Con la vittoria di Terenziano Di Stefano al ballottaggio nella corsa a sindaco, ci sono due allegati strettamente interconnessi.
Da un lato la notizia di un centrosinistra che sembra non morire mai e che anzi riporta in auge ed a pieno regime un raggiante Pd, chiamato alla prova del nove nell’intesa con il Movimento cinque stelle. Dall’altro, fa da contraltare l’ennesima disfatta del centrodestra a livello locale.
Nonostante il tentativo di Raffaele Lombardo di assegnare una veste esclusivamente civica, puntando e circoscrivendo l’attenzione esclusivamente sulla figura del neo sindaco, quella del fronte progressista di matrice centrosinistra a sostegno di Terenziano Di Stefano rimane un successo, nei fatti, inequivocabile.
E lo è ad iniziare dai numeri, che non mentono mai. Il trionfo del nuovo primo cittadino gelese, la cui proclamazione ufficiale è avvenuta con tanto di notifica sul palco durante il comizio di ringraziamento, porta in dote dalle urne un ricco premio di maggioranza. In totale quindici seggi.
Ben sei sono i consiglieri del Partito democratico: Gaetano Orlando, Peppe Fava, Antonio Cuvato, Antonio Moscato, Lorena Alabiso e Maria Grazia Fasciana. Cinque i consiglieri della lista ammiraglia del neo sindaco, Una buona idea: Massimiliano Giorrannello, Davide Sincero, Floriana Cascio, Rosario Faraci e Giuseppe Giudice. Quattro infine i nuovi consiglieri del Movimento cinque stelle: Vincenzo Tomasi, Paola Giudice, Francesco Castellana e Lucia Lupo.
Pur essendo stato il secondo partito per consensi, il Pd torna ad essere il primo partito in consiglio comunale. Una rivincita a tutti gli effetti per chi recentemente ha dovuto ingoiare bocconi amari sul piano elettorale. Il tema diventa cosa uscirà fuori dal congresso cittadino a cui dovrà approdare la gestione commissariale targata Arancio.
Speziale rimarrà ancora dietro le quinte e lontano dai riflettori, o proverà a mettere le mani sul partito facendo valere di nuovo la sua egemonia? Il che significherebbe riproporsi al fine, magari, di guadagnarsi un’occasione alle prossime politiche. Ovvero un nuovo tentativo del genero Peppe Di Cristina alle prossime regionali dopo aver sfiorato il seggio d’un soffio.
Chi ne ha limitato in qualche modo l’azione nell’ultimo decennio ed oltre in seno al partito, vale a dire Miguel Donegani, ha provato la sortita solitaria con il laboratorio PeR, conquistando un seggio “sub- iudice” in attesa della proclamazione degli eletti da parte dell’ufficio elettorale. Il mancato accesso in consiglio comunale, dove il Pd è presente con sei seggi, indebolirebbe Donegani oltremodo. Ma non vanno sottovalutate alcune figure, vecchie e nuove, che potrebbero finalmente emergere e mettere in discussione certi equilibri.
In ogni caso, i dem sono di nuovo e con tutte le scarpe, dentro la compagine di governo della città. E con loro ritornano, dopo la brevissima e fugace esperienza con Messinese, anche i pentastellati, che cercheranno stavolta di giocarsela diversamente. Il Movimento cinque stelle, nonostante l’arretramento nei consensi, porta a casa quattro seggi.
Per i due senatori Lorefice e Damante, nonché per il vicepresidente dell’Ars e garante dell’agorà, Di Paola, è una sorta di seconda chance da mettere a frutto dopo aver rischiato il tracollo che avrebbero dovuto spiegare se avesse vinto la Cosentino. Tre dei quattro eletti sono tutte new-entry, con l’unica riconfermata, la vicepresidente del consiglio uscente Paola Giudice.
Gira voce che i pentastellati vorrebbero proporla alla presidenza del consiglio, affidando il gruppo consiliare a Castellana che, benché debuttante in consiglio comunale, non è certo un neofita della politica. Nella riorganizzazione territoriale assumerà un ruolo di rilievo la consigliere uscente Virginia Farruggia, reduce dall’importante riscontro alle elezioni europee.
In gioco è soprattutto l’intesa Pd-M5s. E questo dipenderà anche dal ruolo che eserciterà il movimento del sindaco, Una buona idea. Mentre altri fanno a gara a definire Di Stefano chi autonomista, chi progressista, chi civico, il movimento fondato dallo stesso dovrà muoversi in consiglio comunale ed in giunta sapendo che potrà e dovrà fare da ago della bilancia nei rapporti di forza tra i due partiti nazionali.
Spesso poco in sintonia fra loro. Dovranno farlo nel tentativo di proteggere il proprio sindaco e garantire stabilità al governo di una città, oltre che di un ente comunale, in dissesto. Un compito delicato di cui dovranno farsi carico almeno inizialmente i due riconfermati, Sincero e Faraci, nonché Giudice, segretario del movimento ed anch’egli fra gli eletti all’esordio nel civico consesso, al fianco di Giorrannello e Cascio.
Se il centrosinistra se la ride, il centrodestra piange lacrime amare. Due stati d’animo che vanno a braccetto. Se il centrosinistra, senza volerne negare i meriti, sembra non morire mai a Gela è anche perché il centrodestra continua a suicidarsi alle elezioni amministrative. Sicché, oltre “Ponte Olivo”, torneranno a dire che Gela si conferma un bastione del centrosinistra.
Ma non è così. A parte l’episodico ciclone grillino delle penultime politiche, Gela da un trentennio è una roccaforte del centrodestra con numeri che alle politiche ed alle regionali hanno poco da invidiare a feudi storici del centrodestra come Catania.
Dopo la brevissima esperienza del dott. Scaglione, cui subentrò Rosario Crocetta che vinse il ricorso, il centrodestra non ha mai più vinto le elezioni comunali da quando il sindaco viene eletto dai cittadini. Che Gela sia un tabù alle comunali per il centrodestra non può essere solo una coincidenza. E’ oramai palese che, con i numeri che il centrodestra può vantare in questa città alle politiche ed alle regionali, potentati forti regionali e nazionali di quest’area del sistema partitico, non vogliono che a Gela cresca un gruppo dirigente forte attorno ad un sindaco.
E la migliore maniera per ottenere questo risultato è puntare a perdere, così come si è puntualmente avverato, alle elezioni per il primo cittadino. Non si spiegherebbe altrimenti l’aver abbandonato al suo destino al secondo turno Grazia Cosentino, dopo avere imposto la sua candidatura da “burocrate” al gruppo dirigente politico locale.
Un film già visto così come le polemiche ed i processi dell’indomani. Basta riportare alcuni passi del comunicato stampa diffuso dal consigliere uscente di Fratelli d’Italia, Vincenzo Casciana, candidato in pectore a sindaco che ha fatto il passo indietro a favore della Cosentino per assicurare l’unita dell’intero fronte partitico di centrodestra. Spunti che riassumono fedelmente gli atti di una sceneggiatura che si ripete da decenni: «la recente sconfitta alle elezioni amministrative di Gela – ha dichiarato dopo aver ringraziato la Cosentino ed accettato il verdetto del popolo sovrano che ha scelto democraticamente Di Stefano a cui ha augurato un buon lavoro, con la speranza che possa guidare Gela verso un futuro prospero e migliore – ha segnato un momento difficile per il centrodestra locale.
Ora, più che mai, è necessario fermarsi a riflettere ed è tempo che ognuno si assuma le proprie responsabilità per l’esito negativo. Questa battuta d’arresto – ha proseguito Casciana – deve essere vista come un’opportunità per analizzare gli errori commessi, le divisioni interne e le strategie che non hanno portato ai risultati sperati. È essenziale partire da questo dato per cercare di ricostruire quel centrodestra unito e vincente che è espressione della maggioranza del Paese.
La riflessione deve coinvolgere tutti i livelli del partito, ma soprattutto i dirigenti. Solo attraverso un confronto aperto e sincero si potranno individuare le criticità e trovare le soluzioni per ripartire. L’obiettivo – ha concluso - è ritrovare la coesione e la determinazione necessarie per tornare ad essere una forza politica credibile e competitiva».
Chi non ha perso tempo a recriminare e puntare l’indice accusatorio per quanto accaduto, è stato ovviamente il “ribelle” Totò Scerra che con “Alleanza per Gela” ha voluto rivendicare l’autonomia del gruppo dirigente locale nella scelta quantomeno delle candidature alle amministrative. Senza mezzi termini ai microfoni Scerra ha definito quella di affidare in un primo momento l’opzione della candidatura a Fratelli d’Italia, una vera e propria «messinscena» perché la scelta era stata già fatta anzitempo e «altrove».
E stando ai numeri, la sua poteva essere una candidatura locale credibile considerato «l’oltre 24% delle preferenze ottenuto» senza i partiti alle spalle. Anche per Scerra occorre rifondare e generare un quadro dirigente locale del centrodestra che sappia fronteggiare «la tracotanza» delle segreterie e dei deputati forestieri che vengono a raccogliere i voti in città, l’abbandonano nel frattempo per poi rispuntare quando c’è da pretendere di stabilire chi si deve candidare a sindaco.
Anche alle elezioni comunali del 2024, in conclusione, il centrodestra è di nuovo al tappetto, costretto ancora una volta all’opposizione. Sicuri eletti sono Antonino Biundo in Forza Italia, Sara Cavallo in Fratelli d’Italia, Angelo Caci nella “bicicletta” Lega/Cosentino Sindaco, Armando Irti nella Dc, Giuseppe Guastella nell’altra “bicicletta” Moderati/Rinnova, Gabriele Pellegrino che si riconferma nella lista Avanti Gela ed Antonella Di Benedetto che ha scalzato nella lista Totò Scerra sindaco, al fotofinish (per 4 voti), il presidente del consiglio comunale Totò Sammito.
Un seggio rimane conteso da PeR (Paolo Cafà) e Italia viva (Alberto Zappietro). Chi dei due verrà escluso potrebbe comunque rientrare dalla finestra subentrando alla Cosentino, a cui spetta un seggio in consiglio comunale, qualora fosse sollevata una questione di incompatibilità e la Cosentino dovesse per l’appunto rinunciare alla carica di consigliere comunale per poter continuare a svolgere il suo lavoro da funzionario responsabile alla Impianti Srr.