista o inaffidabile, ma se mantiene le stesse posizioni può apparire rigido e disconnesso dalla realtà attuale. L'incoerenza è una lama a doppio taglio. Può rappresentare adattabilità, compromesso ed evoluzione, ma anche perdita di fiducia, instabilità e strumentalizzazione.
Che cosa deve aspettarsi Gela dalla nuova amministrazione civica? Niente e tutto, verrebbe da dire. E’ del tutto insensato aspettarsi l’eldorado, ma è solo dannoso manifestare uno scetticismo esasperato. Concedere fiducia, è essenziale. Ciò che si può e si deve pretendere è un ritorno alle regole.
La macchina burocratica del comune di Gela si è inceppata, gli amministratori finora non se ne sono accorti. Vige l’anarchia, il laissez faire, l’abuso. E le risorse migliori della comunità sono lasciate ai margini. Recuperare la buona amministrazione quotidiana, il rispetto delle regole, la partecipazione, sarebbe un buon inizio.