Non con valigie di cartone ma con la morte nel cuore

Non con valigie di cartone ma con la morte nel cuore

“Non vogliamo essere costretti a lasciare la nostra città”.  Stringono in mano il biglietto che li porterà nel Nord del Paese o altrove. Università, lavoro, fabbrica, non importa dove e come, il “perché” sì, però.

Non hanno alternativa i giovani di Gela, ed a ricordarcelo il progetto internazionale di Street-art, promosso dall’artista francese Jr, che lo propone con il Liceo Scientifico Vittorini. La creazione artistica, una mano che stringe il biglietto di viaggio, pone l’accento sul Mezzogiorno dimenticato e sull’emigrazione dei giovani meridionali. L’artista francese approda, forse senza averne piena consapevolezza, nel luogo in cui lo Stato ha speso molti soldi per cambiare le cose, senza riuscirci. Un paradosso ed insieme un’amara realtà. Vuol dire che non basta l’attenzione, né bastano i soldi.  Vuol dire che le responsabilità, politiche e non solo, sono inequivocabili; e che vanno ricordate per non rifarne. 

Sono 550.000 in dieci anni i residenti persi dalle regioni del mezzogiorno a vantaggio di quelle del centronord. Uno spopolamento progressivo. In dieci anni è poi espatriato dall’Italia oltre un milione di residenti; un terzo di essi avevano un’età tra i 25 e i 34 anni e quasi il 40% di questi erano laureati. Lo spopolamento del Mezzogiorno richiede un'analisi attenta delle dinamiche demografiche e socioeconomiche complesse e multidimensionali.

Negli ultimi dieci anni, il Mezzogiorno d’Italia ha assistito a una significativa perdita di popolazione. Questo esodo interno si inserisce in un quadro più ampio di emigrazione internazionale che ha visto oltre un milione di italiani espatriare nello stesso periodo. Di questi emigranti, un terzo aveva un’età compresa tra i 25 e i 34 anni, e quasi il 40% possedeva un titolo di laurea. Questi dati riflettono dinamiche.

La migrazione interna dal Mezzogiorno al Centronord è alimentata da vari fattori economici e sociali, la disoccupazione e le modeste opportunità lavorative, le differenze nella qualità delle infrastrutture e dei servizi pubblici, come sanità e istruzione, l’ambiente imprenditoriale più dinamico per le imprese e maggiori possibilità di crescita per i professionisti che le regioni del Centronord offrono, rendendo il trasferimento più attraente per chi cerca di migliorare la propria carriera. 

La migrazione massiccia ha effetti profondi su entrambe le aree coinvolte, Nord e Sud: la perdita di popolazione, in particolare di giovani laureati, priva il Mezzogiorno delle sue risorse umane più qualificate, aggravando ulteriormente le difficoltà economiche e sociali; l’afflusso di nuovi residenti mette sotto pressione le infrastrutture e i servizi nelle regioni settentrionali, richiedendo investimenti significativi per adattarsi alla crescente domanda. Dovrebbe pertanto essere interesse del Paese superare il gap meridionale, invece prevalgono la miopia e l’egoismo settentrionale e una incapacità meridionale di imporre politiche e scelte strutturali. 

L’emigrazione internazionale dall’Italia è caratterizzata da una fuga di cervelli, con una significativa porzione di giovani e laureati che cercano opportunità all’estero. Questo trend è indicativo di problemi strutturali nell’economia italiana: l’alto tasso di disoccupazione giovanile spinge molti a cercare lavoro fuori dai confini nazionali. Nonostante un buon livello di istruzione, molti laureati italiani trovano difficoltà a inserirsi nel mercato del lavoro nazionale, perché spesso sottoccupati o costretti ad accettare posizioni che non riflettono le loro qualifiche.

Se è vero che l’emigrazione può portare benefici attraverso il trasferimento di conoscenze e competenze acquisite all’estero e le rimesse inviate dai lavoratori emigrati, è altrettanto vero che l’Italia perde così una parte significativa del suo capitale umano più qualificato, fondamentale per l’innovazione e la competitività economica.

La ricetta è nota: bisogna migliorare le infrastrutture e i servizi pubblici per rendere le regioni meridionali più attraenti per residenti e imprese, creare opportunità occupazionali di qualità e supportare l’imprenditorialità, con particolare attenzione ai giovani e ai laureati, implementare politiche che facilitino il ritorno dei giovani emigrati, offrendo opportunità e condizioni favorevoli per il reinserimento nel mercato del lavoro nazionale. E’ una sfida complessa, che richiede interventi mirati e coordinati a livello nazionale e regionale, e soprattutto una forte identità nazionale, finora tradita. 

La Questione Meridionale ha prodotto una montagna di carte dall’unità d’Italia agli anni sessanta, poi arrivarono gli investimenti corposi, Gela in testa, gestiti da lobby settentrionali negli anni settanta ed ottanta; nella terza fase, si assiste a una sostanziale politica di distribuzione delle risorse mirata a supportare le dinamiche di sviluppo ed innovazione del Nord, la “locomotiva”, trainata dalla Lega, ma sostanzialmente favorita da tutte le forze politiche che con la Lega hanno governato il Paese. 

L’iniziativa dei liceali di Gela merita apprezzamento ed attenzione, ma non può rimanere “solo” una presa di coscienza delle cose come stanno: deve essere seguita da una matura informata tenace e costante opera di sollecitazione, organizzata ed efficace, verso le parti politiche e sociali. In definitiva, gli studenti devono diventare gli “agit pop” di se stessi. Sperare che il futuro arrivi come la manna dal cielo pretende l’attesa di miracoli, che non appartengono al nostro tempo.